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IL CASO IN RAI

Rula e gli italiani stanchi delle litanie sull'integrazione

Il modello di donna di origine e cultura arabo-islamica promosso da una certa sinistra in Italia, con il velo o senza, sembra voltare lo sguardo di fronte alle immigrate vittime di violenza, alle bambine e alle giovani maghrebine che non vanno più a scuola. Riflessioni sul caso Rula a Sanremo. 

Cinema e tv 11_01_2020
Rula Jebreal

Le strumentalizzazioni provenienti dalla sinistra non finiscono mai e occupano tutto, ogni minimo spazio della vita pubblica e civile. Come lasciarsi sfuggire l'occasione di stravolgere anche il senso e la bellezza di Sanremo, lo storico Festival della Canzone italiana, per piegarlo alle logiche e agli obiettivi della mobilitazione permanente inscenata da PD e sardine varie? 

L'uso politico del palco del Teatro Ariston per denigrare il nemico di turno è una vecchia abitudine, fin dai tempi di Beppe Grillo, il compagno di ritorno, e di Roberto Benigni, il compagno di sempre. All'epoca, nel mirino dei comici di regime c'erano i "caimani" Craxi e Berlusconi.

In tempi più recenti, in un'Italia che ha perso anche la capacità di far ridere, i veri registi della manifestazione canora hanno ben pensato di privare l'evento della sua intrinseca leggerezza, per farne un'arma pesante direttamente al servizio della loro battaglia ideologica. È così che negli anni dell'effimero interregno Renzi-Boschi, l'ossessione per l'immigrazione e per i nuovi e vecchi italiani, si è impossessata del prima, del durante e del dopo Festival. 

Da Baglioni ad Amadeus a Rula Jebreal il passo è stato breve. In barba al richiamo effettuato dal Presidente della Repubblica nel tradizionale discorso di fine anno, ecco il nuovo corso giallorosso, sempre più rosso, far detonare sulla "coesione nazionale" l'ennesimo elemento di divisione. 

Di qui, le proteste, sacrosante, di telespettatori e internauti alla prospettiva di vedersi guastato l'appetito e la serata da una presenza volutamente provocatoria, a cui si sarebbe dovuta aggiungere persino una comparsata di Michelle Obama, giusto per distorcere ulteriormente i toni e le tonalità del Festival. 

Gli insulti sono certamente da condannare, ma va anche considerato il fatto che una fetta consistente degli italiani (molto probabilmente la maggioranza, se solo fosse consentito il ritorno al voto per dimostrarlo) non ne può davvero più delle litanie imposte senza tregua su tematiche quali cittadinanza, identità e integrazione. 

Basta con la mobilitazione permanente, insomma, fondata come di consuetudine sulla demonizzazione e sul dileggio dell'altro, a cui invece questo diritto viene interdetto, generando reazioni contrarie che possono sfociare in offese anche gravi. 

Il paese ha bisogno di dialogo, di maggiore serenità e ragionevolezza. E ha bisogno di affrontare i problemi concreti, chi ci governa non sembra interessato neppure a discutere.

Piuttosto, il modello di donna di origine e cultura arabo-islamica promosso da una certa sinistra in Italia, con il velo o senza, sembra voltare lo sguardo di fronte alle donne immigrate vittime di violenza, alle bambine e alle giovani maghrebine che non vanno più a scuola.

Ma Sanremo è Sanremo. È il Festival della Canzone italiana e non di Bella Ciao. Lo hanno rivendicato gli stessi italiani ed è un bene che la RAI abbia dato ascolto alla loro protesta.