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PRO E CONTRO

Voss e le ginnaste che cambiano la tutina: un bene?

Sarah Voss, 21enne tedesca, si è presentata agli Europei con un body a gamba lunga anziché l’usuale sgambato. Decisione buona? Un effetto negativo sarebbe la strumentalizzazione femminista della scelta per affermare che le donne sono obbligate a coprirsi per colpa degli uomini bavosi. Ma dal punto di vista del pudore la scelta ha effetti positivi. Pesando il tutto si può dire che si va nella giusta direzione.

Vita e bioetica 30_04_2021

Pudore, ricerca di visibilità mediatica o strategia femminista? Sarah Voss, 21enne ginnasta tedesca, si è presentata agli Europei di Basilea con un body a gamba lunga e non con l’usuale body sgambato.

In un messaggio l’atleta ha spiegato le motivazioni di questa sua scelta: i body che arrivano fino all’inguine e che non coprono le gambe «sono simili a costumi da bagno e possono essere considerati provocanti all’esterno e far provare vergogna a chi le indossa, anche per via dei movimenti che dobbiamo fare. Non tutte le ginnaste si sentono a loro agio nei body sgambati, ci sono movimenti e attrezzi che possono mettere a disagio. Abbiamo deciso di mostrare che una ginnasta può essere elegante, forte ed espressiva anche indossando una tutina. Non deve essere un problema discostarsi dalla normalità, l'importante è stare bene con se stessi. Nelle finali dei prossimi giorni anche le mie compagne Eli Seitz e Kim Bui indosseranno i loro nuovi body a gamba lunga».

La Federazione tedesca ha appoggiato l’iniziativa e ha pubblicato anche lei un suo commento: «La ginnastica include esercizi in cui le atlete allargano le gambe o si mettono a cavalcioni e questo, soprattutto con i body a taglio corto, mette a disagio le ragazze e le donne. Invece dovrebbero sentirsi bene con ciò che indossano in ogni momento».

Dunque la finalità dichiarata è quella di tutelare il pudore delle ginnaste e, così facendo aggiungiamo noi, si tutelano anche gli spettatori: copro alcune mie nudità per tutelare me e te che guardi. Lasciamo ora da parte il fatto che la stessa Voss in molte foto sui social si mostra sì vestita, ma in pose molto ammiccanti e spesso con tute molto fascianti. Questo a testimonianza del fatto che la provocazione può passare non solo tramite il nudo o il seminudo, ma anche in altri modi. Lasciamo perdere questo particolare perché ci interessa non la storia personale della Voss, ma un quesito di natura etica: la scelta della Voss è apprezzabile dal punto di vista morale oppure no?

Il fine che ha mosso la ginnasta è in sé buono. Un fine astrattamente buono però può diventare malvagio se i modi per soddisfare il fine non sono proporzionati ad esso (ma non è il caso della Voss, vogliamo anticipare). In buona sostanza se l’atto scelto per soddisfare il fine provoca più danni che benefici. Ad esempio un insegnante decide di mostrare gli organi sessuali femminili in foto ad un bambino in tenera età per insegnargli il funzionamento degli organi riproduttivi. Fine buono, ma la condizione che vede come discente un bambino in tenera età porterà probabilmente più effetti negativi che positivi. Il bimbo magari avrà anche imparato come vengono al mondo i bambini, ma accanto a questo effetto positivo si accompagnerà un forte turbamento che avrà un peso assai maggiore rispetto all’effetto positivo. Di contro, se un ricercatore mostrasse in un convegno scientifico di ginecologi gli apparati sessuali femminili questo rischio è pressochè assente.

Dunque quando noi vogliamo compiere un’azione mossi da una buona intenzione dobbiamo anche calcolare la proporzione tra gli effetti positivi e negativi allorchè compiremo quella azione in quel contesto. Le condizioni in cui caliamo un atto astrattamente buono possono farlo diventare malvagio.

Ad esempio, giustamente è lecito far vedere i nudi della Cappella Sistina perché prevediamo che non suscitino né eccitazione nella maggior parte dei visitatori (anche perché, ahinoi, ormai assuefatti a ben altro genere di nudi), né turbamento. Se, volendo fare un esempio assai estremo, fossimo certi che invece la maggior parte dei visitatori potrebbe essere eccitata o turbata da quelle immagini sarebbe meglio non farle vedere.

Torniamo alla nostra ginnasta. I body usati normalmente, nel percepito collettivo, non suscitano particolare scalpore. Di certo sono più succinti, ad esempio, i completi di atletica leggera per donne, anche se – ed è questo ciò che fa la differenza – sono alcuni movimenti delle ginnaste che possono provocare imbarazzo, imbarazzo accentuato da un body sgambato. Quindi, in sintesi, i body di ordinanza non provocano generalmente riprovazione, ma nonostante ciò, la Voss e altre sue compagne hanno sentito il bisogno di cambiare divisa. Scelta esagerata?

In questo caso non abbiamo una persona che si scopre, bensì che si copre. Anche in tale ipotesi dobbiamo verificare se il gioco vale la candela, ossia se apporta più benefici che danni. L’atto, così crediamo, porta con sé più effetti positivi che negativi. Effetti positivi: aiuta quegli spettatori dotati di fantasia accesa a stemperarla (non ad eliminarla: ad un vizioso basta una tutina aderente seppur integrale per far volare alto la sua fantasia); favorisce a mettere in primo piano l’esercizio e non le grazie dell’atleta; ricorda il valore del pudore e quindi impreziosisce la figura femminile; evita imbarazzi; contrasta il costume diffuso che vuole snudare le donne.

Passiamo agli effetti negativi. Innanzitutto pare che si possa escludere questo effetto negativo: alcuni movimenti potrebbero essere più difficili da realizzare. Tale impedimento probabilmente pare essere assente per il semplice fatto che la Voss e altre sue due compagne non avrebbero indossato simili body se fossero stati così penalizzanti: «E' super comoda» ha dichiarato la Voss. Un effetto negativo invece potrebbe essere il seguente: le femministe potrebbero strumentalizzare la scelta di questa atleta per affermare che le donne sono obbligate a vestirsi in certi modi e quindi, nel caso di specie, a coprirsi per colpa di quei bavosi degli uomini. Un altro effetto negativo potrebbe essere quello di incentivare una certa visione islamica della donna che deve coprirsi non tanto per motivi di pudore, ma per motivi attinenti al rapporto gerarchico uomo-donna (famigerata la polemica scoppiata qualche tempo fa intorno al burqini, il costume da bagno usato soprattutto dalle donne islamiche). Effetto che ci potrebbe essere anche se la Voss non pare che sia stata mossa nel prendere questa sua decisione da motivazioni legate alla cultura islamica, seppur assai influente in Germania.

Detto tutto ciò, possiamo concludere che la scelta della Voss proceda nella giusta direzione.