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L’ANNIVERSARIO

Vaticano I, una lettera… dal futuro

L’8 dicembre di 150 anni fa iniziava il Concilio Vaticano I, che affermò la non opposizione tra fede e ragione (Dei Filius) e l’infallibilità del Papa quando definisce ex cathedra dottrine di fede o morale (Pastor æternus). Rimase invece sullo sfondo il tema della musica sacra. Una lettera immaginaria, ma con citazioni e nomi reali, ricostruisce il clima di quel concilio e la delusione di chi sperava nella salvaguardia del gregoriano.

Ecclesia 10_12_2019

Sono trascorsi 150 anni da quel giorno dell’Immacolata del 1869 in cui si apriva nella Basilica di San Pietro il Concilio Ecumenico Vaticano I, che, dopo più di tre secoli dalla fine del Concilio di Trento, nel giro di circa dieci mesi affermò nelle sue due Costituzioni dogmatiche: la non opposizione tra fede e ragione, contro il fideismo e il razionalismo (Dei Filius), e linfallibilità del Romano Pontefice quando definisce ex cathedra dottrine di fede o morale (Pastor æternus).

Per commemorarne l’inaugurazione il lettore gradisca questa lettera immaginaria di un cantore della cappella musicale pontificia al fratello prete (cfr. G. Martina, Pio IX, Università Gregoriana Editrice, Roma 1972, pp. 166-168). Le citazioni bibliografiche e i nomi delle persone sono reali.

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Roma, mercoledì 8 dicembre 1869


Carissimo fratello,

l’ultima vostra, in cui mi chiedete notizie del Concilio, è tanto obbligante e affettuosa che per calmar maggiormente il vostro spirito vi scrivo subito dopo la fine della prima funzione.

Il ventesimo Concilio ecumenico ha avuto principio dopo che i Padri hanno risposto unanimemente placet al decreto di apertura. Sì, ma è stata un po’ lunga, poiché siamo andati a San Pietro alle otto del mattino e siamo venuti a casa alle tre e tre quarti pomeridiane, compresa, si capisce, l’ora necessaria a uscire tutti dalla basilica, per poter andare a spogliarsi, venir a casa, ecc.. In somma sette ore di funzione.

Andato con gli altri cantori nella sala sopra l’atrio della basilica, dove erano gli oltre settecento Padri conciliari, e attesa la venuta del Papa, intonato dal medesimo il Veni Creator proseguito dalla cappella musicale, cominciammo − noi cantori eravamo quasi all’inizio della lunga processione − a scendere per la grande scala regia nella basilica. Mentre si sentivano i cannoni di Castel SantAngelo, quelli del forte Aventino e tutte le campane della città annunciare lapertura dell’assise. Per il portico della basilica siamo entrati in San Pietro tra due file compatte di fedeli. Nonostante piovesse a dirotto fin dallaurora, già alle sette del mattino la basilica era piena di fedeli.

Cera Elisabetta imperatrice dAustria, appena arrivata a Roma nella notte tra il 6 e il 7 dicembre; la regina di Württemberg, sorella dellimperatore di Russia; diversi sovrani spodestati, come Francesco II Re di Napoli, Leopoldo II Granduca di Toscana e consorte; principi e principesse, ambasciatori accreditati presso la Santa Sede e altri importanti personaggi stranieri.

Giunti davanti all’Altare della Confessione, si adorava il Santissimo Sacramento esposto, indi si entrava nell’aula conciliare, ricavata nel transetto destro della basilica. Lo stesso fece il Santo Padre, sceso dalla sedia gestatoria, un’ora dopo − penso − dal cominciar della processione. Tutti quei vescovi e gli altri che vi avevano diritto da tutte le parti del mondo furono un colpo docchio meraviglioso!

Il cardinale Patrizi Naro, sottodecano del Sacro Collegio, essendo infermo il decano, ha cantato la Messa allaltare posto in mezzo allaula, con la solenne assistenza del Santo Padre. Poi tutti i Padri hanno reso omaggio d’obbedienza al Papa. Il predicatore apostolico ha tenuto un discorso in latino, molto bello, specialmente per un cultore di quella lingua come voi siete.

