La Cina non si tocca, in Vaticano congiura del silenzio su Jimmy Lai
Ignorata totalmente dai media vaticani e dalla Santa Sede la notizia della condanna dell'editore cattolico di Hong Kong Jimmy Lai. È un altro frutto perverso dell'accordo segreto Cina-Vaticano: in nome della ragion politica si abbandonano i cattolici nelle mani dei loro persecutori.
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Per tutta la giornata di ieri sono proseguite le dichiarazioni di condanna contro le autorità cinesi e di Hong Kong per il verdetto di colpevolezza per cospirazione e sedizione nei confronti di Jimmy Lai, imprenditore ed editore assurto a simbolo della battaglia di Hong Kong per la libertà e la democrazia. Anche l’Unione Europea, con una nota del Servizio europeo per l’azione Esterna, ha parlato di «processo politico» e di «erosione della democrazia e delle libertà fondamentali a Hong Kong dall’entrata in vigore della Legge sulla Sicurezza nazionale nel 2020»; e ha chiesto «il rilascio immediato e incondizionato di Jimmy Lai». Sulla stessa lunghezza d’onda anche il senatore italiano di Fratelli d’Italia Giulio Terzi , secondo il quale «con le accuse pretestuose di sedizione e collusione con forze straniere, i giudici hanno privato della libertà un cittadino britannico e distrutto la reputazione di Hong Kong come spazio di libertà di espressione, di stampa, di religione, di impresa». Altri duri comunicati anche da organizzazioni umanitarie come The Committee for Freedom in Hong Kong Foundation, Human Rights Watch, Amnesty International e Reporters sans Frontières.
Ma c’è un dettaglio che in tutto questo coro internazionale di proteste sfugge: è vero, Jimmy Lai è un simbolo della battaglia per la libertà e la democrazia a Hong Kong, ma è soprattutto un cattolico che dal momento della sua conversione – è stato battezzato nel 1997 dal cardinale Joseph Zen, arcivescovo emerito di Hong Kong – ha vissuto in modo nuovo sia la sua professione di editore sia la sua battaglia civile, fino ad accettare il carcere per vivere fino in fondo la sua testimonianza alla Verità.
Ricordavamo nell’articolo che gli abbiamo dedicato in occasione del conferimento del premio “Fatti per la Verità”, consegnato a suo figli Sebastien nel corso della Giornata della Bussola dello scorso 25 ottobre, come nel 2020 avesse rinunciato a lasciare Hong Kong andando orgogliosamente incontro al suo destino: «Se me ne andassi, io rinuncerei non solo al mio destino, rinuncerei a Dio, rinuncerei alla mia religione, rinuncerei a ciò in cui credo», disse allora. E la sua vicenda è anche il simbolo del dramma che stanno vivendo i cattolici di Hong Kong, sempre più stretti nella morsa soffocante di Pechino e della sua Chiesa cattolica patriottica.
Proprio questo rende ancora più doloroso e stridente il silenzio che la Santa Sede ha fatto calare attorno alla sua storia. Non solo in questi anni non una sola volta si è levata la voce da Piazza San Pietro per ricordare la sua prigionia da testimone della Verità e per chiederne la liberazione, ma è calata la censura totale su tutti i media vaticani. Per la Santa Sede Jimmy Lai semplicemente non esiste.
Come in questi giorni: i media di tutto il mondo parlano del processo farsa e della condanna subita da Jimmy Lai, esclusi i media vaticani. Ieri né Vatican News né l’Osservatore Romano hanno dedicato una sola riga alla sentenza del tribunale di Hong Kong. Un’assenza resa ancora più eclatante dall’enorme spazio dedicato all’attentato di Sidney e al cordoglio del Papa per la comunità ebraica vittima del terrorismo; Papa che ancora ieri pomeriggio, nel discorso ai donatori dell’albero di Natale e del presepe in piazza San Pietro, ha rivolto un appello per mettere fine alle violenze antisemite. Ma non una parola o un cenno alla condanna di un cattolico a Hong Kong, simbolo della repressione subita da tanti cattolici nella stessa Hong Kong e in Cina. Sulla home page di Vatican News si parlava di tutto, delle migrazioni in Sud Africa, delle scuole per i bambini di Tegucigalpa, della rivoluzione non violenta di Martin Luther King, ma neanche una riga per Hong Kong e Jimmy Lai.
Una vergogna che è uno degli effetti perversi dell’accordo segreto tra Santa Sede e regime di Pechino firmato nel 2018 e rinnovato di due anni in due anni fino all’ottobre 2024 quando è stato prorogato di altri quattro anni. La Segreteria di Stato vaticana ha sempre strenuamente difeso questo accordo in nome di un presunto bene della Chiesa in Cina, per risolvere anzitutto il problema della nomina dei vescovi. Ma anche come hanno dimostrato i casi più recenti (vedi qui e qui) in tutti questi anni ha funzionato che Pechino decide e il Vaticano esegue. Intanto la Santa Sede, per non fare irritare Pechino, chiude gli occhi sull’aumento della persecuzione dei cattolici in Cina e abbandona a se stessa la Chiesa di Hong Kong, anzi: ne sta favorendo la trasformazione in Chiesa patriottica anche se Hong Kong formalmente non è sotto la giurisdizione della Conferenza Episcopale cinese. Nessuna sorpresa dunque che mantenga il silenzio davanti alla prova di un cattolico che sta pagando con la vita la sua fede.
Peraltro, quella vaticana è una congiura del silenzio che arriva lontano: anche l’edizione online del Sunday Examiner, giornale della diocesi di Hong Kong, ha semplicemente ignorato la notizia della condanna di Jimmy Lai; mentre UcaNews, l’agenzia delle Conferenze episcopali asiatiche, ne ha dato notizia in modo asettico, una notizia tra le altre evitando peraltro di far sapere che è cattolico.
Per il Vaticano dunque Jimmy Lai semplicemente non esiste. Certamente qualcuno penserà benevolmente che la diplomazia vaticana si stia muovendo dietro le quinte, in modo discreto: se così fosse bisognerebbe allora parlare di un drammatico fallimento della diplomazia visto che in questi anni non c’è stato alcun risultato positivo: la situazione dei cattolici è peggiorata, Jimmy Lai continua a marcire nel carcere di Hong Kong, e non dimentichiamo che anche il cardinale Zen è in libertà vigilata.
La verità è che la linea diplomatica della segreteria di Stato vaticana, sotto la guida del cardinale Pietro Parolin, nei confronti dei regimi che perseguitano i cristiani consiste nel sacrificare oggi i singoli cattolici in nome di un presunto bene futuro della Chiesa. Una visione inaccettabile dal punto di vista morale e terribilmente inefficace dal punto di vista diplomatico.
Da cattolici bisogna tristemente riconoscere che se mai il regime cinese dovesse decidere di rilasciare Jimmy Lai, magari mandandolo in esilio, non sarebbe certo per la diplomazia vaticana ma per l’azione del presidente americano Donald Trump che ne ha già chiesto la liberazione direttamente al presidente cinese Xi Jinping e che ha dimostrato – da ultimo in Bielorussia – la capacità di usare argomenti per ottenere la liberazione di dissidenti e ostaggi.


