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ISLAM

Erdogan va in Germania ad agitare la piazza islamica

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Erdogan sferza la Germania per la sua alleanza con Israele e accusa lo Stato ebraico di crimini di guerra. Nessuna diplomazia e toni da comizio in una visita di Stato, ma parla soprattutto ai musulmani turchi in Germania.

Esteri 18_11_2023
Recep Tayyip Erdogan a Berlino (La Presse)

Berlino attendeva con timore la visita del presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Ogni volta che viaggia in Germania i suoi discorsi lasciano il segno. Ma ora il timore era ancor più fondato, considerata la posizione presa da Erdogan, a favore di Hamas (da lui definito “movimento di liberazione”) nel pieno del conflitto di Gaza.

Erdogan, ieri (17 novembre) non ha tradito le attese. Nella conferenza stampa tenuta assieme al cancelliere tedesco Olaf Scholz, ha sostenuto che Israele a Gaza ha ucciso “13mila persone”, una stima addirittura superiore a quella del Ministero della Sanità palestinese (che parla di 12mila vittime), fra cui anche "bambini" violando quindi precetti ebraici. «Bombardare ospedali o uccidere bambini non è nella Torah. Non si può fare», ha detto Erdogan, sottolineando che gli israeliani - più forti di Hamas dato che dispongono dell'arma atomica – «Bombardano gli ospedali. Di fronte a tutto questo non dovremmo levare la nostra voce?». La sua è un’accusa alla Germania, a suo dire paralizzata dai sensi di colpa per la Shoah. «La guerra israelo-palestinese non dovrebbe essere valutata con una psicologia del debito. Parlo liberamente perché non dobbiamo nulla a Israele».

Il presidente Frank Walter Steinmeier e il cancelliere Scholz hanno difeso il “diritto di esistere” di Israele, pregando l’interlocutore di «non mettere in discussione» il «diritto di difendersi» dello Stato ebraico. Scholz ha definito “assurde” le accuse di Erdogan contro Israele. «Non è un segreto che abbiamo, in parte, opinioni molto diverse sul conflitto in corso», ha detto Scholz in una breve conferenza stampa accanto a Erdogan. Ma «soprattutto nei momenti difficili, abbiamo bisogno di parlarci direttamente». Ha comunque ribadito: «L'attacco di Hamas significa che Israele deve proteggersi e deve essere in grado di difendersi». «Non può rimanere il fatto che un'organizzazione terroristica che governa questa regione intraprenda queste attività da lì, ancora e ancora, con una forza militare incredibile. Questo deve finire, e questo è un obiettivo che si deve sostenere - noi lo facciamo, in ogni caso».

La Germania, in questa crisi, più che nei precedenti conflitti con Gaza, ha mostrato molto la sua vicinanza con Israele. Il massacro di 1400 israeliani da parte di Hamas il 7 ottobre scorso è stato vissuto come uno shock dall’opinione pubblica. In ricordo di un’altra drammatica ricorrenza, quella della “notte dei cristalli” (il primo pogrom su larga scala organizzato dai nazisti), la Porta di Brandeburgo è stata illuminata con i colori della bandiera israeliana, con la scritta evocativa “Mai più è adesso”, a sottolineare la possibilità che lo sterminio del popolo ebraico possa ripetersi. I media tedeschi sono fra i più favorevoli alla causa israeliana, rispetto a quelli degli altri Paesi europei. E anche sul piano politico, il governo Scholz si è opposto alle proposte di cessate-il-fuoco, pur perorando la causa di pause umanitarie per evacuare i civili.

Erdogan ha deciso di rivolgersi ai vertici tedeschi con parole estremamente dure, proprio per la linea fin qui seguita dalla Germania. Ma non parla a loro. In un venerdì, giorno sacro per i musulmani, parla soprattutto alla comunità turca in Germania, forte di 3 milioni di immigrati. E, più in generale, alla comunità musulmana tedesca che è ancora più numerosa e radicalizzata: basti considerare la comparsa di bandiere islamiste (fra cui quelle del movimento fondamentalista Hizb ut Tahrir) in più di una manifestazione a sostegno della Palestina, nelle città tedesche.

Il presidente turco, prima di tutto, alza i toni anche per aumentare la posta in gioco. I tedeschi, che avevano programmato questa visita da maggio (ben prima del conflitto mediorientale, dunque) volevano discutere degli accordi sui rifugiati. Quelli che la Turchia può, quando vuole, riversare sull’Europa, attraverso l’Egeo o la rotta balcanica e per tenere i quali ha finora ottenuto 4,9 miliardi di aiuti dall’Ue. L’altro argomento in discussione è la vendita di 40 cacciabombardieri Eurofighter Typhoon, bloccata proprio dalla Germania. Erdogan, anche nel corso della sua visita ha dichiarato di poterli comprare anche altrove, ponendosi in una posizione di superiorità: «La Germania può venderceli o meno. La Germania è per caso l’unico Paese che produce aerei militari? Noi possiamo produrli e comprarli da tanti altri Paesi». Anche dalla Russia, eventualmente? Anni fa, aveva fatto scalpore l’acquisto di sistemi anti-aerei russi S-400 da parte della Turchia. Che attualmente è l’unico Paese della Nato a disporre di un moderno sistema anti-aereo di produzione russa.

Ma le sue parole sono indirizzate, appunto, ai musulmani tedeschi. Ai turchi in Germania, in particolar modo. Quei cittadini immigrati (soprattutto negli anni ’50 e ’60 per ricostruire un Paese distrutto dai bombardamenti e ancora carente di uomini) che Erdogan, aveva invitato a non farsi assimilare: «Siete parte della Germania, ma anche della Grande Turchia - aveva detto nel corso della sua visita nel 2011 - Sì, integratevi nella società tedesca, ma non assimilatevi. Nessuno ha il diritto di privarci della nostra cultura e della nostra identità». I frutti elettorali sono stati raccolti. Nelle ultime elezioni turche, ad esempio, oltre il 67% dei turchi in Germania ha votato per il presidente islamico. Una percentuale molto più alta rispetto a quella della stessa Turchia, dove è stato riconfermato con il 52% dei voti.

Non si tratta solo di voti o di un calcolo politico. Per “vostra identità”, Erdogan intende soprattutto quella islamica. E in Germania è l’associazione turca Milli Gorus che controlla le moschee e i centri culturali, diffondendo una visione dell’islam in linea con quella dei Fratelli Musulmani. L’enfasi sulla causa dei “fratelli” di Hamas non è casuale.