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REFERENDUM

Cile: la Chiesa contro la costituzione anticristiana

Il 4 settembre i cileni voteranno il nuovo testo costituzionale. Aborto, gender e invadenza dello Stato tra i punti critici evidenziati dai vescovi che denunciano anche la limitazione della libertà religiosa. E la popolarità del neopresidente Boric sprofonda anche tra i cittadini.

Attualità 28_07_2022 Español

Siamo stati facili e poco ascoltati profeti, dopo due anni di strumentali e violentissime manifestazioni anticattoliche e contrarie al governo di Pinera, con l’elezione della sinistra internazionale e delle lobby abortiste e gay, il nuovo e giovanissimo Presidente Gabriel Boric, eletto lo scorso 19 dicembre 2021 ed in carica dall’11 marzo scorso, vorrebbe imporre una nuova costituzione comunista e anticristiana, abortista, pro-gender.

Si voterà il referendum costituzionale sul nuovo testo il prossimo 4 settembre, ma ad oggi la stragrande maggioranza dei cittadini è contraria e la Chiesa cattolica scende in campo. La riforma costituzionale, prima promessa e poi sostenuta dal Presidente Boric e dalla sua maggioranza, ha goduto del pubblico e ripetuto appoggio ricevuto (impropriamente) da Michelle Bachelet, nella doppia veste di ex Presidente del Cile e di Alto Commissario per i diritti umani. Tuttavia, dalla sua approvazione nell’Assemblea Costituente e in Parlamento dello scorso aprile ad oggi, registra un costante ed ampio rifiuto da parte dei cittadini, con un massimo registrato nei giorni scorsi di un 51% contrario al testo, solo un 34% favorevole e un 15% che ha già deciso di non votare.

La popolarità di Boric sta anch’essa sprofondando: secondo un nuovo sondaggio di Cadem (la più autorevole società di indagini sociali del Paese), l'indice di gradimento del presidente Gabriel Boric si attesta al 40% e la disapprovazione nei confronti del Presidente è aumentata raggiungendo il 54%. Mai nessun altro Presidente era diventato così impopolare dopo i primi 100 giorni di governo. Le cose andranno di male in peggio per l’attuale Presidente e per la sua maggioranza parlamentare di estrema sinistra, nonostante l’impegno in prima persona di Michelle Bachelet che ha promesso di sostenere il testo costituzionale e, di fatto, si è trasferita a Santiago del Cile, per lavorare fianco e fianco con Boric e la sua maggioranza. Nei giorni scorsi però è scesa in campo la Conferenza Episcopale per dichiarare senza ambiguità che la riforma costituzionale è un pericolo per la libertà religiosa, per il valore della vita umana, della libertà di educazione e la famiglia.

I vescovi suonano l’allarme pur apprezzando «l'impegno a garantire un'ampia gamma di diritti fondamentali, umani e sociali... ed il riconoscimento dei popoli indigeni»: nel documento pubblico del 22 luglio, partendo dalla  Dottrina Sociale della Chiesa manifestano un chiaro e durissimo orientamento sulla riforma. In materia di vita umana, i vescovi non solo stigmatizzano la totale libertà dell’aborto inserita nella nuova Costituzione, ma polemicamente sottolineano come siano menzionati i diritti degli animali e «non si riconosca alcuna dignità o diritto all'essere umano nel grembo materno. E questo dà alla proposta un'impronta disumanizzante». Infine, si ribadisce che «l’insegnamento della Chiesa su questo tema [aborto] è chiaro e costante e i cattolici in particolare devono tenerne conto nel loro discernimento». Lo stesso aggettivo («disumanizzante») è riferito al diritto alla «morte dignitosa». I vescovi cileni mettono in guardia dalla tentazione di «un eccesso di Stato, a scapito dell'autonomia degli individui e dei gruppi sociali per raggiungere il bene comune», pur apprezzando il testo di riforma costituzionale sui diritti «sociali».

Su famiglia, genitorialità e ideologia di genere, non usano mezzi termini: «La famiglia è un valore essenziale non solo per la Chiesa, ma per l'intera società... lo Stato deve proteggerla e aiutarla ad assumersi le proprie responsabilità, ma non deve sottrarla ai compiti che può svolgere da sola o in libera associazione con altre famiglie... La proposta costituzionale amplia il concetto di famiglia parlando di famiglia nelle sue diverse forme, espressioni e modi di vita, senza limitarla ai soli legami filiali e consanguinei... Ci troviamo di fronte a un'accezione neutra e sfigurata della famiglia, che la lascia come modalità organizzativa al pari di un'associazione... qualsiasi gruppo di persone potrebbe essere considerato una famiglia». Un no chiaro a matrimoni gay, trans e poliamorosi. Il diritto-dovere dell’educazione della famiglie e dei genitori verso i figli è «insostituibile e inalienabile», mentre la proposta costituzionale «è ambigua nel rispettare questo diritto primario di libertà e diritto di educazione». Addirittura sul tema dell'educazione alla sessualità, «in nessun punto», protestano i vescovi, «si stabilisce la responsabilità dei genitori e l'importanza di incorporare la loro partecipazione all'educazione affettiva dei figli». Tutto è lasciato allo Stato, fatto ancor più preoccupante per la forte presenza nel testo costituzionale «dell'ideologia di genere». Il rafforzamento esclusivo della istruzione pubblica statale ed il silenzio verso le scuole pubbliche “sovvenzionate” (cristiane in stragrande maggioranza), dove studia il 55% dei ragazzi cileni, inquieta i vescovi, altrettanto preoccupati per la libertà religiosa.

La libertà religiosa sarà limitata «dal rispetto dei principi costituzionali, tra cui aborto, educazione al gender, limiti ai diritti dei genitori e delle scuole», principi che «sono incompatibili con la fede cristiana». Con il disappunto per il mancato riconoscimento, lasciando il destino di chiese e opere cristiane nelle mani esclusive dello Stato, i vescovi invitano i cileni a prendere atto dell'importanza del voto del 4 settembre prossimo. Un voto tra un totalitarismo neocomunista e la libertà.