Sfide sociali e visione mistica, l'ultimo Leone prima di Prevost
Ascolta la versione audio dell'articolo
A ispirare il nome dell'attuale Papa è Leone XIII, che guidò i cattolici tra l'emarginazione della società laicista e l'aggressione delle ideologie sul mondo del lavoro e vide le minacce del demonio contro la Chiesa. Scrisse ben 86 encicliche e l'invocazione a San Michele, inspiegabilmente abolita negli anni Sessanta.

Papa Leone XIII, uno dei più grandi pontefici degli ultimi secoli, è uscito dal dimenticatoio mediatico in cui era caduto da tempo grazie a papa Prevost che ha voluto utilizzare questo nome dal sapore arcaico e dalla storia molto significativa nel percorso della Chiesa. Ma chi era Leone XIII? Fu il Papa che succedette a Pio IX, uno dei pontefici più odiati e contrastati da parte delle forze anticristiane. Gioacchino Pecci, nativo di Carpineto Romano, fu colui che resse la Chiesa per un pontificato molto lungo, durato venticinque anni, dal 1878 al 1903.
Gli anni del suo ministero furono molto difficili per la Chiesa. Per i cattolici italiani furono anni di emarginazione: erano cittadini di secondo livello nel Paese la cui civiltà, più di ogni altra, era debitrice verso il cristianesimo, esuli in patria. Ma la Chiesa continuò a svolgere il suo ruolo, guidata dal Papa che la introdusse nel nuovo secolo.
Già in gioventù, Gioacchino Pecci si era segnalato quale ragazzo particolarmente dotato, con una speciale predilezione per lo studio della lingua latina, e fu avviato agli studi sotto la guida di precettori nella casa paterna. Era figlio di un funzionario di alto grado dello Stato della Chiesa, e possedeva – oltre che un innato spirito di servizio verso la Chiesa – anche una profonda spiritualità. Fin da giovane avvertì la chiamata al sacerdozio, preceduto da un fratello che divenne gesuita.
Dopo l’ordinazione, ebbe subito degli incarichi importanti. Nel 1838 papa Gregorio XVI lo inviò quale delegato a Benevento, città appartenente allo Stato Pontificio, e il giovane Pecci riuscì a mostrare buone qualità di amministratore. L’8 giugno 1841 Gregorio XVI lo nominò delegato apostolico a Spoleto, dove rimase soltanto un mese, in quanto, essendo risultata vacante la sede di Perugia, il 12 luglio divenne delegato apostolico del capoluogo umbro. Aveva solo trentun anni. Dopo soli due anni, venne consacrato vescovo e avviato al servizio diplomatico, per il quale si era formato nei suoi studi. Venne quindi nominato nunzio apostolico in Belgio, esperienza che durò solo tre anni, dal momento che il suo sostegno all’episcopato belga, che si trovava in conflitto con il governo in merito alle scuole e alla libertà di educazione cattolica, provocò la perentoria richiesta governativa che egli fosse rimosso dall’incarico. La Santa Sede si trovò nelle condizioni di dover accettare il diktat, e lo richiamò a Roma. I fautori vaticani del quieto vivere e dei compromessi ad ogni costo giudicarono inadatto monsignor Pecci a proseguire un ruolo nella diplomazia pontificia, e così gli fu assegnato un ruolo di vescovo diocesano, e andò a occupare la sede episcopale di Perugia.
Si dimostrò sin dai primi anni un ottimo vescovo: aveva in primo luogo la preoccupazione della formazione del clero. Egli riteneva che fosse necessaria una preparazione non solo teologica, ma anche scientifica, storica e filosofica dei sacerdoti della diocesi. Ebbe una particolare attenzione nei confronti del seminario, del quale rivide i programmi di studio, avvalendosi anche dell’esperienza maturata in Belgio. Nel 1866 pubblicò anche un’istruzione sulla condotta del clero, nella quale si invitavano i sacerdoti ad «uno studio sodo, meditato ed assiduo».
In quegli anni, nonostante i difficili rapporti con il nuovo Stato italiano, realizzò nel suo territorio diocesano circa cinquanta chiese, e molte altre opere di carità. Monsignor Pecci dovette affrontare situazioni poco gradevoli nella sua diocesi, dove agivano ambienti molto ostili alla Chiesa. Egli evitò di ricorrere ad atteggiamenti di scontro, e adottò un’azione pastorale prevalentemente orientata ad operare su un piano religioso, evitando di misurarsi sul campo politico. Possedeva un carattere mite e uno stile da gentiluomo, oltre che una profonda spiritualità: voleva rispondere ai bisogni religiosi dei fedeli e preparare un clero in grado di fronteggiare i vari compiti che i mutamenti sociali e politici dettavano.
