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Ora di dottrina / 181 – La trascrizione

Lo Spirito Santo – Il testo del video

All’interno della crisi ariana nacque anche l’eresia che negava la divinità dello Spirito Santo. Il dilemma di Eunomio e la risposta di san Gregorio Nazianzeno: la distinzione tra generazione e processione. Le obiezioni al Filioque e le risposte di san Tommaso.

Catechismo 26_10_2025

Oggi, dopo la sintesi, la visione d’insieme della scorsa domenica, proseguiamo il nostro commento al Credo niceno-costantinopolitano. Siamo arrivati alla parte relativa allo Spirito Santo. Faccio un brevissimo excursus storico.

All’interno della maturazione della crisi ariana, che negava sostanzialmente la divinità del Figlio incarnato, nasce una nuova controversia che trova contrapposti fondamentalmente due fronti: 1) il fronte che negava che lo Spirito Santo fosse Dio; talvolta lo considerava come un angelo, talvolta lo intendeva semplicemente come “spirito di Dio”, cioè non come la terza persona della divinità, ma cose se fosse un attributo di Dio; 2) in altri casi lo si considerava comunque una creatura.

E questo fronte degli pneumatomachi era in qualche modo coalizzato intorno alla figura di un certo Macedonio, da cui prendono il nome i sostenitori di questa eresia, detti appunto anche macedoniani.

Dunque, risolta in qualche modo tutta la diatriba legata alla seconda persona della Santissima Trinità, nasce quella legata alla terza persona, lo Spirito Santo. E un certo Eunomio, negatore della divinità dello Spirito Santo e contro il quale san Basilio Magno scriverà una famosa opera (Contro Eunomio), aveva posto un dilemma molto serio e per certi versi molto difficile da risolvere. Ricordate che quando noi parliamo delle eresie del passato, abbiamo sempre un “vantaggio psicologico”; cioè noi le troviamo già risolte e quindi ci sembra sempre che fossero problemi facili da risolvere, questioni neanche tanto importanti, comunque non difficili. Questo è un errore di prospettiva, perché i problemi e la serietà dei problemi c’erano eccome.

Ora, Eunomio aveva posto questo dilemma: abbiamo il Padre e il Figlio, Dio Padre e Dio Figlio, come inseriamo lo Spirito Santo? Perché, se è ingenerato è il Padre; se è generato è il Figlio. La dottrina cattolica sulle prime due persone della Santissima Trinità ci dice che non c’è una distinzione nella divinità, ma nel fatto che sono due persone distinte in relazione alla loro origine. Cioè, il Padre è originante, generante; il Figlio è originato, generato. Attenzione: originato non vuol dire creato; vuol dire che nella generazione eterna non ha un inizio; è il Padre che genera il Figlio e non il contrario. Ed Eunomio chiedeva appunto: dove mettiamo lo Spirito Santo? è ingenerato o è generato? Il problema si poneva sotto questo aspetto, non è possibile una terza possibilità: o è ingenerato o è generato, o è il Padre o è il Figlio, secondo la dottrina cattolica, come sosteneva Eunomio, confermata dal Concilio di Nicea.

San Basilio Magno cerca di rispondere a Eunomio e difende la divinità dello Spirito Santo sulla base sia dei testi delle Scritture che sulla base della Tradizione che era già piuttosto formata, soprattutto a livello di tradizione liturgica. Ma non precisa il modo con cui lo Spirito Santo procede. Dice che è Dio, ma lascia irrisolto il nodo di come è dal Padre se non è generato; e tuttavia egli dice: è Dio e dunque è dal Padre, perché il Padre è appunto l’origine della divinità comunicata nella Trinità.

Ci vorrà san Gregorio Nazianzeno, il quale metterà davanti uno dei testi chiave su questo tema, che si trova nel Vangelo di san Giovanni (15, 26): «Lo Spirito di verità che procede dal Padre». E dunque san Gregorio Nazianzeno dice ai contestatori, agli pneumatomachi, che si sono incastrati nel dilemma di Eunomio perché non hanno letto le Scritture. Ecco come lo Spirito è originato dal Padre, cioè procede da Lui: non è generato come il Figlio, ma procede. Questa processione, che è un termine meno preciso rispetto alla generazione, è tuttavia una modalità di esprimere una reale derivazione dal principio paterno, ma non per modo di generazione.