Vi sono state diverse orazioni e poi noi cantori abbiamo cantato le litanie dei Santi, dopo di che il Cardinale diacono ha cantato il Vangelo in cui si narra la missione dei settantadue discepoli, poi cantammo un’altra volta il Veni Creator, con mirabile partecipazione d’affetto anche dal popolo accalcato al di fuori dell’aula conciliare. Poi in somma, per finire, abbiamo cantato il Te Deum. Il Papa lo ha intonato con la sua voce sonora.

Ma dimenticavo di dire che il Papa stesso nel pomeriggio ha pronunciato un commovente discorso, il quale immediatamente è poi stato distribuito stampato. Ecco le preziose parole con cui si conclude (Acta et decreta sacrosancti et œcumenici Concilii Vaticani, Freiburg Herder 1871, pp. 152-153): «Tu vero, mater pulchræ dilectionis, agnitionis et sanctæ spei, Ecclesiæ regina et propugnatrix. Tu Nos, consultationes, labores nostros in tuam maternam fidem tutelamque recipias: ac Tuis age apud Deum precibus, ut in uno semper spiritu maneamus et corde», cioè «Tu, o Madre della bella dilezione, della conoscenza e della santa speranza, Regina e difenditrice della Chiesa. Ricevi nella tua materna fede e tutela Noi, le consultazioni e le fatiche Nostre, e Ci impetra, con le tue preghiere presso Dio, che siamo sempre di un solo spirito e di un solo cuore».

Alla fine di questa prima sessione, il Santo Padre intonò il Te Deum, parimenti proseguito da noi cantori pontifici e cantato dai Padri conciliari e dal popolo in tutta San Pietro. Oh, che canto, a considerarlo ben bene! E questi vescovi venuti a una semplice voce di quell’augusto vegliardo! Io confidavo ai miei colleghi cantori che questa sola adunanza basterebbe a mostrare l’unità e quindi la divinità della Chiesa Cattolica!

Pare che al Concilio non si potrà trattare di musica. Alcuni vescovi, più sensibili alla riforma della musica, ne sono rimasti delusi. Ho sentito un vescovo americano, monsignor Lootens, lamentarsi con il nostro direttore, Commendator Domenico Mustafà (1829-1912): «Trovo sorprendente il fatto che, tra tutti i progetti di riforma dei quali abbiamo ricevuto il piano, non vi sia menzione circa la riforma del canto religioso. Ne ho parlato con diversi vescovi. Molti sono della stessa opinione. Ma temo che, con alcuni di loro che vogliono andare troppo lontano, otterremo poco o niente. Credo che sarebbe sufficiente riaffermare con enfasi le leggi esistenti» (cfr. Lettera a Dom Guéranger del 15 giugno 1870 in P. Combe, The Restoration of Gregorian Chant, Catholic University of America Press, Washington, DC 2010, p. 79).

Il maestro ci ha detto pure che vi saranno solo due proposte riguardo alla musica. Il cardinale Riario Sforza di Napoli proporrà un voto per tutelare la salmodia corale, con tanto di multe e penalità, da parte dei vescovi, nei confronti di coloro che, entro un tempo fissato, non si decidono a cantare debitamente in gregoriano. Inoltre i vescovi tedeschi chiederanno − e certamente otterranno – l’approvazione per i loro Paesi di un’Associazione per la riforma della musica sacra, a somiglianza della Congregazione Romana di Santa Cecilia (cfr. F. Romita, Jus musicæ liturgicæ, Edizioni Liturgiche, Roma 1947, p. 125).

Ma convien che finisca perché l’ora si fa tarda e ho bisogno di andarmene a letto. Io ho detto qualcosa, ma i giornali diranno il resto. I miei saluti ai genitori, e sono il vostro affezionatissimo fratello.

Massimo Scapin