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Un patto Franceschini-Conte per rilanciare il centrosinistra

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Manovre in corso  in campo progressista per costruire una leadership alternativa alla linea Schlein. Non mancano gli ostacoli in campo piddino e pentastellato, ma entrambi sono consapevoli che la prossima legislatura sarà decisiva in vista del Quirinale.

Politica 11_11_2025
Filippo Attili - Imagoeconomica

Nei corridoi del centrosinistra circola con insistenza una voce che, se confermata, potrebbe ridisegnare gli equilibri politici in vista delle prossime elezioni: un presunto asse tra Dario Franceschini, esponente di punta del Partito Democratico, e Giuseppe Conte, leader del Movimento Cinque Stelle. Un patto informale, ancora tutto da verificare, che avrebbe come obiettivo quello di costruire una nuova leadership per il campo progressista, in grado di contendere a Giorgia Meloni la guida del Paese.

Secondo quanto trapela da ambienti parlamentari, l’intesa avrebbe due punti centrali: la candidatura di Conte a presidente del Consiglio per la coalizione di centrosinistra e, in cambio, il sostegno dei pentastellati a Franceschini per la futura corsa al Quirinale. Si tratta di uno scenario ancora lontano, visto che le elezioni politiche si terranno tra due anni, ma i segnali di avvicinamento tra i due non mancano.

Franceschini, che pure era stato uno dei principali sostenitori di Elly Schlein nella corsa alla segreteria del Pd, avrebbe progressivamente maturato la convinzione che con l’attuale leadership il centrosinistra difficilmente riuscirebbe a vincere. La linea radicale della segretaria, concentrata su diritti e ambientalismo ma poco attenta alle istanze moderate, rischierebbe di allontanare una parte importante dell’elettorato centrista. Da qui la riflessione su un profilo più “ecumenico” come quello di Conte, che ha già guidato due governi, ha consolidati rapporti con il mondo cattolico e gode di una certa credibilità istituzionale.

L’idea di fondo sarebbe quella di ricostruire un campo largo che non si limiti a una sommatoria di sigle, ma che punti a un candidato capace di parlare anche agli elettori delusi o indecisi. In questo schema, Schlein resterebbe segretaria del Pd ma rinuncerebbe alla corsa per Palazzo Chigi, garantendo l’unità del partito in cambio di un ruolo di primo piano in un eventuale governo di coalizione. La prospettiva è complessa ma non priva di logica politica.

Nelle ultime settimane diversi osservatori hanno notato un cambio di tono nei rapporti tra Franceschini e Conte. Il primo ha pubblicamente riconosciuto al leader dei Cinque Stelle di aver avuto «il coraggio e l’intelligenza di portare il movimento dentro un percorso di alleanze», mentre Conte ha ricambiato definendo Franceschini «un politico di grande intuito». I due si sarebbero incontrati più volte in occasioni pubbliche, scambiandosi dichiarazioni di reciproco rispetto che in politica raramente sono casuali.

Ufficialmente entrambi smentiscono ogni “patto”, ma in privato i loro collaboratori ammettono che un dialogo strategico è in corso. Il contesto gioca a favore di una simile manovra. I sondaggi danno ancora il centrodestra in vantaggio, ma non in maniera schiacciante: alcune proiezioni indicano che la coalizione di Meloni potrebbe ottenere la maggioranza assoluta alla Camera, ma non al Senato, dove i numeri rischiano di essere in bilico.

E poiché la prossima legislatura sarà decisiva per l’elezione del successore di Sergio Mattarella, i voti a Palazzo Madama assumono un peso politico enorme. Proprio da qui deriverebbe la possibile convergenza tra Franceschini e Conte: creare un’alleanza abbastanza larga da impedire alla destra di controllare anche il Colle. Franceschini, uomo di lungo corso e grande tessitore di equilibri istituzionali, avrebbe così individuato in Conte il profilo ideale per dare al centrosinistra una guida competitiva e allo stesso tempo ottenere un futuro sostegno pentastellato per la propria eventuale candidatura al Quirinale.

L’operazione, naturalmente, non è priva di ostacoli. All’interno del Pd molti guardano con sospetto a un’ipotesi che rischia di ridimensionare Schlein, mentre nel Movimento Cinque Stelle non tutti sarebbero disposti a sostenere un politico di scuola democristiana come Franceschini per la più alta carica dello Stato. Tuttavia, entrambi gli schieramenti sembrano consapevoli che una sconfitta netta alle prossime elezioni potrebbe tenerli lontani dal potere per un decennio. Da qui la tentazione di sperimentare formule nuove. Sullo sfondo resta l’ombra della legge elettorale, che Giorgia Meloni vorrebbe modificare per consolidare la propria maggioranza, ma su cui Forza Italia e Lega stanno alzando barricate per evitare di essere schiacciate da Fratelli d’Italia.

L’incertezza normativa alimenta il lavoro sotterraneo degli strateghi del centrosinistra, che guardano a un possibile accordo con il M5S come a un’assicurazione per il futuro. In questo contesto si inserisce anche la figura di Silvia Salis, la giovane sindaca di Genova, considerata da molti il volto nuovo capace di unire competenza amministrativa e sensibilità riformista. I suoi rapporti cordiali con Conte e la sua popolarità tra i moderati la rendono un potenziale jolly nella costruzione di un ticket politico che affianchi l’ex premier nella corsa a Palazzo Chigi. Un tandem Conte-Salis, sostenuto da Pd e 5 Stelle, potrebbe rappresentare un compromesso accettabile anche per chi nel Partito Democratico teme di cedere troppo spazio ai grillini. Schlein, in questo scenario, manterrebbe la segreteria e avrebbe un ruolo di coordinamento politico, forse con un incarico ministeriale di peso in caso di vittoria.

Tutto resta ancora nel campo delle ipotesi, ma le manovre preparatorie si moltiplicano. Franceschini, da sempre attento ai movimenti sotterranei del potere, avrebbe già avviato un lavoro di diplomazia discreta tra Roma e il Vaticano, convinto che la prossima grande partita non si giocherà solo sulle piazze o sui social, ma nei palazzi istituzionali dove si decidono gli equilibri del Paese. Il disegno che si intravede dietro questi contatti è chiaro: costruire un’alleanza in grado di arrivare al 2027 con una doppia strategia, una per il governo e una per il Colle. Conte premier di coalizione, Franceschini candidato alla Presidenza della Repubblica.

A rendere meno utopico questo scenario c’è la progressiva erosione del consenso del centrodestra, alle prese con l’esaurimento degli effetti del Pnrr e con un’economia in affanno. Se la crisi dovesse aggravarsi, l’opinione pubblica potrebbe tornare a guardare con favore a un fronte progressista rinnovato nei volti e nei toni. Non si tratterebbe dunque solo di un’operazione di potere, ma di una vera ricalibratura dell’offerta politica. Per ora tutto resta confinato nei retroscena, nei messaggi allusivi e nei sussurri di corridoio, ma la sensazione diffusa è che qualcosa si stia muovendo. E come spesso accade nella politica italiana, ciò che oggi viene smentito con decisione potrebbe domani diventare realtà, se le condizioni lo permetteranno.



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