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IL CASO

«Papato disastroso» e «Sinodo tossico»: il lascito-denuncia di Pell

Nel suo ultimo articolo per The Spectator, il cardinale Pell definiva senza mezzi termini il documento del Sinodo «incubo tossico», «uno dei documenti più incoerenti emessi da Roma» che non pone posizioni definitive su «aborto, contraccezione, ordinazione delle donne al sacerdozio, atti omosessuali». Anche il suo giudizio sul papato, definito «una catastrofe», è drastico, come emerge dopo la rivelazione che dietro il memorandum fatto avere ai cardinali sotto lo pseudonimo di Demos si celava proprio il porporato 81enne morto a Roma mercoledì. 
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Ecclesia 13_01_2023

La morte di papa Benedetto XVI è stata un detonatore. Mons. Georg Gänswein è stato il primo a non poter più trattenere nel segreto la grande sofferenza e la contrarietà dell’allora Papa emerito di fronte alla scelta del suo successore di interrompere bruscamente quella “riforma della riforma” da lui fortemente voluta e che ha trovato nel Motu Proprio Summorum Pontificum la sua pietra miliare (vedi qui). Un atto, quello del 2007, che Benedetto XVI aveva fortemente voluto e messo in campo con la cognizione di causa di chi aveva ben presente quali fossero le linee di riforma tratteggiate dalla Costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium, le grandi sofferenze che accompagnarono le scomuniche del 1988 e la lunga, difficile, paziente opera di cucitura avviata da allora.

Poi è stato il turno del Cardinale Robert Sarah, che seppur con toni più pacati, ha rivelato al mondo il dolore di papa Benedetto di fronte ai tentativi di voler “allentare” la legge del celibato sacerdotale nella Chiesa latina. «Abbiamo collaborato da vicino per la pubblicazione della nostra riflessione sul celibato sacerdotale. Custodirò nel segreto del mio cuore questi giorni indimenticabili. Manterrò nella profondità della mia memoria la sua profonda sofferenza e le sue lacrime, ma anche la sua volontà tenace e integra di non cedere alla menzogna», ha confessato il cardinale nel suo omaggio a Benedetto XVI.

E’ stato poi il turno, l’ultimo per ora, del Cardinale George Pell, con un articolo scritto per il settimanale inglese The Spectator, poco prima della sua improvvisa morte, avvenuta il 10 gennaio scorso. Una bordata sul Documento di lavoro per la Tappa Continentale del Sinodo (ne avevamo parlato qui), che Pell definiva senza mezzi termini «incubo tossico», «uno dei documenti più incoerenti emessi da Roma», «potpourri, effusione di una benevolenza stile New Age». L’indirizzo del Sinodo sulla Sinodalità è un irenismo insipido, un dialogo a tutti i costi, «dove la distinzione tra credenti e non credenti viene respinta», dove si ritiene che «non si debbano stabilire o proporre posizioni definitive» su tutti i temi che potrebbero incontrare posizioni differenti: «aborto, contraccezione, ordinazione delle donne al sacerdozio, atti omosessuali», perfino «poligamia, divorzio e nuovo matrimonio».

Pell ha denunciato coraggiosamente l’ostilità del documento alla tradizione apostolica, il suo rifiuto di riconoscere il Nuovo Testamento come Parola di Dio, «normativa per ogni insegnamento della fede e nella morale». Anche l’Antico Testamento viene ignorato, «inclusi i dieci Comandamenti». E poi il totale misconoscimento dell’esercizio dell’autorità nella Chiesa, con i vescovi sostanzialmente esautorati e ridotti ad impiegati di posta: «I vescovi non stanno lì semplicemente per validare una corretta procedura e dare un “nihil obstat” a quanto hanno constatato». L’unica autorità riconosciuta nel documento è quella «dell’amore e del servizio», mentre si ritiene che «il modello piramidale dell’autorità debba essere distrutto». Il Sinodo è divenuto un affare da sbrigare tra la commissione organizzatrice ed il Papa, tra i testi prodotti dalla prima e l’approvazione del secondo, tagliando fuori la responsabilità dei vescovi e abusando così dell’autentica sinodalità.