Nella sistematizzazione del mistero della processione dello Spirito Santo abbiamo un punto forte, soprattutto nella teologia occidentale, grazie a san Tommaso d’Aquino. Il quale dedica alla Trinità diverse questioni della prima parte della Summa e in particolare allo Spirito Santo dedica la quæstio 36. Dunque, facciamo un salto indietro nella Summa: parlando dei misteri di Cristo, abbiamo commentato la terza parte, adesso torniamo alla prima. Facciamo questo lavoro perché comunque stiamo seguendo l’esposizione del Credo.

Questa seconda processione, che non ha un nome specifico come invece la prima processione che è per generazione, è chiamata anche spirazione. Ma spirazione indica appunto che è la processione dello Spirito; san Tommaso ci dice di fare attenzione perché si tratta comunque di due processioni distinte. Perché? Perché la prima processione, quella del Figlio generato dal Padre, avviene secondo l’ordine o, meglio, secondo l’azione dell’intelletto e quindi è per somiglianza. Cerco di spiegarmi meglio.

In Dio abbiamo intelletto e volontà. Non abbiamo la sensibilità legata ai sensi corporei, quindi non abbiamo quegli elementi che sono legati alla nostra umanità. Parlo della divinità; poi, è chiaro che il Figlio che assume l’umanità, l’assume integra. Noi stiamo dicendo che la divinità in quanto tale, essendo spirito, ha intelletto e volontà. Dunque, noi sappiamo che il Figlio è detto anche Sapienza Eterna. Perché viene chiamato così? Perché procede per generazione dall’intelletto paterno. Cosa vuol dire? Attenzione, non vuol dire che sia un puro pensiero. Qual è la caratteristica del generare nell’intelletto? Ricordate che Dio non è come noi. In che senso? Noi quando conosciamo qualcosa, conosciamo qualcosa di esterno a noi che in qualche modo viene ad essere in noi: io penso alle vacanze che abbiamo fatto di recente, e così queste divengono presenti intellettualmente nel nostro intelletto.

Ora, il Padre, Dio, non ha qualcosa di esterno a Sé, pensa in qualche modo la stessa divinità, e questo pensiero diventa generazione di una persona, che è la sua propria immagine; ecco perché si dice anche generazione per somiglianza. Ed ecco perché propriamente Cristo è l’immagine del Padre, ed è sull’immagine di Cristo che noi siamo a immagine e somiglianza di Dio.

In Dio abbiamo anche un’altra facoltà, la volontà, che funziona in un modo un po’ diverso rispetto all’intelletto. È più “attiva”, potremmo dire, più “impulsiva”, nel senso che dà impulso, dà movimento, è dinamica. Cos’è l’atto di amare? Mentre l’atto di conoscere è in qualche modo un portare in sé, l’atto di amare è in qualche modo un uscire da sé. Quindi si tratta di due atti distinti, l’uno che procede dall’intelletto paterno, l’altro che procede dalla volontà paterna.

Dall’intelletto paterno abbiamo il Figlio, la Sapienza del Padre; dalla sua volontà abbiamo lo Spirito Santo, che procede dal Padre, ma non come il Figlio. Abbiamo questi due modi di processione perché abbiamo due caratteristiche della divinità che appunto sono l’intelletto e la volontà.

Questo è un po’ il quadro teorico nel quale inseriamo la processione dello Spirito Santo. Perché abbiamo fatto questo discorso? Ricordate l’obiezione di Eunomio: lui diceva che se lo Spirito Santo è generato allora è il Figlio, se non è generato allora è il Padre. Ma dimenticava che nel Padre in realtà abbiamo due modalità di processione, l’una dall’intelletto, l’altra dalla volontà; che non vuol dire – attenzione – che il Figlio sia solo intelletto e lo Spirito Santo sia solo volontà. Essendo persone dell’unica divinità, c’è un intelletto e una volontà. Vuol dire invece che la modalità di processione è distinta nell’unica divinità. Qui ricordate sempre il dogma della Santissima Trinità, il cui elemento fondamentale è che l’unica distinzione possibile è quella delle persone. E la distinzione tra le persone è una distinzione di relazione. Per tutto il resto, il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito Santo è Dio. Il Padre comunica pienamente la divinità e dunque non c’è nulla della divinità che non sia e del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Ciò che distingue le persone è la loro relazione. Questo teniamolo a mente, perché è fondamentale per capire l’altra grande questione, che è la processione dello Spirito Santo.

La crisi degli pneumatomachi si risolve gradualmente dapprima con la condanna da parte del Concilio di Costantinopoli (381) e poi con la conferma di questa condanna da parte del Concilio di Calcedonia (451), e piano piano questa eresia svanisce. Ma se ne presenterà un’altra, che è legata invece alla processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio: è la famosa questione del Filioque.

