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CONTINENTE NERO

Natale in Africa, ecco i paesi dove lo si festeggia nel terrore

Nel nord e negli Stati centrali della Nigeria, in Burkina Faso e nel nord del Mozambico, il Natale diventa un giorno in cui si rischia più che mai un attentato jihadista. I fedeli perseverano nella fede, nonostante tutto.

Libertà religiosa 22_12_2025
Una chiesa a Kaduna, Nigeria (La Presse)

Questo è un Natale difficile per tanti cristiani nel mondo che si preparano a viverlo in condizioni critiche. «Non cedere alla disperazione e alla paura, ma restare saldi nella speranza e nella fede» è l’esortazione della Chiesa nigeriana ai fedeli che vivono nel nord est e nella fascia centrale del paese e che ogni anno temono, per lunga, dolorosa esperienza, l’intensificarsi degli attacchi terroristici alle loro chiese e alle loro comunità all’approssimarsi delle festività natalizie.

Negli Stati nordorientali della Nigeria, a maggioranza islamica, la minaccia proviene da Boko Haram e da Iswap, due gruppi jihadisti affiliati rispettivamente ad al Qaeda e all’Isis. Negli Stati centrali sono bande di musulmani di etnia Fulani a seminare il terrore tra i cristiani, soprattutto nelle aree rurali dove attaccano i villaggi e spesso li incendiano, dopo aver razziato raccolti, bestiame, automezzi, per far sì che gli abitanti siano costretti ad andarsene per sempre, ormai privati di ogni bene e senza più casa. Inoltre, lì e nel nord ovest, alla violenza jihadista si aggiunge quella dei “banditi”. Così in Nigeria si chiamano genericamente i malviventi autori dei sequestri a scopo di estorsione divenuti una vera e propria piaga sociale per il numero di persone colpite. In un mese sono stati rapiti diversi fedeli in due chiese, attaccate a pochi giorni di distanza una dall’altra, e oltre 300 studenti e 12 insegnanti di una scuola cattolica.

La richiesta di autorità religiose e associazioni al governo nigeriano è di intensificare le misure di sicurezza a protezione delle comunità e di non limitarsi a mettere in guardia i cristiani. Ai fedeli raccomandano di restare vigili, ma di non rinunciare alle funzioni e ai riti nei giorni dell’Avvento e a Natale. «Dal governo arrivano avvisi di sicurezza. Non fate veglie notturne, raccomanda, se dovete praticare i vostri riti in chiesa, non restateci a lungo, fate attenzione. Ma se non possiamo partecipare alle funzioni della vigilia di Natale per paura – sostiene padre George Omaku Ehusani, direttore della organizzazione non governativa nigeriana Lux Terra Leadership Foundation – allora vuol dire che l’ideologia estremista dei jihadisti Boko Haram sta vincendo perché non vogliono che i cristiani pratichino la loro fede. Se la gente ha troppa paura di andare in chiesa, allora la loro ideologia vince».

A ovest della Nigeria, in Burkina Faso, i cristiani che vivono nei territori infestati dai jihadisti non hanno scelta. Non rinunciano a celebrare il Natale, ma sono costretti a evitare le cerimonie serali e soprattutto la messa di mezzanotte. Nella diocesi cattolica di Kaya è da dieci anni che a Natale la messa di mezzanotte viene anticipata e si svolge prima che diventi buio per motivi di sicurezza, per evitare che i fedeli si debbano spostare di notte. Ma quest’anno anche altre diocesi hanno deciso, sebbene molto malvolentieri, di seguirne l’esempio. Per anni dei gruppi jihadisti sono stati attivi nel nord del paese, al confine con il Niger e con il Mali. Ma, da quando nel 2022 i militari hanno preso il potere con due colpi di Stato a distanza di pochi mesi uno dall’altro, la situazione è rapidamente precipitata. Come e più ancora che in Mali e in Niger, il raggio d’azione dei jihadisti, l’intensità e la frequenza dei loro attacchi e dei loro attentati sono aumentati esponenzialmente. Ormai controllano il 40% del territorio nazionale e più di un milione di cristiani sono sfollati, ospitati in campi profughi. Possono dirsi fortunati quelli che ancora hanno una chiesa. Nelle regioni orientali e settentrionali restano accessibili soltanto il 5% delle parrocchie. Nella diocesi di Dori, ad esempio, sono attive soltanto due parrocchie e il vescovo riesce a recarvisi solo in elicottero oppure protetto da scorta militare.

Le messe, anche quella di mezzanotte, si dovranno celebrare prima che faccia buio, ma tutte le chiese ancora aperte saranno gremite, come sempre e nonostante tutto. «I cristiani del Burkina Faso mantengono viva la loro fede, perseverano nella preghiera e non perdono la speranza – assicura citando Tertulliano monsignor Théophile Naré, vescovo di Kaya, intervistato da Aiuto alla Chiesa che Soffre – il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani. Se il nemico pensa di poter estinguere il cristianesimo, sta perdendo tempo. Il cristianesimo sta crescendo in Africa». I fatti gli danno ragione. A marzo, ai festeggiamenti per il 125° anniversario dell’evangelizzazione del paese, svoltisi presso il santuario mariano di Yagma, hanno partecipato due milioni di fedeli.

Sarà un Natale vissuto nella fede e nel dolore anche quello dei cristiani della provincia di Cabo Delgato, nel nord del Mozambico, vittime della violenza jihadista di cui è responsabile al-Sunnah Jama’ah, un gruppo affiliato all’Isis, attivo dal 2017. Gli sfollati sono più di 100mila. Vivono quasi tutti in campi profughi. «Sono persone che hanno visto morire sgozzati dai jiahdisti i figli, i mariti, i vicini di casa. Sono bambini che hanno visto uccidere oppure rapire le loro mamme. Hanno dovuto abbandonare tutto, casa, campi, bestiame e ogni altro loro bene». Così descrivono gli sfollati, parlando con Aiuto alla Chiesa che Soffre, i catechisti di uno dei campi, Ntele, dove sono ospitate e assistite più di 300 famiglie. Gli incontri con gli sfollati e le funzioni religiose si svolgono in una cappella oppure all’aperto, all’ombra degli alberi.

Ai fedeli nel nord del Mozambico mancano non soltanto le chiese, chiuse per motivi di sicurezza o ridotte in macerie dai jihadisti. Mancano anche i sacerdoti. Sono talmente pochi che non riescono a visitare tutte le comunità e a entrare in contatto con tutti i fedeli. Ci sono campi profughi e comunità che vengono visitati solo una volta all’anno dai loro sacerdoti. Come a Ntele, in tutta la regione i catechisti si prodigano instancabilmente tra mille difficoltà anche pratiche. Persino i testi sacri di cui dispongono, forniti dalle diocesi, sono pochi e li devono usare a turno. Per molti cristiani, nel nord del Mozambico, quest’anno non si tratta di sapere se la messa di mezzanotte dovrà essere anticipata perché nessun sacerdote potrà andare a celebrarla per loro.