Mamdani, il primo sindaco islamico di New York a 24 anni dall'11 settembre
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Come era ampiamente prevedibile, Mamdani è stato eletto sindaco di New York. È il primo socialista e il primo islamico alla guida della Grande Mela. Democratici e Repubblicani si interrogano come sia stato possibile.
Alla fine, come era ampiamente prevedibile, nelle elezioni per il sindaco di New York ha vinto Zohran Mamdani. Gli ultimi sondaggi non davano alcuna speranza di rimonta a Andrew Cuomo, anch’egli Democratico ma candidato come indipendente contro il vincitore delle primarie. E così è avvenuto il sorpasso dell’estrema sinistra sulla sinistra moderata, di establishment, nonostante il sostegno dell’ultimo minuto dato a Cuomo da parte del suo nemico, il presidente Donald Trump, un ultimo disperato tentativo di fare fronte comune contro un candidato sindaco estremista, socialista e musulmano, alla testa della città che 24 anni fa subì l’attacco dell’11 settembre.
Con il 90% dei voti scrutinati, Mamdani ha preso poco più del 50% dei voti, Cuomo il 41% e il candidato repubblicato Curtis Sliwa (il fondatore dei celebri Guardian Angels) appena il 7% e dimostra che i Repubblicani non hanno votato per il loro candidato se non in minima parte.
Come è stato possibile? Secondo un sondaggio del Daily Mail alquanto dettagliato, Mamdani ha vinto grazie alla sua promessa di dare ai newyorkesi tutti i servizi essenziali gratuitamente, proprio come fa Giuseppe Conte in Italia. Il caro vita è la maggior preoccupazione per i newyorkesi, di tutte le età, ma soprattutto i più giovani alle prese con l’affitto o l’acquisto della casa. Alla domanda se con Mamdani sindaco si verificherà un calo del costo delle case, il 39% degli intervistati ha risposto di sì, il 32% di no e il 19% pensa che non vi sarebbero grandi cambiamenti. Ma se si guarda alle fasce d’età dei rispondenti dai 30 ai 39 anni, la percentuale dei sì cresce addirittura al 59%. È l’età in cui si cerca casa.
Non solo Mamdani promette un “equo canone” tramite il blocco degli aumenti degli affitti, ma promette anche trasporti pubblici, asili infantili gratis per tutti i cittadini, oltre ad un aumento del salario minimo a 30 dollari all’ora. E chi paga? Bella domanda. Secondo il nuovo sindaco, pagano i ricchi, cioè i cittadini che dichiarano un reddito pari o superiore a un milione di dollari. Sul loro reddito, il sindaco promette un aumento delle tasse. E anche sull’utile delle imprese. E se i ricchi scappano in Stati con meno tasse? Mamdani in campagna elettorale prometteva “non se ne andranno”, ma non ha spiegato perché. Per il 43% dei newyorkesi l’economia della città subirà un peggioramento, anche con un aumento della disoccupazione. Almeno in parte, sono gli stessi rispondenti che poi lo votano ugualmente, per avere la casa economica o i mezzi gratuiti, a spese di una crisi economica cittadina.
Sempre secondo lo stesso sondaggio commissionato dal Daily Mail, anche gli stessi newyorkesi che hanno votato per il nuovo sindaco si aspettano un peggioramento della sicurezza nella loro città. Per il 47% degli intervistati i livelli di criminalità e violenza in città aumenteranno contro un 32% che prevede una maggior sicurezza con il nuovo sindaco (che si faceva portavoce anche del movimento per togliere i fondi alla polizia). Inoltre, il 39% dei newyorkesi ritiene che il rischio terrorismo, con Mamdani aumenterà, solo il 18% pensa che diminuirà.
Un atteggiamento da “lo voto anche se so che fa male”, un voto ideologico, che si riflette anche nel cambiamento culturale, quasi antropologico, del Partito Democratico e della sinistra americana nel suo complesso. Secondo l’inchiesta di Olivia Reingold su The Free Press, l’ascesa di Mamdani ha trasformato una frangia estremista, i Socialisti Democratici d’America (Dsa) nel gruppo dominante. E «Per loro – scrive la Reingold – Katy Hochul (governatrice dello Stato di New York, ndr), il leader della minoranza al Senato Chuck Schumer, il leader della minoranza alla Camera Hakeem Jeffries e gli altri dirigenti sono simboli di un partito che ha perso il contatto con la classe operaia e che merita di essere spazzato via».
