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Messe senza prete, da Aosta a Rimini, ormai è un contagio

Dalle segnalazioni dei lettori emerge che i vescovi confondono l'impossibilità a celebrare con la difficoltà e concedono facilmente liturgie della Parola. C'è il parroco che non avvisa nemmeno per non trovarsi i fedeli su e giù per i monti alla ricerca di una messa. E quello che fa iniziare la "celebrazione" ai fedeli per poi arrivare al Vangelo. 
-IL DOSSIER DELLA BUSSOLA

Ecclesia 21_12_2018

Prima di tutto, una confessione: non pensavamo che le “messe senza prete” fossero già così diffuse anche nella nostra Italia. Il cancello è stato aperto e una parte dei buoi è già scappata.

Le segnalazioni giunte in redazione confermano, purtroppo, che ci troviamo di fronte ad un abuso della permissione prevista dal canone 1248 § 2, che parla di impossibilità di partecipare alla celebrazione eucaristica, e non di difficoltà o disagio. Ci è arrivata, per esempio, questa segnalazione di un lettore di Coriano (RN): “È già da qualche tempo che nella mia zona pastorale la domenica si celebra molto spesso la liturgia della Parola al posto della Messa (a turno nelle varie parrocchie e comunque senza preavviso)”. Già quel “senza preavviso” la dice lunga...; sul sito della diocesi di Rimini, risulta che a Coriano, nella Parrocchia S. Maria Assunta, vengono celebrate due Messe domenicali ed una prefestiva: dunque il problema riguarda alcune frazioni o altre chiese presenti nel territorio comunale. E se anche così non fosse, Riccione sarebbe raggiungibile in 15 minuti e San Marino in 25: impossibilità o disagio? “Il problema è che i preti dicono ai fedeli che la liturgia della parola vale come la Messa, ma non è così...la liturgia della parola non soddisfa al precetto domenicale”; in effetti, se la persona può partecipare alla S. Messa, anche se con incomodo, deve farlo. E’ solo l’impossibilità a giustificare altre modalità di santificare il giorno del Signore.

Un altro lettore di Milano lamenta di essersi trovato in una “messa senza prete” a Milano-Lambrate, zona Città-Studi. La nota dell’imprevedibilità sembra tutt’altro che casuale. Un lettore del Reggiano ci scrive: “Nei paesi del crinale appenninico succede sovente che molte parrocchie, ormai accorpate in unità pastorali, non abbiano più la messa domenicale e la Santa Messa viene sostituita da una semplice liturgia della Parola. A questo ci siamo ormai abituati. Ma quello a cui si fatica ad abituarsi è l’incomprensibile decisione di alcuni parroci di non comunicare in quale chiesa si svolgerà la messa domenicale per evitare che si assista a una trasmigrazione dei fedeli su e giù per i monti alla ricerca di una messa. Il fedele, in sostanza, la domenica mattina deve aspettare nella sua chiesa e non sa se quel giorno potrà assistere alla Messa o se invece avrà una liturgia della Parola. Trovo tutto questo davvero deprimente e non credo che basti comunicare che il precetto domenicale è assolto comunque”. Eh, no: non basta; sembra che si vogliano “costringere” i fedeli a preferire queste celebrazioni, piuttosto che la S. Messa. Ma non finisce qui.

Prosegue infatti il nostro lettore: “Un altro fatto incredibile che mi hanno raccontato alcuni amici è accaduto nei giorni scorsi in Pianura. Precisamente nel comune di Campagnola Emilia. Qui, il parroco è anche amministratore del vicino comune di Fabbrico. Ebbene: recentemente è accaduto che, a causa del protrarsi della Messa domenicale in quel di Fabbrico, i fedeli hanno incominciato la messa da soli, con i riti di introduzione e le letture. Poi, finalmente, arrivato il parroco, questi è salito sul presbiterio e ha proclamato il Vangelo e la Messa si è così svolta normalmente. Si fa per dire”. Altro che creatività liturgica!

