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LA MANOVRA ECONOMICA

Scholz (CdO): «Senza crescita non c'è futuro»

«Il criterio di qualsiasi misura deve essere la crescita, non i tagli. Altrimenti fra tre mesi ci sarà un’altra manovra». Parla il presidente CdO.

Attualità 31_08_2011
bernhard scholz
«Qualunque siano i provvedimenti il criterio deve essere la crescita, non i tagli. Perché se non c’è crescita fra tre mesi ci troveremo un’altra manovra. Le Borse non chiedono anzitutto dei tagli, chiedono una crescita perché la crescita garantisce il rientro. E se non c’è crescita il rientro non ci sarà mai». Il presidente della Compagnia delle Opere, Bernard Scholz, ha le idee molto chiare. Non gli interessa discutere dei singoli provvedimenti della manovra economica straordinaria all’esame del Parlamento, ma l’obiettivo «deve essere chiaro sennò creiamo soltanto confusione, e l’obiettivo è la crescita». Per il resto «non bisogna escludere niente a priori, bisogna verificare le diverse proposte per vedere se aiutano o non aiutano la crescita».

Anche al Meeting di Rimini che si è svolto la scorsa settimana si è molto parlato di economia, di crescita, di soluzioni per uscire dalla crisi. E la Compagnia delle Opere è stata un po’ la “cabina di regia” degli incontri economici. Quale è un suo bilancio?
L’economia è sempre espressione di una certa cultura perché ognuno prende le sue decisioni in base a delle certezze - come diceva il titolo del Meeting -, a delle prospettive, a delle convinzioni. In base a questo investe soldi, energie, conoscenze. Come dicevo, noi siamo profondamente convinti che il vero problema sia la crescita, e la crescita dipende dalla società civile, e la società civile dipende dalla responsabilità che ognuno si assume. Noi abbiamo cercato di fare emergere questo attraverso incontri, attraverso la nostra presenza al Meeting, attraverso la mostra che abbiamo fatto vedere, attraverso le opere che abbiamo fatto incontrare.

Il Papa ha più volte detto che la crisi economica è figlia di una crisi morale.
Sono d’accordo. Lo scopo dell’economia è lo scambio di beni e servizi in modo tale che ognuno possa avere quello di cui ha bisogno per vivere. Per questo il profitto è uno strumento. Invece il profitto è diventato uno scopo. Il problema morale è un problema culturale e comunque è un problema educativo. Qui sta il punto di svolta di cui tutti abbiamo bisogno in questo momento, in cui si intravede anche una possibilità: perché la crisi ha reso palese questo dilemma, lo rende palese tutti i giorni, perché la modalità con cui le Borse affrontano l’economia reale è indicibile, non c’entra proprio più niente con i valori reali che si creano. E da questo punto di vista spero che sempre più persone diventino coscienti di questo problema.

Lei diceva che per crescere c’è bisogno di certezze, ma dal punto di vista economico su quale certezze si può costruire oggi?
La certezza che i talenti e le risorse che ti sono messe a disposizione ti sono date per costruire. Anche se le condizioni sono sfavorevoli noi dobbiamo avere la certezza che la vita è data per costruire e che le condizioni vanno affrontate per quello che sono. Io non posso farmi definire nelle mie certezze dalle condizioni nelle quali vivo. Qualsiasi difficoltà nella storia è stata superata con questa certezza. Quando questa certezza è venuta meno le culture sono cadute e non sono più state in grado di generare.

Tra i problemi strutturali alla base della crisi economica c’è la fortissima denatalità, un fenomeno che dura ormai da quaranta anni. Se questo è vero non sarà comunque così facile uscire dalla crisi.
A lungo termine o riprende la natalità o i paesi europei non ci saranno più. Ci saranno altri, ma noi non ci saremo più. Quindi è necessario fare tutto perché le famiglie possano essere aiutate e sostenute. Però in questo momento la leva vera è l’internazionalizzazione. Le aziende nostre devono lavorare con e all’estero. Questo potrebbe costituire tra l’altro una svolta epocale, nel senso che la collaborazione fra paesi europei, paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo diventa un aiuto per tutti. Quindi io sono contrario a qualsiasi chiusura rispetto ad altri mercati ma dobbiamo trovare forme di collaborazione reale con i mercati indiani, cinesi, sudamericani, dell’Europa dell’Est. Quindi è una situazione difficile per l’Europa che però può diventare per tutti un nuovo inizio.

Quando si parla di internazionalizzazione si pensa subito alla delocalizzazione, la ricerca di mano d'opera a basso costo in altri paesi.
Ma non è questo il punto. Tra l’altro chi è andato all’estero perché il costo del lavoro era inferiore sta già tornando indietro. Per due ragioni. La prima è che in quelle nazioni in cui si è andati si alza già il livello di vita e quindi anche lì prima o poi il costo del lavoro aumenta. La seconda è che chi ha fatto questo solo per una questione di riduzione di costi dimostra una propria debolezza nella capacità di sviluppo imprenditoriale, tale che non riesce comunque a portare avanti il suo progetto. Se tu vai in Cina solo perché il costo è inferiore ti fai male, se vai in Cina perché lì c’è un mercato, perché lì ci sono persone con le quali puoi sviluppare questo mercato allora è ragionevole. E l’esperienza della Compagnia delle Opere, con aziende e collaboratori che lavorano all’estero, lo dimostra. Non conosco all’interno della CdO una sola azienda che sia andata all’estero solo per risparmiare, per motivi di costo.

A proposito di CdO. Leggendo le cronache dei giornali si ha l’idea quasi di una piovra, una organizzazione che sfrutta i legami politici per guadagnare contratti economici. Lei cosa ne dice?
La CdO è una forma di collaborazione fra aziende e fra professionisti – perché abbiamo anche associazioni di insegnanti, di medici, di avvocati – che cercano di sostenere la singola persona nella responsabilità personale - nella sua responsabilità, senza sostituirlo mai - attraverso la formazione, attraverso servizi finanziari, attraverso servizi di internazionalizzazione, attraverso servizi per l’innovazione. Tutto quello che possiamo fare per sostenere la persona lo facciamo. Il fatto che ci siano dei pregiudizi nei nostri confronti è un fatto problematico, mi dispiace tantissimo ma mi consola il fatto che tutti quelli che ci conoscono dicono: “Se avessi saputo prima che siete questa realtà, avrei cominciato prima a lavorare con voi”.