Ed è proprio nell’art. 2 della quæstio 36 che san Tommaso affronta questo tema, che era molto ben presente anche per lui, perché c’era appunto il problema dei Greci, cioè delle tensioni con la Chiesa greca, proprio su questo tema della processione dello Spirito Santo oltre che dal Padre anche dal Figlio. In questo art. 2, san Tommaso si pone sette obiezioni, io qui ne analizzo tre, perché mi sembrano quelle più significative.

Riguardo alla prima obiezione, si recupera quel testo di Giovanni 15, 26 che era servito a san Gregorio Nazianzeno per confutare l’eresia degli pneumatomachi. E in questo testo c’è scritto che lo Spirito Santo procede dal Padre, «lo Spirito di verità che procede dal Padre». L’obiezione è: non si deve aggiungere nulla alla Scrittura; se la Scrittura dice che lo Spirito Santo procede dal Padre, allora procede dal Padre e basta.

Seconda obiezione. Il Simbolo del Concilio di Costantinopoli diceva: «Crediamo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre. Con il Padre e il Figlio, è adorato e glorificato». Cioè, nella versione originale del Simbolo di Costantinopoli non è menzionata la processione dello Spirito Santo dal Figlio. E dunque anche qui l’obiezione è che non si devono portare modifiche al Simbolo della fede; chi le porta è fuori, è eretico, è condannato.

La terza obiezione da evidenziare – che è la sesta di quelle elencate da san Tommaso – è che se già lo Spirito Santo procede perfettamente dal Padre non c’è bisogno di dire che proceda anche dal Figlio: è un’aggiunta superflua, inutile, oltre che irriverente e passibile di scomunica, perché intende aggiungere qualcosa alla Scrittura e al Concilio di Costantinopoli.

Allora, queste sono obiezioni di peso, non possono essere liquidate facilmente.

Vediamo i principi fondamentali della risposta che dà san Tommaso. Il primo, che abbiamo già visto, è: «Le persone divine si distinguono l’una dall’altra solo per le relazioni. Però le relazioni non possono distinguere le persone tra loro se non in quanto sono contrapposte» (I, q. 36, a. 2). Cosa vuol dire qui contrapposte? Prendiamo il Padre e il Figlio: il Padre si distingue dal Figlio in quanto il Padre genera, il Figlio no; il Figlio è generato, il Padre no. Questa è la contrapposizione. Non possiamo dire che entrambi generano, non possiamo dire che il Padre genera il Figlio, e il Figlio genera il Padre. Non possiamo dire che il Padre è generato dal Figlio, e che il Figlio è generato dal Padre. Semplicemente, il Padre genera, il Figlio è generato. Questo è il principio base del dogma trinitario, assolutamente condiviso anche dal mondo greco.

Secondo passaggio. Queste relazioni di opposizione che distinguono le tre persone possono essere solamente di origine. Anche questo lo abbiamo detto. La contrapposizione tra il Padre e il Figlio non è che il Padre è onnipotente, onnisciente, creatore, e il Figlio no: questa sarebbe un’eresia, perché tutto ciò che è nel Padre è nel Figlio, tutta la divinità del Padre è nel Figlio, cioè il Figlio è Dio come il Padre. Qual è invece l’unica possibilità in cui si pone questa opposizione? È quella di origine. Cioè, il Padre è l’origine e il generante; il Figlio è il generato; non è il Figlio ad essere l’origine del Padre, ma è il Padre ad essere l’origine del Figlio. Questo è l’altro grande punto fermo. Se questo è chiaro nelle relazioni tra il Padre e il Figlio, è chiaro anche nelle relazioni tra il Padre e lo Spirito Santo: non è il Padre che procede dallo Spirito Santo, ma è lo Spirito Santo che procede dal Padre, quindi c’è un rapporto di opposizione in riferimento all’origine.

In questo triangolo, dove al vertice, per così dire, abbiamo il Padre, abbiamo costruito le relazioni di opposizione tra il Padre e lo Spirito Santo, e tra il Padre e il Figlio. Ma come facciamo a costruire la relazione di opposizione quanto all’origine – che è l’unica ammissibile quando parliamo di Dio e della Trinità – rispetto al Figlio e allo Spirito Santo? Cioè, in che relazione stanno il Figlio e lo Spirito Santo per poterle definire due persone distinte nell’unica divinità? Questo è il grande nocciolo della questione, perché qui abbiamo due possibilità: o il Figlio procede dallo Spirito Santo, o lo Spirito Santo procede dal Figlio, perché altrimenti non possiamo distinguere queste due persone, in quanto la distinzione nella Trinità si dà per le relazioni di opposizione quanto all’origine. Perciò, quanto all’origine, dovremo dire: posto che siamo tutti d’accordo che il Figlio procede dal Padre per generazione e che lo Spirito Santo procede dal Padre, qual è il rapporto d’origine tra Figlio e Spirito Santo, qual è l’opposizione del rapporto d’origine?

