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TERRORISMO

L'Isis ci riprova, sventato un attacco in Europa centrale

Grazie a una soffiata dalla Polonia, è stata smantellata una rete di terroristi che operava fra Germania e Danimarca e scoperto il progetto di un attentato dell'Isis contro un bersaglio europeo non ancora identificato. Intanto l'Austria fa il mea culpa per non essere riuscita a prevenire l'attentato di Vienna del novembre scorso. 

Esteri 13_02_2021
Polizia austriaca in azione dopo l'attentato di Vienna

Un’informazione confidenziale ricevuta dall’ufficio federale di polizia criminale di Berlino, direttamente, dalla Polonia ha fatto partire quella che ad oggi è la più importante indagine del 2021 e sventato un possibile enorme attentato terroristico in Europa. Tutto nasce da un ordine di acquisto di cinque chilogrammi di zolfo e cinque di polvere di alluminio, va internet, da un cittadino siriano di 33 anni, residente in Danimarca, a una società polacca. Ordine, poi, da recapitare all’indirizzo del fratello del cliente, in Germania, nella Sassonia-Anhalt.

L'attentato non si sa ancora quale città aveva nel mirino, per adesso è abbastanza certo solo che sarebbe stato firmato dallo Stato Islamico. In sette sono stati arrestati nel giro di pochi giorni dall'inizio delle indagini, in cinque sono ancora sottoposti ad interrogatorio. In tre, però, in particolare figurano come i più pericolosi. Sono tre fratelli siriani sotto la probabile egida dello Stato Islamico. La segnalazione ha svelato l'entità della faccenda, quando gli investigatori nel perquisire l'appartamento di uno dei tre siriani, hanno trovato dieci chilogrammi di polvere nera, micce e fuochi d'artificio, oltre alla propaganda dell'Isis. E così immediatamente sono scattati gli ordini di cattura e l'accusa di star ordendo un grave attentato capace mettere in pericolo lo Stato. 

E' stato il tribunale distrettuale di Dessau-Roßlau ad emettere i mandati di arresto per l'uomo e i suoi due fratelli, di 33 e 40 anni. Due dei tre erano in Danimarca, un altro in Assia, a Dietzenbach. Le informazioni ottenute hanno spinto la polizia federale tedesca, secondo il quotidiano Der Spiegel, ad informare l’organo paritetico danese. Il che ha contribuito a sventare oltre a un attentato, un covo di jihadisti ben muniti. In uno degli appartamenti perquisiti è stato trovato anche un Corano ben appuntato e con sottolineati tutti i versetti sulla lotta agl' “infedeli”. Le indagini proseguono, anche perché l'ufficio del procuratore di Naumburg vorrebbe venire a capo dei vari collegamenti della cellula jihadista e soprattutto riuscire ad individuare qual era il vero obiettivo dell'attentato. Non sono escluse, infatti, nuove iniziative di polizia giudiziaria indirizzate a un completamento del quadro indiziario. 

Va fatto notare che proprio in queste ore la Germania ha annunciato la chiusura dei confini con la Repubblica Ceca e il Tirolo al fine di, ufficialmente, prevenire la diffusione del Covid. E nelle stesse ore, in Austria, l’Ufficio per la protezione della Costituzione e la lotta al terrorismo (Bvt) finiva sotto accusa per l'attentato islamico dello scorso novembre. Il rapporto ufficiale della Commissione d’inchiesta che indaga sui fatti di Vienna, ha rilevato omissioni ed errori non solo nella valutazione del rischio, ma anche nelle attività di controspionaggio che hanno in qualche modo reso vano ogni tentativo di contrastare l'attentato del 2 novembre. Il governo austriaco ha promesso una riforma alle radici. D'altronde l'attentato a Vienna è stato considerato il peggiore negli ultimi dieci anni. E l'esecutivo in questi mesi non ha fatto che sbuffare su tutti i fallimenti del Bvt. 

Come nella stragrande maggioranza degli attentati islamici sul suolo europeo, anche a Vienna il terrorista era già noto all'intelligence ed era un simpatizzante dell'Isis. L’attentatore di Vienna era stato in contatto con lo Stato Islamico quasi fino all’ultimo momento, era in grado di fornire del materiale da pubblicare dopo la sua morte e di sicuro ha ricevuto istruzioni nel periodo precedente all’attentato. Nel giro di nove minuti si è spostato, a piedi, in sei diversi luoghi, ha ucciso quattro persone e ne ha ferite una ventina. Ha creato l’impressione che non ci fosse soltanto un singolo attentatore, ma una squadra di terroristi: è questo che non si perdona l’intelligence austriaca.

L'accusa principale scaturita dal rapporto è, pertanto, che l'attentato si poteva evitare. Il progetto di riforma del controspionaggio promesso dal ministro dell'Interno Nehammer svela, ancora una volta, tutte le difficoltà in seno alla sicurezza europea. Ma soprattutto l'indiscutibile potenza che il sedicente Stato Islamico è capace ancora di manifestare. La minaccia intrinseca non accenna a scemare. Del resto il fatto che lo Stato Islamico non sia stato ancora sconfitto lo ha ammesso anche il generale Kenneth McKenzie, a capo del Centcom (il comando militare Usa per Medio Oriente e Asia meridionale), ricordando all’Emirates Center for Studies and Research che l’Isis in Iraq e Siria dispone ancora di 10mila combattenti. Nel 2019 aveva annunciato una “lunga guerra contro i nemici dell’islam”. A maggio del 2020, con un messaggio audio diffuso sulla piattaforma Aamaq, vicina allo Stato islamico  dichiarava che avrebbe colpito tutti quei paesi indeboliti dal coronavirus e che avrebbe, di là a breve, attivato tutte le sue cellule in “Siria, Iraq, Yemen, Libia, Egitto, Somalia, Nigeria e altri Paesi africani”.

E non va dimenticato come l’ex leader del sedicente Stato Islamico, Baghdadi, che per otto anni ha guidato l’esercito di terroristi, nel 2018 espresse inequivocabilmente l’ideologia che li anima: un attentato in Occidente vale mille attacchi in Iraq.