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IL CASO TAFFO

L'ultima frontiera del marketing: ridicolizzare la morte

L'ultima trovata dell'agenzia funeraria Taffo, già nota per le sue pubblicità irriverenti: una canzone per l'estate, "Magari muori". Ovviamente grande successo sui social, ma si tratta di una modalità che offende chi vive un lutto. E irrita quanti svolgono lo stesso lavoro.

Attualità 13_06_2019

Immaginiamo l’Istituto Oncologico Romagnolo che, come slogan pubblicitario proponesse l’oroscopo del giorno: “Cancro: vi meritate una bella vacanza in riviera”. Che ne pensereste? Forse un filo di cattivo gusto?

Eppure, sono tanti quelli che, quando vengono raggiunti dalle reclame dell’agenzia di pompe funebri Taffo, esclamano: ”Geniali!”. Da diversi anni compaiono sui cartelloni stradali, o sui social le loro vignette impregnate di humor macabro: “Vi aspettiamo alle urne”, con una sfilza di vasi cinerari; oppure “Regalo monolocale seminterrato” con una bara ornata da un fiocco rosso; o, ancora, un marchio di eccellenza a forma di teschio con la scritta “R.i.p. advisor”. E via di seguito. Battutine da sacrestia che però scioccano e divertono solo in quanto provengono proprio dagli addetti ai lavori.

L’ultima trovata del giovane pubblicitario di Taffo, Riccardo Pirrone, classe 1982, è una canzone intitolata “Magari muori”, basata su estivi ritmi reggaeton; anzi, “reggatomb” come fanno notare dall’agenzia, con i soliti giochetti di parole.
La foto di copertina raffigura una bella bionda in piscina distesa su un materassino rosa a forma di bara: “E goditi la vita che poi magari muori, e vivi al massimo da qui fino ai crisantemi, non rimandare più che poi magari muori, baciami e stammi addosso, che domani sei in un fosso, oh oh oh oh oh oh oh oh …”.

La trovata ha raccolto il divertito entusiasmo dei media (tanti click) e praticamente nessuno ha voluto fare la parte del “bacchettone” criticando l’iniziativa.
Tuttavia, appare un po’ paradossale che in un’epoca dove ci si preoccupa - fino a livelli paranoici - di non turbare la sensibilità di chicchessia, nessuno abbia pensato a quanto questo tipo di marketing possa offendere chi ha appena subìto un lutto. Strano che la sensibile deputata Pd Alessandra Moretti non si sia pronunciata in merito: eppure ha da poco proposto di dotare i cimiteri di eleganti tendine a scorrimento automatico per coprire i crocifissi in rispetto ai defunti atei o di altre religioni.

Come sempre avviene in questi casi, anche gli autori di “Magari muori”, Pirrone e la cantante Romina Falconi, hanno messo subito le mani avanti: “Scherzare sulla morte è il modo per non averne paura”; “La canzone in realtà, è un inno alla vita affinché si arrivi in fondo ad essa senza rimpianti”, e via con banalità del genere.

Il meccanismo è sempre lo stesso: qualcuno in cerca di visibilità offende platealmente la religione, il senso del pudore, il senso patrio, o i morti come in questo caso, e allo stesso tempo dice che, in realtà, si tratta di una provocazione, perché invece il senso della “denuncia” vuole proprio ricordare che bla bla bla…

Strategia perfetta: sollevo scandalo - faccio parlare di me - acquisisco pubblicità gratuita – ergo, guadagno quattrini. Sì, perché alla fine di tutto, il senso è quello di fare denaro. Pecunia non olet e il fine giustifica i mezzi. Il cliché si ripete ovunque: nel mondo dell’arte, della letteratura, della politica, del giornalismo…
Sembrava si fosse già dissacrato tutto, ma mancava un tassello. Ci ha pensato Taffo a svendere la dignità di un mestiere antichissimo, a mettere in burletta la morte, a bullizzare un’infinità di persone che hanno perso madri, padri, figli, parenti.

“La civiltà nasce con la sepoltura dei corpi  - spiega l’archeologo Carlo Di Clemente –, da sempre la morte è stata vista con reverenziale rispetto, tanto che le salme, per decine di migliaia di anni, sono state acconciate nel modo più dignitoso e adornate con corredi,  gioielli, attributi sociali o simboli sacri. Così, chi si occupava della sepoltura è sempre stato visto con rispetto, anche se a volte evitato. Nell’antica Roma, ad esempio, i “fossores”, i becchini, erano figure istituzionalizzate perché svolgevano un compito fondamentale che nessuno voleva fare. Spesso, nella storia questo mestiere è stato irriso poiché, per metonimia, si voleva esorcizzare la morte stessa. Ma l’irrisione proveniva, appunto, sempre dall’esterno. Un certo amaro sarcasmo è presente nel dialogo fra i becchini nell’Amleto, che suscita riflessioni sulla caducità della vita. Mai fino ad oggi è provenuta dagli stessi professionisti del settore una forma di ironia sulla propria funzione a fini di propaganda commerciale”.

Ci troviamo, dunque di fronte a un’altra “tappa evolutiva” di un progresso che, in nome del dio denaro, non ha più rispetto per niente.
Ma la cosa più sgradevole di tutte, che aggiunge cattivo gusto su cattivo gusto è la vena politica della campagna marketing di Taffo completamente schiacciata sulla più trita moraletta politicamente corretta. Arriva così la vignetta con tanti teschi uguali “Bianco, nero, gay, etero, italiano, immigrato e poi il teschio di una scimmia con la didascalia “Partecipante al congresso delle Famiglie”. 

Ve ne sono tante altre che sposano le campagne più “facili” pro-immigrati, pro-famiglie gay, pro-vaccini, pro-femminismo, pro-Saviano e così via, secondo tutti gli articoli del catechismo del perfetto benpensante radical chic. Il sospetto è che l’agenzia miri a conquistare una fetta di mercato ben precisa, politicamente orientata. Evidentemente la strategia paga, dato che prosegue in crescendo da vari anni.

Abbiamo intervistato Alessandro Bosi, segretario della più antica delle associazioni di categoria italiana, la Federazione Nazionale Imprese Funebri: “Taffo non è nostro socio e quindi può fare quello che vuole, tuttavia molti imprenditori funebri non sono contenti di questa campagna, sia per lo humor macabro, sia per le uscite a carattere politico. Viene considerata uno svilimento della nostra professione che impone assoluto rispetto per i defunti e per il dolore delle loro famiglie. Se è giusto, da un lato, parlare senza tabù della nostra professione, che costituisce un importante settore imprenditoriale, vi sono dei limiti etici da non varcare. Non a caso i nostri soci firmano un codice comportamentale in cui si impegnano a conservare stile e discrezione anche nel settore del marketing. Ad esempio, è proibito persino fare reclame negli ospedali, o all’ingresso dei cimiteri, per ovvi motivi.  Se la campagna di Taffo viene presa a ridere dalla maggioranza della popolazione, che si approccia in modo superficiale al tema non essendo (per sua fortuna) direttamente coinvolta, questo non avviene per chi si trova a contatto con un evento luttuoso”.

Come al solito sono i più deboli quelli ad essere macinati dalla logica del denaro: chi ha perso un genitore o un figlio, non ha certo voglia di mettersi a polemizzare con Taffo. E subisce in silenzio.