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LA RIFLESSIONE

Lo strano legame tra Malthus e il Coronavirus

Non pochi, parlando dell’epidemia in corso, dicono questa frase: «Siamo troppi, su questa terra». Com’è possibile che il virus si sia unito nella testa delle persone con il malthusianesimo? Il legame logico non c’è, ma si è diffuso quel fenomeno che gli psicologi chiamano “inferenza”. E che qui è frutto di un martellamento che dura da decenni.

Editoriali 23_03_2020

Mi è accaduto nei primi giorni della diffusione del Coronavirus. Camminando per il paese mi sono fermato a parlare con diverse persone e… ho dovuto rendermi conto di un fenomeno che mi ha stupito moltissimo. Una dopo l’altra, quasi tutte le persone incontrate, parlando di questa epidemia, a un certo punto tirava fuori questa affermazione: «Siamo troppi, su questa terra».

Le prime volte restavo basito: il massimo della mia reazione era un sorriso ebete. Che c’entra il Coronavirus con la presunta sovrappopolazione? Poi non ce l’ho fatta più, e ho cominciato a rispondere qualcosa del tipo: «Se tutti quelli che pensano che siamo troppi su questa terra dessero il buon esempio togliendosi di mezzo, in un modo o nell’altro il problema finirebbe». La maggior parte non ha capito la frase complessa; chi l’ha capita si è offeso terribilmente.

Al di là delle mie difficoltà relazionali, la domanda mi è rimasta in testa: come cavolo si sono uniti, nella testa delle persone, questo virus con il malthusianesimo? Questa unione, oltretutto, dev’essere ben radicata perché, quando si è diffusa l’affermazione «I medici decideranno chi sopravvive» (in riferimento al documento della SIAARTI), la reazione è stata poca o nulla.

Ora: capisco che in Italia (e non solo) si sta diffondendo il paganesimo; e i pagani sono convinti che dei (cioè demoni) crudeli stiano punendo l’umanità per i suoi comportamenti anti-ecologici. Mi riferisco agli adoratori di Gea/Gaia, la madre terra (Pachamama, per gli amici). Come Leonardo Boff, ex prete ed ex teologo della liberazione che ha recentemente dichiarato: «Ritengo che le attuali malattie come la dengue, la chikungunya, il virus Zika, la Sars, l’Ebola, il morbillo, o l’attuale coronavirus e la generale degradazione delle relazioni umane, marcate per la profonda disuguaglianza/ingiustizia sociale o per la mancanza della solidarietà minima siano, invero, una rappresaglia di Gaia per le offese che interrottamente le infliggiamo».

Ma giurerei che i miei compaesani non sono (ancora) pagani; quindi la spiegazione dev’essere un’altra. A questo punto, il mio pensiero corre alla celebre e sconvolgente affermazione del principe Filippo di Edimburgo, presidente emerito del WWF, che nel 1988 ha dichiarato: «Se rinascessi, vorrei essere un virus letale per eliminare la sovrappopolazione». Oppure al thriller del celebre scrittore Dan Brown intitolato Inferno (2013). In questo romanzo, il vero protagonista è un virus letale creato per ridurre la popolazione mondiale.

Insomma, negli ultimi decenni siamo stati martellati da questo appaiamento: virus-sovrappopolazione. E, pian pianino, questi due concetti si sono uniti anche nella testa della gente. È quel fenomeno che gli psicologi chiamano «inferenza»: si dà per scontato un certo passaggio logico; anche se logico, in verità, non è. È una scorciatoia mentale.

Ecco, semplicemente registro questo fatto: nella testa dei miei compaesani si è creata questa strana inferenza: c’è un virus letale? Siamo troppi su questa terra. Che c’entra? Nulla. Non dico che sia stata creata apposta, ci mancherebbe. Semplicemente ne prendo atto.