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Vita-aborto: 2-1. La legge del Texas è di nuovo in vigore

La Corte d’Appello per il Quinto Circuito ha sospeso in via temporanea l’ordine del giudice distrettuale Pitman, che aveva bloccato il Texas Heartbeat Act. Torna quindi in vigore la legge che vieta gli aborti dal momento in cui è rilevabile il battito cardiaco del nascituro. E si riaccendono le speranze del movimento pro vita statunitense di scardinare il sistema imperniato sulla Roe vs Wade.

Vita e bioetica 10_10_2021

Due giorni. Sono bastati due giorni per ribaltare la decisione del giudice distrettuale Robert Pitman (6 ottobre), di nomina obamiana, e far tornare in vigore l’Heartbeat Act, la legge del Texas che vieta gli aborti dal momento in cui è rilevabile il battito cardiaco del nascituro (consentendoli in caso di una supposta «emergenza medica»), quindi all’incirca dalla sesta settimana di gravidanza.

Nella serata di venerdì 8 ottobre, la Corte d’Appello per il Quinto Circuito ha emesso una sospensione temporanea dell’ordine di Pitman, contro il quale aveva fatto immediato ricorso il procuratore generale del Texas, Ken Paxton. Lo stesso Paxton ha commentato con un tweet la vittoria, per quanto non definitiva, promettendo di combattere contro ogni ulteriore tentativo del Governo federale di «overreach», cioè in sostanza di andare oltre le sue competenze cercando di bloccare la legge texana. E si può scommettere che Joe Biden e il Dipartimento di Giustizia non resteranno a guardare, dando manforte, con la loro azione in campo giudiziario e non solo, alla parallela battaglia legale dei colossi dell’aborto.

L’ottimismo che regnava, anche dopo il giudizio di Pitman, nel movimento pro life americano ha dunque avuto un riscontro favorevole. Il Quinto Circuito (in totale i “circuiti” per i giudizi di appello sono 11) è ritenuto tra i più conservatori degli Stati Uniti e già in precedenza aveva respinto un altro tentativo di bloccare la legge. Sebbene la sospensione amministrativa non sia permanente, la decisione dei giudici d’Appello è un buon segnale, secondo Texas Right to Life, di «come la Corte possa pronunciarsi sul merito della causa». La responsabile di Trl per la comunicazione, Kimberlyn Schwartz, ha commentato il giudizio dell’8 ottobre parlando di «preghiera esaudita. Il Texas Heartbeat Act salva dall’aborto circa 100 vite al giorno e siamo grati che questo enorme impatto continui». La palla potrebbe, presto o tardi, tornare alla Corte Suprema (vedi qui per la decisione di inizio settembre e il relativo voto di 5-4), come ha spiegato la stessa Schwartz: «Ci aspettiamo che l’amministrazione Biden faccia appello alla Corte Suprema degli Stati Uniti, e siamo fiduciosi che il Texas continuerà a sconfiggere questi attacchi ai nostri sforzi salva-vita».

Il caso del Texas potrebbe aiutare a scardinare il sistema creatosi a partire dalla Roe vs Wade, la sentenza del 1973 che ha imposto l’aborto a tutti i 50 Stati federati, violentando la Costituzione statunitense. Potenzialmente, la normativa texana potrebbe avere un impatto maggiore della legge del Mississippi, che vieta la gran parte degli aborti dopo le 15 settimane di gravidanza e la cui costituzionalità verrà valutata dalla Corte Suprema da dicembre 2021 in poi, con la decisione finale attesa per l’estate 2022.

L’esito finale dello scontro sul Senate Bill 8, com’è anche conosciuta la legge in vigore dallo scorso 1 settembre, è umanamente imprevedibile, ma intanto è certo che l’impianto giuridico del testo firmato dal governatore Greg Abbott il 19 maggio 2021 sta dando filo da torcere al fronte pro aborto come mai prima d’ora. Ricordiamo che la normativa texana è la prima tra i vari heartbeat bills approvati negli ultimi anni da una quindicina di Stati - ma sempre stoppati dai tribunali - ad essere entrata in vigore. Il suo peculiare meccanismo di applicazione, demandata all’iniziativa dei comuni cittadini e non ai funzionari statali, ha fin qui neutralizzato gli argomenti legali della politica e industria abortista. Industria che tra l’altro teme di subire una causa anche per gli eventuali aborti procurati in violazione della legge nei periodi di temporanea sospensione (decisa per via giudiziaria) della stessa, perché una norma dell’Heartbeat Act prevede comunque la possibilità di perseguire successivamente l’abortista colpevole di violazione, qualora la legge venga riabilitata da una corte superiore. Com’è appunto avvenuto in questo caso.

Sarà, dunque, anche per il suddetto motivo - unito a una serie di altre (giuste) limitazioni lamentate da Sarah Wheat, portavoce della Planned Parenthood per il Grande Texas - che la clinica di Waco, nel breve ‘interregno’ del giudizio pro aborto di Pitman, aveva deciso di non riprendere subito le procedure abortive, temendo proprio il ribaltamento in Appello. A prendersi il rischio e annunciare, in quei due giorni di sospensione della legge, l’effettiva ripresa degli aborti è stata invece un’altra catena della morte, Whole Woman’s Health, che su Twitter, giovedì 7 ottobre, è arrivata a scrivere: «In questo clima, ogni singolo aborto che possiamo fornire è una vittoria». Parole che fanno capire quanta ideologia muova la propaganda abortista, che è così cieca e si inganna a tal punto da celebrare un atto che toglie la vita a un bambino innocente e non fa certo il bene di sua madre.