Mamdani, nelle elezioni primarie, aveva dovuto incoraggiare i suoi sostenitori a registrarsi come Democratici, poiché molti di loro detestavano il partito. Ora è l’ex presidente Barack Obama, che gli telefona e si offre nella veste di “cassa di risonanza” nazionale.
Ma Mamdani è davvero così socialista? Benché negli ultimi mesi di campagna elettorale abbia moderato i toni, il suo gruppo, i Socialisti Democratici d’America, movimento nato nel 1982, è praticamente socialista rivoluzionario. Vive l’elezione di Mamdani come primo passo per cambiare l’America dalle fondamenta. Non solo si propone di abolire i confini e abbattere le prigioni, ma mantiene come obiettivo finale l’abbattimento del capitalismo, quello che chiama “ordine barbarico”. Lo scopo dei Socialisti Democratici d’America, secondo i suoi stessi documenti scrutinati da The Free Press, è «unire i lavoratori per vincere la battaglia per la democrazia e realizzare il socialismo, non cercare una coalizione di governo con un male minore percepito nell'attuale sistema politico antidemocratico».
E Mamdani, che è musulmano, è davvero così vicino all’islam politico? Sì, come abbiamo visto su queste colonne, ha tenuto uno dei suoi più importanti comizi elettorali nella moschea radicale di Brooklyn, quella dell'imam radicale Siraj Wahhaj, in odore di collaborazione con Al Qaeda e con idee molto estreme sulla rivolta islamica. È vicino all'islam politico anche secondo Sadanand Dhume (ricercatore dell'American Enterprise Institute ed editorialista del Wall Street Journal) che, dopo aver smentito le teorie cospirative di destra meno credibili, mette in fila tutti gli elementi che definiscono il nuovo sindaco: «Il padre del signor Mamdani, Mahmood, è un professore di scienze politiche alla Columbia University che ha scritto del suo desiderio di de-stigmatizzare gli attentati suicidi. La madre del candidato, la regista Mira Nair , avrebbe cercato di far ritirare l'invito a Gal Gadot dagli Oscar perché l'attrice ha "apertamente e ripetutamente espresso il suo sostegno alle azioni militari di Israele"». Quanto allo stesso Zohran Mamdani: «a vent'anni sembrava più preoccupato per i diritti civili di personaggi come l'attentatore della maratona di Boston Dzhokhar Tsarnaev e il leader di al-Qaeda nato negli Stati Uniti Anwar al-Awlaki che per le sofferenze delle loro vittime». Inoltre, «Una delle sue canzoni, durante la sua breve carriera rap, elogiava gli Holy Land Five, uomini condannati da un tribunale statunitense per aver fornito sostegno materiale al terrorismo finanziando Hamas. La risposta immediata del signor Mamdani all'attacco terroristico del 7 ottobre 2023 non ha menzionato Hamas, accusando invece Israele di "occupazione" e "apartheid"».
A nulla è servito il tentativo di Trump di fare muro, scaricando il candidato repubblicano Curtis Sliwa (che tanto non aveva alcuna speranza) e dando il suo sostegno a Andrew Cuomo, lasciando da parte tutte le polemiche fra lui e il presidente durante il suo primo mandato. «Che Andrew Cuomo vi piaccia o meno, non avete scelta. Dovete votarlo e sperare che faccia un lavoro fantastico. Lui ne è capace, Mamdani no!», aveva scritto il presidente sulla sua piattaforma social, Truth. In un’intervista pre-elettorale alla trasmissione 60 Minutes della Cbs, Trump ha dichiarato di non voler «buttare via buoni soldi dietro a cattivi investimenti» in una città guidata da un comunista. Quindi: niente più fondi federali a New York, se non per il “minimo indispensabile”. Donald Trump su Truth si era rivolto anche alla più grande comunità ebraica d’America, con la sua consueta brutalità: «Qualsiasi ebreo voti per Zohran Mamdani, un dichiarato e comprovato ODIATORE DEGLI EBREI (maiuscolo nell’originale, ndr), è una persona stupida!!!». Forse anche questi atteggiamenti presidenziali non hanno fatto bene alla causa di Cuomo.

