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RONALDO E GLI ALTRI

Il calcio europeo ostaggio degli arabi (che ci fanno la morale)

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Prepariamoci a un calcio europeo sempre più arabizzato e svincolato dal territorio di riferimento. Sul piano culturale è positivo che Ronaldo possa mostrare il segno di croce, ma il mercato calcistico ne esce drogato. Mentre l'Uefa sta a guardare. 

Sport 18_08_2023

A Ferragosto di un paio d’anni fa un gruppo di giornalisti della TV araba Al Jazeera misero in onda The Men Who Sell Football, un documentario in cui - spacciandosi per intermediari e prestanome di un imprenditore cinese condannato per riciclaggio e corruzione, che aveva un malloppone di soldi da ripulire – erano arrivati a un passo dall’acquisto legale del Derby County, squadra di calcio inglese in vendita per 180 milioni di dollari, sfruttando la complicità di un uomo d’affari della City londinese che con la bacchetta magica di una ventina di Trust fund gestiti da Gibilterra aveva aggirato tutti gli impedimenti legali all’operazione.

Qual era lo scopo dell’inchiesta giornalistica di Al Jazeera? Dimostrare quanto fosse facile per la criminalità organizzata usare il calcio professionistico europeo per il lavaggio dei suoi profitti. Un modo indiretto anche – per questa emittente di proprietà del Qatar – per rintuzzare gli attacchi mediatici alla credibilità del loro Paese come organizzatore degli imminenti Mondiali di calcio, su cui avevano investito cifre spaventose nel decennio precedente a cominciare dall’acquisto e gestione del Paris Saint-Germain, che tante critiche aveva sollevato per il costante aggiramento del fair play finanziario. Come dire: “fate gli schizzinosi con noi – che mettiamo soldi puliti - e tollerate risorse economiche criminali e illegali a spadroneggiare sul vostro calcio!”

La storia si ripete ora con l’Arabia Saudita, che dopo un assaggio di candidatura per l’edizione 2030 dei Mondiali di calcio punta ora al 2034 e ha lanciato un restyling  del suo campionato – la Saudi Pro League – costato svariati miliardi per attrarre i giocatori più famosi dei club europei (da Ronaldo a Neymar passando per Benzema) e preparare il terreno per vincere l’assegnazione dei Mondiali del ’34. Di questa strategia fa parte l’acquisizione del Newcastle (4° nell’ultimo campionato inglese) e dei diritti televisivi sulla Supercoppa italiana e spagnola da parte degli arabi, cosa che a suo tempo provocò un ulteriore incidente diplomatico con il Qatar – la cui emittente BeIN Sports per ripicca decise di interrompere la trasmissione delle partite della nostra serie A. È chiaro che questo investimento massiccio dell’Arabia saudita nel calcio faccia parte delle ostilità in atto da tempo con il Qatar, senza dimenticare che gli Emirati Arabi Uniti giocano la partita da terzo incomodo avendo ospitato la Coppa d’Asia e messo nel portafoglio  il Manchester City campione d’Europa e altri club in Spagna, Francia, Belgio, Italia (Palermo) oltre che nel resto del mondo.

Prepariamoci dunque a un calcio europeo sempre più arabizzato e svincolato dal territorio di riferimento. Sul piano culturale forse avremo più tolleranza in Arabia su chi come Cristiano Ronaldo esibisce il segno della croce dopo un gol e non è poco, i giovani possono anche incuriosirsi su cosa rappresenti mai quel gesto e interessarsi di una realtà che tuttora resta proibita nel loro orizzonte.

È evidente però che in Europa i gioielli di famiglia finiti in mano agli arabi diventano inevitabilmente veicoli pubblicitari di una  cultura diversa dalla nostra (ammesso e non concesso che l’Europa ne abbia ancora una unificante) e degli interessi geopolitici che persegue, senza contare che il mercato calcistico ne esce drogato (nel bene e nel male) dai petrodollari. E l’UEFA? Solerte – giustamente – nel demolire l’ipotesi Superlega, accetta passivamente che nei fatti si imponga la Superlega dei riciclatori e dell’interferenza economica di Stati sovrani alla faccia del fair play finanziario, diventato una barzelletta. L’obbiettivo è sempre quello: soldi. Tanti, maledetti e subito.