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MORALE

Vizi privati e pubblici uffici. Istruzioni per l'uso

Quando le condotte private di un politico contrarie alla morale naturale sono da censurare pubblicamente? Ecco una breve guida per comprendere il rapporto tra condotte immorali e amministrazione della cosa pubblica.

Cronaca 13_03_2015

I panni sporchi sono affari di Stato? Pare che quando tali panni siano quelli di Berlusconi la risposta sia positiva. Non vogliamo qui di certo intrufolarci sotto le lenzuola di Silvio, dato che lì sotto c’è già troppa gente: giudici, giornalisti e uomini di Chiesa. Quello che qui vogliamo mettere a fuoco sono alcuni criteri di giudizio da tenere in considerazione al fine di tentare di fornire una risposta il più possibile esaustiva alla seguente domanda: quando le condotte private di un politico contrarie alla morale naturale sono da censurare pubblicamente? Risposta laconica: quando incidono negativamente sulla gestione del bene comune, competenza propria di chi governa. La risposta però necessità di ulteriori precisazioni per non essere troppo fumosa. Occorre dunque tenere in considerazione almeno i seguenti parametri di giudizio. 

In primo luogo i doveri del governante. Cosa dobbiamo chiedere a chi ci governa? Che tuteli e accresca il bene comune. Quindi tutto ciò che non interessa questo ambito non è oggetto di dovere politico. Se vengo sottoposto ad un intervento chirurgico ciò che a me importa è che il medico sia bravo nel suo lavoro, non che la sua condotta morale privata sia irreprensibile. Non mi deve importare – in quanto paziente – se il Dottor Rossi sia un adultero: ciò che mi preme è che abbia la mano ferma allorquando userà il bisturi su di me.

Il punto precedente però subisce un doveroso distinguo. Proprio perché ciò che a me deve importare è la efficace gestione del bene comune alcune condotte immorali di chi governa possono influire su tale compito. Pensiamo ad esempio all’assunzione di droghe che potrebbe compromettere il corretto esercizio delle funzioni di amministrazione della res publica. Ritornando all’esempio di prima: mai mi farei operare da un medico che il giorno prima ha assunto droghe o che sta smaltendo i fumi di una sbronza. Dunque esistono condotte contrarie all’etica naturale ed incidenti sul corretto svolgimento delle proprie funzioni di buon governo. È su queste che dobbiamo mettere l’accento ed è su queste che dobbiamo vigilare.

C’è poi il problema di selezionare quali condotte immorali sono da censurare, quale è il grado minimo di moralità richiesta ai governanti. Perché ci strappiamo i capelli per l’adulterio e i comportamenti libertini in campo sessuale e non per la onorevole che ha abortito o divorziato? Maggiore censura, perché oggettivamente più gravi sotto il profilo morale, dovrebbe esserci per le condotte (es. proposte di legge) pro-aborto, pro-eutanasia. Queste ultime da un punto di vista etico sono oggettivamente più gravi del libertinaggio sessuale, perché vanno ad incidere su un bene di maggior pregio (ad esempio la vita) e maggiormente diffusive del male, ma nel sentito popolare vengono tollerate se non apprezzate. Insomma due pesi e due misure. Una disparità di trattamento non giustificata dai beni in gioco.

Da qui un giudizio davvero impresentabile a corte: è preferibile un politico donna che ha abortito e che si batte contro l’aborto, piuttosto che un politico donna che non ha abortito ma è favorevole alle pratiche abortive. Nel primo caso la condotta contraria alla morale naturale inquina, seppur gravemente, pochi legami interpersonali, la seconda recherebbe una ferita ben maggiore al bene pubblico perché estenderebbe il danno ad un’intera nazione. 

Occorre però specificare ancora meglio i punti precedenti. A differenza di un qualsiasi altro professionista (vedi il medico dell’esempio precedente), chi governa ha la responsabilità del bene di un’intera nazione e quindi il suo ruolo gli impone una condotta di vita il più possibile irreprensibile e non scandalosa. Lo chiede anche la Costituzione. È un po’ come, ma con i dovuti distinguo, nel rapporto tra padre e figlio: il disonore del primo si rifletterebbe sul secondo. In buona sostanza non dobbiamo essere costretti a vergognarci della vita privata di chi ci governa. L’onorabilità dunque riverbera i suoi effetti sul bene comune. Ad esempio la fedeltà coniugale non è solo una virtù morale, ma anche dovere giuridico. Il politico quindi dovrebbe essere fedele alla propria moglie non solo per motivi etici, ma anche per rispetto della legge.

C’è un altro punto da tenere in considerazione: lo scandalo. A volte dobbiamo evitare comportamenti sì leciti ma che provocano scandalo, quindi a maggior ragione occorre evitare di dare scandalo attraverso condotte immorali. Il sentito popolare deve perciò essere tenuto in considerazione, ma non assolutizzato, cioè è un elemento che deve essere pesato insieme agli altri qui illustrati, ma non deve essere elevato a metro di giudizio esclusivo.

Infine non bisogna poi dimenticare che gli scandali in genere sono strumentali per battere il nemico ed escluderlo dalla vita politica. La non piena limpidezza di questa operazione sta nel fatto che si agisce non sul piano politico, ma appunto su quello privato. 

Comunque sia ora i panni di Silvio, usciti immacolati dalla lavatrice della Cassazione, sono stesi in luogo pubblico perché l’occhio dei puristi possa rilevare, come fanno i Ris di Parma, ogni più piccola traccia di peccato.