Pell riportava anche le sensazioni suscitate dal documento tra gli ex-anglicani, i quali vi riconoscono, con immediatezza di giudizio, «la crescente confusione, l’attacco ai valori morali tradizionali e l’inserimento nel dialogo del lessico neo-marxista»: la presenza reiterata di termini come «esclusione, alienazione, identità, marginalizzazione, senza voce, LGBTQ» tradiscono la contaminazione marxista del testo, mentre sparisce dall’orizzonte il linguaggio proprio della fede. Un disastro, dunque, su tutta la linea, che spingeva il Cardinale australiano ad un accorato appello: «Questo documento di lavoro ha bisogno di cambiamenti radicali. I vescovi devono rendersi conto che c’è del lavoro da fare, nel nome di Dio, il prima possibile».

Damian Thompson, editore associato del settimanale inglese che ha pubblicato l’articolo di Pell, riconosce il grande atto di coraggio del Cardinale: «Non sapeva che sarebbe morto, mentre scriveva questo pezzo; era pronto ad affrontare l’ira di papa Francesco e degli organizzatori». Coraggio e lucidità di analisi. Che emergono anche da un altro documento, un memorandum che dall’inizio della Quaresima dello scorso anno girava tra le mani dei cardinali sotto lo pseudonimo “Demos” e del quale l’11 gennaio Sandro Magister ha rivelato la paternità del cardinale Pell.

Un testo preciso e durissimo, che considera l’attuale pontificato nientemeno che un «disastro» e una «catastrofe»; un pontificato che ha trasformato Roma in un centro propulsore di confusione anziché di verità. Nella Chiesa sta succedendo di tutto, dal Sinodo tedesco alle esternazioni eretiche del cardinale Hollerich: «E il papato tace», commentava “Demos”, dando voce a quello che tanti cristiani constatano con grande sofferenza. Un pontificato che ha rimosso «la centralità di Cristo», fino a risultare confuso persino «sull’importanza di un rigoroso monoteismo, alludendo a un certo concetto più ampio di divinità», del quale il famoso episodio della Pachamama, chiaramente idolatrica, è forse l’emblema.

E poi «il mancato rispetto della legge in Vaticano», con Francesco che si è servito del suo potere di «capo dello Stato vaticano e fonte di ogni autorità di legge […] per interferire nei procedimenti giudiziari», fino a cambiare «la legge quattro volte durante il processo per aiutare l’accusa». Ingiustizie, intercettazioni telefoniche, un clima di asfissiante controllo, la catastrofe economica, e la mutevolezza del Papa nei confronti delle riforme finanziarie. «Inizialmente il Santo Padre ha sostenuto con forza le riforme. Poi ha impedito la centralizzazione degli investimenti, si è opposto alle riforme e alla maggior parte dei tentativi di smascherare la corruzione e ha sostenuto (allora) l’arcivescovo Becciu, al centro dell’establishment finanziario vaticano. Poi, nel 2020, il papa si è rivoltato contro Becciu e alla fine dieci persone sono state messe a processo e accusate».

Ancora il crollo dell’influenza politica del Vaticano durante questi dieci anni, l’abbandono dei fedeli in Cina perseguitati, la persecuzione diretta dei tradizionalisti e dei monasteri contemplativi, e l’inarrestabile disaffezione dei fedeli nei confronti del Papa, testimoniato dal «forte calo del numero di pellegrini presenti alle udienze papali e alle messe», per un po’ coperto dalla crisi sanitaria, ma ora impietosamente evidente.

Per il prossimo conclave, Pell raccomandava la priorità del «ripristino della normalità, il ripristino della chiarezza dottrinale nella fede e nella morale, il ripristino del giusto rispetto del diritto e la garanzia che il primo criterio per la nomina dei vescovi sia l’accettazione della tradizione apostolica». E metteva in guardia dalla proliferazione dei sinodi, che drenano denaro che dovrebbe invece essere destinato all’evangelizzazione, oltre a mettere in pericolo l’unità della Chiesa. E poi la probabilità di uno scisma che arrivi «da destra» a causa delle continue «tensioni liturgiche». Una profezia?