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CASO TUGCE

Quando la stampa ha tanta voglia di dolce morte

C’è più eutanasia sulla carta stampata dei soliti quattro giornali più letti che nelle corsie di tutti gli ospedali del mondo. Ci riferiamo al caso della 23enne Tugce che, un paio di settimane fa, a Offenbach in Germania, è stata aggredita da un gruppo di teppisti ed è morta per i colpi ricevuti. Ma per i giornali, Tugce è morta per un atto di coraggio dei genitori... Falso.

Editoriali 01_12_2014
Tugce, la ragazza morta dopo un'aggessione

C’è più eutanasia sulla carta stampata dei soliti quattro giornali più letti che nelle corsie di tutti gli ospedali del mondo, compresi quelli dove tale pratica è ammessa. Ci riferiamo al caso della 23enne Tugce che, un paio di settimane fa in un McDonalds di Offenbach in Germania, prende le difese di due ragazzine tredicenni importunate pesantemente da alcuni ragazzi poco più grandi di loro. Questi, grazie all’intervento di Tugce, lasciano in pace le ragazzine ed escono dal locale. Tugce alla fine della serata esce anche lei, ma ad attenderla trova uno di loro, un certo Sanel di 18 anni, il quale le tira un pugno al volto. La giovane cade e batte la testa. Viene ricoverata e, come ci riferisce il quotidiano BIld, viene sottoposta ad intervento al cervello. I medici tentano di fermare l’emorragia cerebrale, ma dopo due settimane di ricovero Tugce muore. 

Questa la successione degli eventi che i nostri quotidiani rispettano, a parte un particolare piccolo piccolo che però fa la differenza. Tugce non sarebbe deceduta per morte naturale, ma per eutanasia. Ecco cosa riportano alcuni organi di stampa nostrani. Huffington Post del Gruppo Espresso: «Due settimane di coma. Di morte cerebrale». Chiariamo subito: se uno è in coma non è morto e viceversa. Lo svarione è voluto: chi è in coma per quelli dell’Espresso è come se fosse morto e quindi staccare la spina sarebbe un atto doveroso. Volete forse tenere in vita un cadavere? Ma proseguiamo sempre con l’Huffington: «Una morte cerebrale che non dava più speranze ai familiari». Ansa: «il padre e la madre hanno confermato la drammatica scelta di spegnere i macchinari che hanno tenuto artificialmente in vita la figlia - dichiarata cerebralmente morta due giorni fa». Corriere della Sera: «Oggi Tugce, nel giorno che i genitori hanno scelto per staccare la spina alla ragazza, è già un’icona del coraggio civile». La Stampa poi supera tutti in quanto ad ardore necrofilo e con un giorno di anticipo preannuncia la morte della ragazza per mano dei genitori: «Domani è il suo 23esimo compleanno, ma lei smetterà di respirare. Lo ha deciso il padre, dopo aver consultato miriadi di neurologi: staccherà le macchine». Voi cosa pensereste dopo aver letto queste righe? Che Tugce era viva ed è stata uccisa dai suoi genitori.

Le cose invece sono andate diversamente. A causa dell’emorragia cerebrale la ragazza è morta, i medici ne hanno certificato il decesso usando la corretta espressione “morte cerebrale” e dunque giustamente si sono staccati tutti quei macchinari a cui era collegata Tugce perché ormai inutili, non prima naturalmente di aver informato i genitori. Non è stata eutanasia anche perché tale pratica è vietata in Germania. Dopo un clamore mediatico così acceso sul caso e dopo aver strombazzato a quattro venti che Tugce è morta per volontà dei genitori, di certo ci sarebbe stato almeno un giudice che avrebbe voluto vederci chiaro su tutta questa faccenda. E invece nessuno è stato indagato perché non c’è nemmeno il fumus di un reato. Diciamo quindi che una buona fetta di giornalismo ha speculato sulla morte di questa giovane donna. E ha speculato con i soliti mezzucci furbi ed iniqui. Ad esempio, associare un gesto di grande coraggio, come quello che ha compiuto Tugce, alla pratica dell’eutanasia, ammanta quest’ultima di un giudizio positivo, quasi che la dolce morte sia il modo consono ai più valorosi per andarsene. 

C’è poi un altro parallelo implicito intessuto tra le righe dei giornali: come ci vuole coraggio per affrontare dei bruti – decisione assai virtuosa - così ci vuole coraggio per staccare la spina alla propria figlia – altra decisione assai virtuosa. Come Tugce ha vinto la paura in quel McDonalds, così la medesima paura è stata vinta dai suoi genitori quando hanno deciso di “lasciarla andare”. Infine, ecco un altro stratagemma comunicativo: l’eutanasia fa bene al moribondo e alla società. I genitori hanno, infatti, fatto sapere che doneranno alcuni organi della figlia. Anche in questo caso l’accostamento eutanasia-donazione organi porta acqua al mulino nero dei dolci mortisti. L’eutanasia diventa nella percezione collettiva uno strumento di beneficienza. A che servono cuore, fegato e polmoni a una ragazza in coma? Meglio darli a chi ne farà un uso migliore. 

Ma a Tugce potranno essere espiantati gli organi proprio perché già dichiarata morta. Qui di certo non si è fatto nessun calcolo di utilità. La giovane Tugce ha donato la propria vita per gli altri e invece ci sono alcuni che con l’eutanasia vogliono togliere la vita ad altri. Bel paradosso.

 

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