Abbiamo solo due possibilità: o è il Figlio che procede dallo Spirito Santo, o è lo Spirito Santo che procede dal Figlio. San Tommaso conclude dicendo che non è possibile che il Figlio proceda dallo Spirito Santo, e su questo sono tutti d’accordo, Greci e non-Greci. Rimane l’altra opzione. E quest’altra opzione è necessaria per mantenere la distinzione delle due persone – il Figlio e lo Spirito Santo – all’interno del mistero della Trinità. San Tommaso aggiunge che se è lo Spirito Santo a procedere dal Figlio e non il contrario – oltre al fatto che da nessuna parte si è mai detto che sia il Figlio a procedere dallo Spirito Santo (nel Vangelo leggiamo che il Figlio dice «vi manderò lo Spirito Santo», non il contrario) – «questo è consono all’indole delle due processioni». Ricordiamo le processioni: il Figlio dall’intelletto per somiglianza (generazione per somiglianza); lo Spirito Santo dalla volontà. E perché è consono? «Si è detto infatti che il Figlio procede per processione intellettuale come Verbo, e lo Spirito Santo per processione di volontà come amore. Ora, è necessario che l’amore proceda dal Verbo: infatti non si ama ciò che non si conosce. È quindi chiaro che lo Spirito Santo procede dal Figlio» (ibidem). L’amore nella divinità, ma in fondo in tutte le creature spirituali, è un amore che sempre procede dall’intelletto, è un amore, cioè una volontà formata dall’intelletto; non è a sé stante, non è una forza cieca. Quindi, questa è una ragione di convenienza. Ed è una necessità per il ragionamento che abbiamo fatto prima.

Andiamo a rivedere rapidamente le tre obiezioni che ci siamo mossi in origine. La prima: non si può aggiungere nulla alla Scrittura. La Scrittura, con il Vangelo di San Giovanni, ci dice che lo Spirito Santo procede dal Padre e basta. Qui san Tommaso ci dà un criterio fondamentale: «Non si deve attribuire a Dio cosa alcuna che non sia contenuta nella Scrittura, o espressamente con le parole o per il senso» (I, q. 36, a. 2, ad 1). La normatività delle Scritture non è data solo dalla lettera, ma dal senso. Se ci fermiamo alla lettera, possiamo non cogliere il senso; chiaramente il senso non può andare contro la lettera, ma il senso può completare la lettera. Prosegue san Tommaso: «Ora, quantunque nella Scrittura non si trovi affermato esplicitamente che lo Spirito Santo procede dal Figlio, tuttavia lo si trova affermato quanto al senso (…). Si deve poi tenere per regola che quanto nella Scrittura viene detto del Padre (…) va inteso anche del Figlio, a meno che non si tratti di cose che distinguono il Padre e il Figlio mediante le opposte relazioni» (ibidem). Criterio fondamentale. Noi sappiamo che il dogma della Trinità ci dice che tutto quello che viene detto del Padre è del Figlio, tutto, perché Dio è il Padre, Dio è il Figlio. Tranne una cosa, cioè tranne quella peculiarità che distingue il Padre e il Figlio quali persone, e dunque tranne le loro relazioni reciproche di opposizione quanto all’origine. Il Padre genera, il Figlio è generato. Per tutto il resto: il Padre è onnipotente, il Figlio è onnipotente; il Padre è onnisciente ed eterno, il Figlio è onnisciente ed eterno, e così via.

Ora, affermare questo vuol dire anche che il Padre fa procedere lo Spirito Santo, ma poiché tutto quello che è nel Padre – tranne la relazione di opposizione tra Padre e Figlio – lo si dice del Figlio, ecco che allora si deve dire che lo Spirito Santo procede anche dal Figlio. Cioè, se tutto quello che diciamo del Padre, lo diciamo anche del Figlio, tranne quello che li distingue in questa relazione di opposizione quanto all’origine, allora il Padre fa procedere lo Spirito Santo, e anche il Figlio, come il Padre, fa procedere lo Spirito Santo. E dunque san Tommaso dice: «Il Padre e il Figlio non si oppongono tra loro nell’essere principio dello Spirito Santo, ma solo nell’essere uno Padre e l’altro Figlio» (ibidem). Dunque, l’essere principio dello Spirito Santo non appartiene alla distinzione di relazione tra il Padre e il Figlio. E dunque come il Padre è principio dello Spirito Santo, così lo è anche il Figlio.