Per ben trentadue anni guidò la diocesi di Perugia, venendo anche nominato cardinale. Nel 1876 chiese, per motivi di salute, di poter lasciare la diocesi e ritornare a Roma. Venne accontentato e nominato cardinale camerlengo. Due anni dopo Pio IX morì, e ci si trovò davanti ad una difficile successione. Visto il clima politico e ideologico, qualcuno suggeriva che lo stesso conclave si dovesse tenere lontano da Roma. La diplomazia europea non mancò di esercitare una significativa pressione sul collegio cardinalizio al fine di indirizzarlo verso una scelta moderata, che avrebbe dovuto stemperare i conflitti che avevano segnato gli ultimi anni del pontificato di Pio IX.
Sin dalla prima votazione, emerse un chiaro orientamento a favore del cardinal Pecci, dagli altri porporati ben conosciuto e stimato. La sua salute cagionevole lasciava presagire il classico pontificato di transizione, ma al Sacro Collegio andava bene così. In realtà, come si diceva, fu un pontificato lungo, ricco di importanti pronunciamenti dottrinali.
Leone XIII viene ricordato quale Papa delle encicliche, dal momento che ne scrisse ben 86. Nella sua enciclica Immortale Dei, del 1885, affrontò il problema del ruolo dei cattolici nelle società moderne, affrontando anche il tema del rapporto tra fede e scienza, ribadendo che tra esse non esiste incompatibilità. La sua più famosa enciclica fu la Rerum novarum, del 1891, che pose le basi della moderna Dottrina Sociale della Chiesa, un documento che riscosse grande attenzione in tutto il mondo cattolico. L’enciclica metteva i cattolici in grado di affrontare le sfide della modernità, dalla rivoluzione industriale al socialismo. La Rerum novarum affrontava il problema dei diritti e dei doveri del capitale e del lavoro, cercando di mediare tra le posizioni di orientamento socialista e rivoluzionario e quelle proprie del liberismo economico di impronta capitalista, inaugurando una riflessione sui problemi del lavoro nel mondo moderno successivamente ripresa e approfondita nel 1931 dalla Quadragesimo anno di papa Pio XI e in occasione del centenario della pubblicazione dalla Centesimus annus di Giovanni Paolo II del 1991.
Nell’enciclica Leone XIII richiamava al concetto fondamentale di collaborazione fra le classi sociali: «Come nel corpo umano le diverse membra s’integrano fra loro e determinano quelle relazioni armoniose che giustamente viene chiamata simmetria, allo stesso modo la natura esige che nella società le classi s’integrino fra loro realizzando, con la loro collaborazione mutua, un giusto equilibrio».
Nella vita del Papa ci fu un episodio piuttosto singolare: nel 1884 Leone XIII ebbe una visione mistica, dalla quale fu vivamente impressionato. La mattina del 13 ottobre, durante una celebrazione nella Cappella Paolina, parve improvvisamente immobilizzato per qualche minuto, dopo di che, con aspetto provato, rientrò prontamente nel suo studio. I presenti lo temettero vittima di un malore, ma poco dopo egli convocò il responsabile della Congregazione dei Riti e, affidandogli il manoscritto di una preghiera appena composta, ne decretò l’inserimento. Si trattava di una preghiera all’Arcangelo Michele, perché difendesse la Chiesa e ogni fedele dai terribili pericoli che incombono. Dispose che venisse recitata alla fine di ogni Messa, e così avvenne, fino alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II che, inspiegabilmente, la abolì.
Il suo stile di vita fu all’insegna della semplicità e della frugalità, quasi ascetico, come si vedeva dal suo aspetto magro e apparentemente fragile. Morì invece a 93 anni nel 1903. Nessun pontefice prima di lui era rimasto in carica fino a una età così avanzata.
Questa è la figura che ha ispirato nella scelta del nome Robert Prevost. Ci si deve augurare che ne ispiri tutta l’azione pastorale.
Leone XIV e la Dottrina sociale, una strada ancora incerta
Il significativo discorso rivolto il 17 maggio alla Fondazione Centesimus Annus non chiarisce se con il nuovo Papa siamo davanti a una "svolta" nel rilancio della Dottrina sociale oppure se dobbiamo aspettarci una "riforma nella continuità" con papa Francesco.
Nel nome del Papa: quando Leone XIII salvò gli agostiniani
Il primo agostiniano sul soglio di Pietro ha voluto chiamarsi come il pontefice della Rerum novarum, che dalla natia Carpineto era legato all'Ordine di Sant'Agostino. Un vincolo che riaffiora nella scelta di Leone XIV.
Leone XIV si presenta: il ritorno dell’evangelizzazione e della verticalità
Dalle prime parole pronunciate dalla Loggia delle Benedizioni da Papa Prevost emergono la verticalità e l’evangelizzazione come annuncio di Cristo e una devozione mariana popolare. Con alcune concessioni al processo di sinodalità, lascito del pontificato precedente.
- Un Papa americano ma non troppo, di Nico Spuntoni