Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Sant’Espedito a cura di Ermes Dovico
IL MOTTETTO

Tu es Petrus, quando la musica esprime la fede

Durante il viaggio apostolico del 2010 nel Regno Unito, Benedetto XVI poté ascoltare una nuova versione del mottetto Tu es Petrus. Una versione grandiosa che dà l’idea della responsabilità enorme di ogni successore di Pietro. In Italia si è persa questa consapevolezza e il clericalismo impera anche in campo musicale, con canzonette che non danno gloria a Dio né edificano i fedeli.

Ecclesia 29_06_2021

Forse ricorderete il viaggio apostolico che Benedetto XVI ha compiuto nel Regno Unito nel 2010. Una visita ricca di significati storici e culturali, visti i rapporti stretti che il cristianesimo ha avuto con queste terre fin dal primo millennio e viste le problematicità che hanno portato allo scisma della Chiesa anglicana. In quell’occasione il Santo Padre presiedette diverse cerimonie liturgiche, come quella del 18 settembre nella cattedrale di Westminster. Qui fu accolto dal coro diretto da Martin Baker, con la partecipazione dei London Brass, con il mottetto Tu es Petrus in una nuova versione per coro, organo, ottoni e percussioni composta da James MacMillan (1959), noto compositore e direttore d’orchestra scozzese cattolico.

Il brano è stato pubblicato dalla casa editrice Boosey & Hawkes che così lo descrive: «Un altro grande pezzo d’occasione per un evento cerimoniale. MacMillan ha davvero una sensibilità perfetta per il tipo di musica che fa venire i brividi su e giù per la spina dorsale mentre l’organo, gli ottoni e i timpani tuonano in un grande spazio riverberante. Il testo: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa” è perfettamente appropriato per la visita del moderno successore di San Pietro. La sensazione della musica, a differenza di quella per l’insediamento dell'Arcivescovo di Westminster, tuttavia, è di una tonalità più scura - forse un riflesso del peso della responsabilità che circonda il Pontefice, forse un riflesso dei tempi bui secolari in cui viviamo. Chissà. Ma ciò che MacMillan segna per essere suonato “gioiosamente” nelle semicrome terzine di ottoni sembra quasi portentoso, ma poi è un’occasione straordinaria in cui la soggezione è probabilmente più in evidenza che la leggerezza».

È molto interessante questa descrizione, in quanto dà l’idea di quello che anche il sottoscritto ha provato pur seguendo l’evento solo su YouTube (vedi il video a questo link) e non dal vivo. C’è questo senso di soggezione che viene dalla grandiosità della musica, una soggezione che non è per Joseph Ratzinger, ma per quello che il papato rappresenta o dovrebbe rappresentare. Un conto è la persona, un conto la funzione e il ruolo che rappresenta. In questo caso è la funzione di colui a cui il Signore stesso ha dato l’incarico di pascere il Suo gregge e su cui è edificata la Chiesa: Tu sei Pietro!

La musica dà questo senso di grandiosità e di manifestazione di un fenomeno di natura del tutto singolare, restituendo veramente bene l’enorme peso che è sulle spalle di tutti i successori dell’apostolo Pietro. Purtroppo, specie nella nostra Italia, abbiamo perso questo senso per la grandiosità, malgrado i nostri strettissimi legami con la Sede di Pietro. Quello che MacMillan e Baker (addirittura due laici!) hanno comunicato con la loro collaborazione per quel viaggio apostolico, da noi è spesso sfuggito, in balia come siamo del più bieco clericalismo che si manifesta anche in campo musicale. Quando papa Francesco parla contro il clericalismo e sul ruolo dei laici nella Chiesa, viene da sorridere pensando a quella che è la realtà di un sistema clericale (anche in campo musicale) che, più che la competenza, premia la compiacenza. Ed eccoci condannati a musichette sentimentali e canzonette per appagare le vedove del Vaticano II immaginario, ma non certamente per dare gloria a Dio ed edificare i fedeli.

Non è che gli anglosassoni siano più bravi o più talentuosi di noi, ma fanno le cose più sul serio e soprattutto non sono soffocati troppo da quel clericalismo che non è valorizzazione del clero (su cui non ci piove, anzi) ma necessità di controllo totale per garantire un certo sistema di potere e per paura di scoprire - non sia mai! - che ci sono molti laici artisti, musicisti, che hanno molto più senso cattolico di quello che rimane di un clero mediamente in declino.