Fondamentale è anche la risposta alla sesta obiezione (la nostra terza), che ritorna in qualche modo su questo aspetto. San Tommaso afferma: «La perfetta processione dello Spirito Santo dal Padre non solo non rende superflua quella del Figlio, ma la include necessariamente. Essendo infatti identica la virtù del Padre e del Figlio, tutto ciò che proviene dal Padre proviene anche dal Figlio, a meno che ciò non ripugni alla sua condizione propria di Figlio» (I, q. 36, a. 2, ad 6). Chiaro, la condizione propria di Figlio è di essere generato dal Padre, basta. Ma per tutto il resto, «tutto ciò che proviene dal Padre proviene anche dal Figlio». È quello che abbiamo detto poco fa.

Concludiamo con la risposta alla seconda obiezione, che riguardava l’aggiunta ritenuta “temeraria” al Simbolo del Concilio di Costantinopoli. San Tommaso dice: «Nelle determinazioni del Concilio di Calcedonia, si legge che i Padri che parteciparono al Concilio di Costantinopoli insegnarono la dottrina riguardante lo Spirito Santo, non aggiungendo qualcosa che mancasse ai Padri più antichi (che presero parte a quello di Nicea), ma spiegando il pensiero di questi contro gli eretici» (I, q. 36, a. 2, ad 2). Cosa ci sta dicendo? Se io prendo il Simbolo di Nicea e prendo il Simbolo di Costantinopoli, è evidente che il Simbolo di Costantinopoli aggiunge degli elementi a quello di Nicea. Questa aggiunta da che cosa è stata motivata? Dalle necessarie spiegazioni di fronte alle eresie che sono sorte ulteriormente. Prosegue san Tommaso: «Poiché dunque, al tempo degli antichi concili, non era ancora sorto l’errore di coloro che dicevano che lo Spirito Santo non procede dal Figlio, non fu necessario mettere ciò esplicitamente nel Simbolo. Ma in seguito, sorto quell’errore, in un concilio tenuto in Occidente ciò vi fu inserito esplicitamente per autorità del romano pontefice, con l’autorità del quale anche gli antichi concili venivano convocati e confermati. Tuttavia questa aggiunta era già implicita nell’affermazione che lo Spirito Santo procede dal Padre» (ibidem). San Tommaso ci sta dicendo: attenzione a non essere più tradizionalisti della tradizione… cioè, delle modifiche, delle aggiunte non sono solo possibili, ma talvolta persino necessarie. Perché? Perché si fanno presenti nuovi errori, nuovi problemi, di fronte ai quali sono necessarie delle formulazioni più attente, più precise o che prendano in considerazione qualcosa su cui non era neanche sorto il problema. Pensate che nel Simbolo di Nicea si dice semplicemente: «Credo nello Spirito Santo». Punto. Poi sorgono gli pneumatomachi e perciò bisognava dire che lo Spirito Santo «è Signore e dà la vita e procede dal Padre», per dire che è Dio. Più avanti sorse il problema di chi diceva che procedesse solo dal Padre e non anche dal Figlio. E bisognava anche rispondere a questa obiezione. San Tommaso dice che questa parte è stata inserita in Occidente «esplicitamente per autorità del romano pontefice, con l’autorità del quale anche gli antichi concili venivano convocati e confermati». Qui implicitamente si riferisce alla questione del primato e della missione conferita a Pietro di confermare nella fede.

La prossima volta continuiamo con gli altri due articoli di questa quæstio 36, dedicati sempre alla processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio.



Ora di dottrina / 181 – Il video

Lo Spirito Santo

26_10_2025 Luisella Scrosati

All’interno della crisi ariana nacque anche l’eresia che negava la divinità dello Spirito Santo. Il dilemma di Eunomio e la risposta di san Gregorio Nazianzeno: la distinzione tra generazione e processione. Le obiezioni al Filioque e le risposte di san Tommaso.

Ora di dottrina / 180 – La trascrizione

Visione d’insieme – Il testo del video

19_10_2025 Luisella Scrosati

Dio è il principio e il fine di ogni cosa. Creando, Egli comunica alle creature l’essere, la «perfezione prima». La «perfezione seconda»: il ritorno delle creature a Dio. Il fine soprannaturale di angeli e uomini. Gesù Cristo, vertice di tutta la creazione, in cui tutta la realtà trova il suo senso.