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DIVORZIATI RISPOSATI

In Amoris laetitia la fonte di due opposte pastorali

L'iniziativa dei vescovi di Belluno e Vittorio Veneto che apre ai sacramenti per i divorziati risposati si riferisce esplicitamente ad Amoris laetitia. Che in effetti è ambigua su questo punto, così da legittimare due opposte pastorali. Ma considerando la legge di Cristo come un ideale, crea un taglio anche con il magistero precedente.

Ecclesia 29_11_2019

I vescovi di Belluno e di Vittorio Veneto hanno lanciato la nuova pastorale diocesana dei divorziati risposati di cui la NBQ si è già interessata. A leggere le lettere con cui i due vescovi spiegano la nuova linea si apprende che i principi che la reggono sono soprattutto due: scusarsi perché ci si è concentrati troppo sulla dottrina e poco sulla situazione personale dei divorziati risposati; aprire loro l’accesso ai sacramenti della penitenza e dell’eucarestia dopo un periodo di accompagnamento e discernimento. A sostegno di queste iniziative, i due vescovi fanno esplicito riferimento all’Esortazione apostolica Amoris laetitia di papa Francesco, ed infatti tale documento ne è veramente il paradigma e la matrice.

Però uno può chiedere: citami il passo o i passi di Amoris laetitia in cui si enunciano questi due principi. A sostegno del primo principio – concentrati sulla dottrina e non sulla situazione personale - di passi da citare ce ne sono molti. Per esempio: evitare di “sviluppare una morale fredda da scrivania”, non adoperare il Vangelo come “pietre da scagliare contro gli altri”, ricordarsi che “il confessionale non è una sala di tortura” eccetera. Il passaggio principale è forse il seguente: “Per molto tempo abbiamo creduto che solamente insistendo su questioni dottrinali, bioetiche e morali, senza motivare l’apertura alla grazia, avessimo sostenuto già a sufficienza le famiglie, consolidato il vincolo degli sposi e riempito di significato la loro vita insieme”.

In questi passaggi, a parte l’uso retorico e poco preciso teologicamente di molte delle espressioni adoperate, si sostiene che tra la dottrina e la situazione, tra la legge e la coscienza ci sia quantomeno una lontananza se non un contrasto, mentre invece la legge indica proprio il bene per me qui e ora: nella situazione si deve cercare il bene che la legge custodisce e promuove. Intendendo la dottrina e la legge come astratte, Amoris laetitia attua una delle sue principali discontinuità con la Veritatis splendor e, possiamo dire, con la teologia morale tradizionale.

A sostegno del secondo principio – è possibile essere ammessi al sacramento della penitenza e dell’eucarestia dopo un percorso di accompagnamento e discernimento continuando nella nuova unione – di passi di Amoris laetitia da citare non ce n’è nemmeno uno. Come?! – si dirà – Amoris laetitia non ammette l’accesso ai sacramenti da parte dei divorziati risposati?! Non dico che non lo ammetta, dico che non lo afferma. Se lo ammette lo ammette in modo allusivo, il che pone il grosso problema se un documento del supremo magistero possa insegnare in modo allusivo e per insinuazioni cose di tale rilevanza dottrinale. Questo faceva dire al cardinale Caffarra che con Amoris laetitia non è cambiato niente “perché se il Santo Padre Francesco avesse voluto introdurre un cambiamento al riguardo, avrebbe dovuto dirlo espressamente e chiaramente”.

Ma il cardinale Kasper nel 2016 aveva invece detto che “questo documento cambia tutto perché mette tutto in una nuova prospettiva”. I vescovi di Belluno e Vittorio Veneto confermano Kasper e danno implicitamente dell’ingenuo a Caffarra, che non si era accorto che il modo migliore per cambiare era farlo senza dirlo. Però quando si dice di cambiare senza dirlo, ci sono i vescovi che cambiano e quelli che non cambiano, perché non c’è scritto espressamente di cambiare. E la Chiesa si rompe su questioni fondamentali di dottrina della fede, come sono i sacramenti. E si rompe non solo tra diocesi che cambia e diocesi che non cambia, ma anche dentro la stessa diocesi, comprese quelle di Belluno e di Vittorio Veneto.

Anche il “percorso di accompagnamento e discernimento” fa capo ad Amoris laetitia, e su questo le ambiguità si moltiplicano. Tale percorso era possibile anche prima, ma non poteva prescindere dal fatto che ci fossero degli atti da considerarsi intrinsecamente cattivi e delle situazioni oggettive di peccato da cui uscire, aspetti sui quali si consumano gli altri “strappi” di Amoris laetitia rispetto a prima. Il percorso ha senso se “cerca di trovare le vie migliori per sradicare la persona, introdurla nei tempi e negli spazi propri del Vangelo, contrari a quelli che la persona ha scelto, in modo che il seme buono possa fiorire” (J. Granados). Il percorso di discernimento non può avere lo scopo di accedere alla confessione e alla comunione senza pentimento né decisione di cambiare vita (accettando anche di vivere in castità se non fosse più possibile tornare indietro), perché allora sarebbe un percorso senza compimento, interrotto prima della fine, anzi dall’esito già deciso in partenza.

Su questo punto c’è l’aspetto veramente rivoluzionario di Amoris laetitia, quello che, secondo Kasper, cambierà tutto. Si tratta di intendere la legge di Cristo come un ideale da raggiungere, verso cui tutti siamo già in cammino, sicché si danno “elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più ad esso”. Ma l’insegnamento di Veritatis splendor era tutt’altro e Familiaris consortio aveva avvertito: non va assolutamente presentata “la legge solo come un puro ideale da raggiungere in futuro, ma come un comando di Cristo Signore a superare con impegno le difficoltà”.