Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Venerdì Santo a cura di Ermes Dovico
LA CAMPAGNA DELLA NUOVA BQ

#salviamolechiese, porzioni di "terra santa"

L’appello lanciato dalla Nuova BQ per salvare le chiese cattoliche da tutto ciò che di brutto, profano, addirittura blasfemo, le deturpa, è una delle azioni di maggior valore ‘teologico’ promosse negli ultimi anni. Come ha detto recentemente il Papa la messa è davvero la ripresentazione sacramentale del Calvario. E' vero allora che la messa è tutto per la nostra vita. E il luogo fisico in cui si celebra la messa è una porzione di ‘terra santa’ in ogni nostro quartiere o paese. Proteggere le chiese significa difendere e mettere di nuovo in piena luce la grandezza del mistero che in esse si realizza

Editoriali 08_12_2017

L’appello lanciato dalla Nuova BQ per salvare le chiese cattoliche da tutto ciò che di brutto, profano, addirittura blasfemo, le deturpa, è una delle azioni di maggior valore ‘teologico’ promosse negli ultimi anni. Detta così potrebbe apparire un’iperbole, ma non lo è. E mi spiego.

Pochi giorni fa, nella catechesi dell’udienza del mercoledì, il Papa ha ricordato che la messa cattolica è essenzialmente un’azione sacrificale, poiché è il memoriale dell’immolazione avvenuta duemila anni fa sul Calvario: dove la parola memoriale non significa ricordo, ma significa ripresentazione del medesimo atto in altra forma. Infatti, ciò che sul Calvario è avvenuto in modo cruento, nella masse avviene in modo incruento; ciò che sul Calvario è avvenuto nel corpo fisico del Signore Gesù, nella messa avviene nel suo corpo eucaristico, cioè mediante la transustanziazione del pane nella Carne del Signore e del vino nel Sangue del Signore, che sull’altare sono Carne immolata e Sangue versato. Ecco perché “andare alla messa è andare al Calvario” (Udienza del mercoledì 22 novembre 2017).

Questo è ciò che la Chiesa cattolica, e ogni suo ministero e ogni suo fedele, ha sempre creduto da duemila anni a questa parte. Purtroppo ripeterlo oggi non è scontato, visto che da decenni l’essenza sacrificale della messa è minimizzata, taciuta, non di rado esplicitamente negata, tanto negli ambienti accademici come nella comune catechesi parrocchiale.

Eppure non stiamo parlando di un elemento accessorio della nostra fede: in realtà stiamo parlando del mistero della redenzione, cioè di ciò che fa del cristianesimo ciò che esso è; ciò che fa del cristianesimo l’unica vera opera di Dio, ad una distanza abissale rispetto a tutte le filosofie o religioni o sistemi di pensiero e di vita, che sono opera dell’uomo. Infatti ‘ogni volta che il sacrificio della croce, col quale Cristo, nostro agnello pasquale, è stato immolato, viene celebrato sull’altare, si effettua l’opera della nostra redenzione’ (Conc. Vat. II, Lumen Gentium, 3). Redenti vuol dire – in due parole – che siamo stati liberati dall’incapacità di dire sì al bene e no al male, condizione nativa di ogni figlio di Adamo, e siamo stati resi capaci di vivere un vero rapporto di comunione con il nostro Creatore, che per questo è diventato per noi anche un Padre e un Amico; la conseguenza di tutto questo è che siamo anche eredi della felicità eterna del Paradiso, insieme a tutta la Compagnia degli amici di Dio.

Quindi se la messa è davvero la ripresentazione sacramentale del Calvario, e se sul Calvario il Figlio di Dio incarnato ci ha davvero redenti, allora è vero che la messa è TUTTO per la nostra vita di esseri umani e di figli di Dio. E dunque – e torniamo da dove siamo partiti – il luogo fisico in cui si celebra la messa è una porzione di ‘terra santa’ in ogni nostro quartiere o paese: l’edificio chiesa ‘ospita’ l’altare, dunque ‘ospita’ il Calvario; “Quando noi entriamo in chiesa per celebrare la messa pensiamo questo: entro nel Calvario, dove Gesù dà la sua vita per me … la messa è rifare il Calvario, non è uno spettacolo”  (Udienza del mercoledì 22 novembre 2017).

Dunque è evidente che un utilizzo che sminuisca o addirittura comprometta la santità e sacralità della chiesa e la sua esclusiva e decorosa dedicazione al culto divino non può che essere la manifestazione di una non più chiara, esplicita, fervente consapevolezza cattolica di ciò che è la messa e, di conseguenza, la redenzione del mondo che in essa si rinnova.

Facciamo subito due facili esempi delle gravissime conseguenze teologiche di questo duplice tragico oblio: del valore della messa e del valore della redenzione.

Se non si fosse tanto gravemente oscurato il senso della centralità della messa non si capirebbe la rivalutazione della figura di Lutero e perché si possa continuare a ripetere in ogni sede che con i protestanti ‘è più ciò che ci unisce che non ciò che ci divide’, quando ciò che ci divide è proprio una visione diametralmente opposta della redenzione operata da Cristo e di conseguenza l’irriducibile, blasfema ostilità di Lutero e dei suoi figli nei confronti del santo sacrificio della messa.

Allo stesso modo, non si può non vedere che l’oscuramento del genuino senso di cosa sia la redenzione ha portato ad una incredibile svalutazione nella potenza della grazia meritataci dal Sangue di Cristo, di rendere capace l’uomo redento di vivere una vita virtuosa, anche eroica. Inevitabile, quindi, che la Chiesa sempre più rinunci ad indicare all’uomo, che pure è stato guarito ed elevato dalla grazia, l’eroismo della santità come realmente possibile, e preferisca assecondare la sua debolezza …

Ecco dunque perché la battaglia per difendere la santità del luogo sacro ha anzitutto un altissimo valore teologico: proteggere le chiese significa difendere e mettere di nuovo in piena luce la grandezza del mistero che in esse si realizza; in questo modo a sua volta si riafferma la verità dell’opera salvifica compiuta dal Signore Gesù Cristo.