Una lettrice ci manda una lettera piuttosto preoccupante, che fa veramente riflettere: “Nella nostra diocesi, quella di Lucca, sta accadendo la stessa cosa. Abbiamo... circa 2 parrocchie di media a parroco. Ma la cosa strana è che alcune parrocchie (centro città o parrocchie della zona mare: Viareggio, Forte dei Marmi, ecc.) hanno anche 2 o più sacerdoti a parrocchia; poi ci sono quelle scomode dove si manda, come da noi, un parroco per 8 parrocchie...”.

E questo è un primo problema. Si è scelto, chissà perché, di rincorrere le pecorelle che si ammassano nelle città e di far morire paesi e frazioni. La politica forse è quella di avere più sacerdoti dove ci sono più persone, d’accordo; ma così facendo si creano queste situazioni di evidente disparità, pronunciando praticamente una sentenza di morte sulle zone di montagna e di campagna. Anche gli ordini religiosi sembrano preferire la vita cittadina: saranno segni dei tempi. Fatto sta che anche in diocesi di Bologna non è raro vedere 3, 4 o anche 5 Messe nella stessa chiesa di città, spesso concelebrate, e poi intere valli che hanno a malapena una Celebrazione Eucaristica. Se si guarda alla diocesi di Lucca, si scopre che la media è di poco più di 1600 battezzati per sacerdote (dato del 2017); sarà pur vero che ci sono sacerdoti anziani, ma è altrettanto vero che non tutti i battezzati vanno a Messa... La diocesi di Rimini ha la stessa media, ma con il vantaggio di avere 213 per 115 parrocchie (dato 2015): quasi due sacerdoti per parrocchia. Forse si potrebbero riorganizzare meglio la distribuzione dei sacerdoti, senza cedere troppo all’appeal della città.

Ma siccome le disgrazie non arrivano mai da sole, la fedele della diocesi di Lucca si trova con un parroco che “non riesce tra sabato e domenica a celebrare 5 S. Messe. Allora cosa fa? Manda 2 donne a celebrare la liturgia della parola... Ai fedeli per niente contenti di questa imposizione, il parroco ha risposto: o così o nulla. [...] Con un pastore che nemmeno dorme in canonica ma ogni sera torna nella sua casa di proprietà a più di 20 km di distanza come possiamo sentirci accuditi?” E conclude: “Il nostro non è un caso isolato, ormai anche da noi la "politica aziendale" di questa diocesi preferisce la liturgia della parola alla celebrazione della S. Messa per lasciare ai sacerdoti tempo libero, come se questo fosse un lavoro e non una vocazione/missione per la vita. Abbiamo un'unica speranza: il Vescovo è dimissionario e speriamo che il Signore ci doni un nuovo pastore illuminato che faccia cambiare rotta a questa diocesi che ormai è una barca alla deriva”.

E ancora: ad Aosta, i sacerdoti hanno un giorno libero alla settimana. Non nel senso che si dedicano maggiormente alla preghiera, allo studio, ma nel senso che in quel giorno non celebrano la Messa. Nel bollettino settimanale della parrocchia di Valpelline, dove sono indicati gli orari e le chiese in cui si celebrano le Messe della settimana, di venerdì non è prevista la Celebrazione eucaristica, sostituita dalle preghiere della sera. Ragione? E’ il giorno libero del parroco. Ma abbiamo scoperto che la stessa cosa vale per altri sacerdoti della Vallée...

Sembra proprio che di segni che la Chiesa italiana sia afflitta da un grave morbo ce ne siano già abbastanza: la priorità della comunità sulla Messa, l’accettazione pratica del fatto che la Messa non valga un po’ di incomodo, i sacerdoti part-time, i seminari vuoti. E di fronte a questo spettacolo deprimente, la preoccupazione maggiore dei nostri Vescovi continua ad essere quella dei migranti...