Il giorno in cui è morto l'Oratorio ambrosiano
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La diocesi di Milano snatura gli oratori: diventeranno centri interreligiosi aperti alle comunità islamiche. E così il glorioso oratorio ambrosiano, che fu scuola di spiritualità e preghiera, oblazione e servizio e persino di impegno sociale e politico, morirà definitivamente.
Spesso mi chiedono a chi devo la mia formazione, a quale movimento ecclesiastico appartengo. Io rispondo, piuttosto orgogliosamente: sono figlio dell’oratorio ambrosiano.
Come nasce l’oratorio ambrosiano? Ufficialmente, nasce il giorno dell’Epifania del 1904 quando il cardinal (Andrea Carlo) Ferrari (1850-1921) pubblicò lo Statuto degli oratori ambrosiani, con il motto «Un oratorio (festivo) in ogni parrocchia». A dire il vero, qualche oratorio che intrattenesse i ragazzi dopo la «dottrina» (catechismo) domenicale, nella diocesi, esisteva anche prima; tuttavia il cardinal Ferrari, grande estimatore dell’opera di don Bosco, decise di diffondere l’oratorio festivo per la formazione cristiana e umana dei ragazzi.
Da lì in poi, ogni parrocchia della diocesi ambrosiana si dotò di uno o, spesso, due oratori: uno maschile, retto da un giovane sacerdote neo-ordinato (coadiutore); uno femminile, gestito dalle suore. Seguendo il modello salesiano, l’oratorio nasceva intorno al «cortile», cuore pulsante dell’esperienza; tuttavia, data l’impronta parrocchiale, gradualmente l’oratorio ambrosiano assunse una sua specifica identità. Nel post-concilio, a causa del crollo delle vocazioni femminili, gli oratori destinati alla formazione delle ragazze vennero inglobati a quelli maschili.
Se immaginiamo centinaia di ragazzi (nell’età in cui si è alla ricerca di un senso della vita e si è disposti a dare la vita per questo senso) guidati da un giovane ed entusiasta sacerdote, possiamo capire quale esperienza fu l’oratorio ambrosiano. Fu una scuola di spiritualità e di preghiera: Messa e confessione settimanale; vespri quotidiani, compieta al sabato, lodi nei tempi forti; catechismo settimanale, correzione fraterna.
Fu scuola di oblazione e servizio: dai 14 anni si diventava «responsabili» (non «animatori»), capaci di gestire piscine, campi da calcio, bar, feste e spettacoli; pulizia di tutto l’oratorio quotidiana (d’estate e o di domenica); un «impegno» diverso a seconda dell’età (disabili, anziani, senza fissa dimora…); cura delle liturgie parrocchiali e, soprattutto, la cura dei «piccoli», ai quali era rivolta l’attenzione principale dei «ragazzi dell’oratorio».
Fu anche scuola di cultura e impegno politico e sociale: incontri, dibattiti, cineforum, letture e ascolti guidati. Un’esperienza totalizzante, radicalmente cattolica, nella quale passavano (almeno nei paesi come il mio) tutti i ragazzi e le ragazze del luogo. A meno di non essere «cacciati», a giudizio insindacabile del prete, per comportamenti particolarmente gravi (ad esempio, le bestemmie).
Una volta terminato l’impegno in oratorio (per i maschi, in genere, con la partenza per il servizio militare) continuava quello in parrocchia (Caritas, corale parrocchiale) o in politica. Dall’oratorio si usciva militanti, capaci di lavorare il metallo, suonare uno strumento, cantare, giocare a calcio, nuotare, gestire un dibattito e organizzare eventi; pronti a continuare la testimonianza e il servizio nel mondo. Si, devo dirlo: la scuola di don Milani (che conoscevamo bene, il suoi libri erano lettura obbligatoria in oratorio) faceva un baffo, a noi oratoriani.
Poi il lento ma inesorabile declino. La televisione, il benessere (grazie al quale le famiglie potevano andare in vacanza e il campeggio dell’oratorio non era più l’unica possibilità), la crisi delle vocazioni e – va pur detto – una progressiva perdita d’identità del cattolicesimo italiano, ha portato l’oratorio a essere non più un mezzo (per l’incontro con Cristo), ma un fine. Una macchina organizzativa e organizzata che aveva come unico scopo la propria perpetuazione, una continua animazione senza più anima né spiritualità, un parcheggio per ragazzi e adulti nullafacenti, un dopo-scuola gratuito a carico della comunità parrocchiale e non delle istituzioni pubbliche. L’oratorio che molti ragazzi ora incontrano, seguendo preti youtuber, non sono che un’ombra parziale dell’oratorio ambrosiano di qualche decennio fa; senza alcuna traccia, ad esempio, dello sforzo educativo nei confronti dei piccoli.
Ma come l’oratorio ambrosiano ha una data di nascita ben precisa, 6 gennaio 1904, ha anche una data di morte: 28 ottobre 2025. In questa data è stato infatti pubblicato dall'Arcidiocesi di Milano un documento intitolato L’oratorio come luogo di incontro interreligioso. In questo documento si definisce l’oratorio come «laboratorio privilegiato di incontro interreligioso», in particolare «L’oratorio dovrà integrare sempre di più l’aspetto interreligioso. […]È necessario inserire le diverse iniziative con risvolti interreligiosi nel progetto educativo dell’oratorio per far sì che non siano estemporanee. […] È utile creare legami con le comunità islamiche del territorio e con le altre comunità religiose, cercando occasioni di incontro. […] Occorre evitare pregiudiziali atteggiamenti di chiusura come, per esempio, impedire ai ragazzi musulmani che siano animatori o che siano ammessi solo a condizione che preghino o siano presenti a tutte le proposte appartenenti specificatamente alla tradizione cristiana. […] Evitare qualsiasi tipo di obbligo o forzatura. […] Non si esclude, poi, in alcuni contesti particolari in cui la vicinanza con una comunità musulmana o di altra confessione sia favorevole e lo scambio umano e interreligioso sia già stato sperimentato in modo reciprocamente rispettoso, la possibilità di pensare a dei momenti in cui bambini di altra religione abbiano un momento di preghiera più pensato per loro, guidato da responsabili della comunità religiose di appartenenza, o da alcune mamme o papà incaricati dalle comunità religiose e che si rendono disponibili a tale scopo».
Il destino dell’oratorio è così segnato: facile prevedere che i (sempre più pochi) ragazzi cattolici abbandoneranno l’oratorio che la parrocchia manterrà per qualche anno; e che poi sarà costretta a chiudere a causa di violenze e vandalismi. Poi gli oratori, insieme a cinema, campi sportivi, saloni e altri beni parrocchiali saranno svenduti al peggior offerente, liberando enormi spazi in centro agli abitati dove nasceranno condomini brutalisti popolari e hard discount.
E anche l’oratorio ambrosiano, terminato il suo compito, dopo essere diventato un ricordo nelle chiacchiere dei vecchi scomparirà nelle nebbie del tempo. Stat Crux, dum volvitur orbis, recita un motto certosino: solo la croce resta, tutto il resto perisce. Anche il glorioso oratorio ambrosiano.

