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Mercatini blindati e presepi stravolti: un Natale da segregati

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In Germania i tradizionali mercatini sono blindati dalle forze dell'ordine, per difendersi da eventuali attacchi terroristici; in altre parti d'Europa, come in Italia, il presepe viene stravolto o cancellato. L'insolito Natale dei cristiani, da segregati in casa. 

Editoriali 17_12_2025

In Europa, come ogni anno, sono stati aperti i tradizionali mercatini di Natale. I più famosi attirano folle di curiosi e sono quelli per i quali ogni anno si adottano controlli e misure di sicurezza sempre più serrati per evitare che si verifichino attacchi jihadisti. In Baviera, nel distretto di Dingolfing-Landau, ne è appena stato sventato uno. Sono state arrestate cinque persone, un egiziano, tre marocchini e un siriano. La loro intenzione era di lanciare contro la folla un’auto, come è stato fatto in passato, ad esempio lo scorso anno a Magdeburgo e, prima, nel 2016, a Berlino, alla Gedächtniskirche.

In Germania a Colonia, Francoforte, Norimberga, Lipsia e in altri grandi centri i mercatini sono pattugliati da polizia e guardie private e sono in funzione sistemi di videosorveglianza. Dove, per impedire l’accesso alle auto, si installano blocchi di cemento, transenne e barriere spartitraffico la preoccupazione è palpabile. Forse in futuro in Europa sarà necessario proteggere allo stesso modo anche le chiese, la domenica e durante le principali festività, prendendo esempio da chi lo ha già fatto. In Pakistan e nel nord est della Nigeria, quando gli attentati jihadisti erano più frequenti, si circondavano i sagrati delle chiese con blocchi di cemento perché i terroristi suicidi arrivavano in motocicletta e in macchina e si facevano esplodere. Per intercettare quelli a piedi, che indossano cinture e giubbotti esplosivi, oltre a presidiare gli ingressi si perquisivano tutti i fedeli.

Nel nord della Nigeria, in Pakistan, nello Sri Lanka e in altri paesi africani e asiatici i cristiani sono in minoranza, perseguitati, vulnerabili. Nell’Europa cristiana sentirsi vulnerabili, esposti alla violenza, per i cristiani è una esperienza recente. Coincide, non a caso, con una crescente incertezza sulla propria identità e, peggio ancora, con una ampiamente condivisa avversione per la propria identità, per le proprie tradizioni. Il filosofo Roger Scruton ammoniva che se una civiltà si sente a disagio con la propria identità culturale è soggetta a quella che lui chiamava oicofobia: il rigetto e il disprezzo del proprio patrimonio culturale e identitario, la tendenza a dubitare del valore delle proprie radici religiose e culturali, a diffidare della propria eredità e a disfarsene.

Il risultato sono una identità individuale e collettiva indebolite. Per questo in Europa si verifica da tempo un fenomeno insolito, anzi unico nel suo genere. A Natale i simboli, le cerimonie, i riti della tradizione cristiana vengono abbandonati, sostituiti con altri che fino a non molto tempo fa erano complementari della festa incentrata sulla nascita di Gesù. Babbo Natale porta i doni, non più Gesù Bambino. Si fa l’Albero di Natale, non più il Presepio. Ogni anno si ha notizia di insegnanti che eliminano dai canti natalizi Gesù e ogni riferimento alla religione cristiana, di scuole e amministrazioni comunali che decidono di non fare più il Presepio e che scelgono decorazioni genericamente festose. Ditte, istituzioni, privati cittadini augurano – a voce, per iscritto – Buone Feste, non Buon Natale.

Dove si conserva il Presepio, succede che sia snaturato, strumentalizzato, vandalizzato. A Bruxelles, nella Gran Place, quest’anno è stato allestito quello dell’artista Victoria-Maria Geyer nel quale i personaggi sono senza un volto definito e nella culla c’era da subito Gesù Bambino che invece dovrebbe esservi deposto nella notte del 24 dicembre. Forse è per questo che qualcuno l’ha subito rubato. 

La giustificazione è il rispetto dovuto a chi non è cristiano, l’attenzione a non urtarne la sensibilità, l’impegno di inclusione per far partecipare tutti e farli sentire accolti, non tollerati ed esclusi. Spesso a questo si obietta che in Italia finché la maggior parte dei non cristiani erano cittadini ebrei e immigrati cinesi non si era posto il problema. È per riguardo ai musulmani, ormai circa due milioni in Italia e più di 40 milioni in Europa, che si è incominciato a trasformare il Natale in Festa d’inverno.

Ma invocare il rispetto di chi non è cristiano è quasi sempre, se non sempre, in realtà un pretesto. Si stravolge e si nega il Natale in odium fidei, anche in Italia, anche in Europa come altrove nel mondo. A farlo – questo è il fenomeno unico – non sono fedeli di altre religioni, ma persone, quasi tutte, che sono state battezzate, cristiane almeno di nascita, e che, oltre a rigettare il loro patrimonio culturale e le loro radici religiose, cosa di per sé legittima, pretendono che anche gli altri ne facciano a meno e glielo impongono. Quasi sempre si tratta delle stesse persone che si battono invece perché i fedeli di altre religioni possano, in Italia e in Europa, conservare le rispettive tradizioni religiose, disporre di luoghi di culto e celebrare le loro feste.

Nel resto del mondo intanto comunità cristiane anche minuscole celebrano per quel che è loro consentito la nascita di Gesù, rinnovano la loro professione di fede, felici quando possono farlo liberamente, riconoscenti quando le autorità civili e religiose dei paesi in cui vivono manifestano rispetto inviando ufficialmente gli auguri e presenziando ai loro eventi, come succede in tanti paesi.