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MILANO

Alcuni furti sono più furti degli altri

Sala, il sindaco di Milano, è stato derubato in casa. Le ladre, due donne e una ragazzina rom, sono state trovate immediatamente. Stessi tempi rapidi dell'indagine per i furti subiti dal ministro Alfano e dal conduttore Santoro. Per i comuni mortali, invece, non indagano neppure o quasi. Messaggio chiaro: mai derubare i Vip.

Attualità 08_06_2018
Le tre ladre in casa Sala

All’inizio di giugno il sindaco di Milano, Sala, di ritorno da un weekend in Liguria ha trovato la casa saccheggiata. Niente di tragico, solo un orologio Rolex, una catenina d’oro e una ventiquattr’ore Armani. Intervenuta celermente la Digos, le impronte digitali hanno subito risolto il caso: tre ladre rom, evidentemente recidive sennò non sarebbero state schedate.

Arrestate, il giudice ne ha subito rilasciate due, una perché mamma di un quasi neonato, l’altra perché sedicente tredicenne. Di quest’ultima, priva di documenti, non si può appurare l’età esatta, perciò, come vogliono i princìpi della giurisprudenza, in dubio pro reo. Eh, il latino era icastico, l’italiano no, dunque dovremo tradurre impiegando molte parole: in caso di dubbio si proceda nel modo più favorevole al reo. La presunta minore, come vuole la legge, verrà riaffidata alla famiglia. Cioè, ai presumibili mandanti, data l’etnia. Ma la legge è legge, e vale anche per il sindaco della capitale morale d’Italia. Vale pure per lui anche il decreto «svuotacarceri», che rimetterà a piede libero anche la terza ladra. La refurtiva, restituita, non era di gran pondo, ma quando c’è di mezzo una personalità istituzionale si muove la Scientifica: in casa del derubato potrebbero esserci dei documenti importanti o un finto furto potrebbe venire inscenato per ben altri motivi.

L’anno scorso era toccato a un magistrato, sempre milanese: furto di quadri; colpevole individuata, anche qui, grazie alle impronte digitali. Quando Alfano era ministro degli interni gli rubarono la bici sul lungomare di Agrigento. Niente documenti, qui, niente messinscena, niente spionaggio. Ma era il ministro, amigos. Elogi da parte dello stesso alle forze dell’ordine per l’immediata ispezione delle telecamere e la subitanea restituzione del maltolto. Non era una personalità istituzionale il giornalista televisivo Santoro, quando gli rubarono la macchina fotografica dall’auto. Rilevate le impronte. Eh, conduttore di programmi «d’inchiesta» avrebbe potuto imbastire una puntata sull’«inefficienza» delle forze dell’ordine italiane. Io non ero un vip istituzionale né televisivo, e lo sapevo, perciò quando mi rubarono l’auto non feci in tempo a trattenere mia moglie dal suggerire, all’atto della denuncia, l’esame delle impronte. Infatti,  praticamente le risero in faccia: signora mia, a Milano rubano non meno di quaranta macchine al giorno, se dovessimo far venire la Scientifica ogni volta… Così, dovetti pure rifondere all’Asl la carrozzina di mia suocera invalida, che stava nel portabagagli. E indebitarmi per un’altra auto. Usata, mentre quella sparita era nuova. Me ne andai sibilando tra i denti: già, ma se non pago le tasse vi precipitate di notte e con le teste di cuoio, così che giustizia sia fatta, pronta e implacabile. Tra i denti, però: anche il vilipendio è punito subito e duramente se proferito da un cittadino comune (e non immigrato).

Il segnale lanciato ai ladri, comunque, è chiaro: non rubate ai Vip, ché vi trovano e vi pigliano subito, rubate solo al cittadino comune, per il quale non indagano nemmeno. Da qui la lotta spietata, a coltello, denti e gomiti, senza esclusione di colpi per emergere dalla confusa e magmatica massa dei comuni mortali, disposti a qualsiasi cosa pur di entrare tra i Vip, perfino a chiudersi nella casa del Grande Fratello.