Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
ORA DI DOTTRINA / 10 - LA TRASCRIZIONE

L'interpretazione delle Scritture - Il testo del video

Per una vera comprensione delle Scritture vanno assolutamente tenuti insieme il senso letterale e il senso spirituale, unità messa in crisi dalle tendenze storicistiche affermatesi a partire dal XVI secolo. La corretta interpretazione delle Scritture non può prescindere dalla Tradizione della Chiesa, da cui proviene anche il canone delle Scritture.

Catechismo 06_02_2022 English Español

La scorsa volta, nel nostro percorso di commento al Credo, abbiamo visto le fonti della Rivelazione e abbiamo già considerato una parte della riflessione sulla Sacra Scrittura. Soprattutto ci siamo portati a casa un aspetto importante: le Scritture sono realmente Parola di Dio e parola umana. Vi sono quindi due autori: Dio e l'uomo; chiaramente c'è una gerarchia con un accentuazione fortissima sull'Autore principale delle Scritture che è Dio, ma abbiamo anche visto come sia importante non sacrificare né l'aspetto umano, né tantomeno quello di Dio.

Da questo principio discende anche la modalità corretta di affrontare le Scritture e di interpretarle. Il tema di questa decima lezione è appunto l'interpretazione delle Scritture.
Un primo punto fondamentale è questo: se Dio è l'autore principale delle Scritture e l'uomo a sua volta è l'autore secondario - ma anche egli vero autore -, allora l'interpretazione del testo sacro deve in qualche modo “sintonizzarsi” con questi due autori.

- Che cosa vuol dire?
Poiché si ha un vero autore sacro delle Scritture, il cosiddetto agiografo, o un insieme di autori, la ricerca del senso delle Scritture voluto dall'autore, cioè quello che l'autore ha voluto dare al testo, non solo è legittima, ma è imprescindibile. Capire che cosa l'autore abbia voluto dire apre moltissimi campi di indagine: competenze linguistiche, filologiche, entrare nel contesto della tradizione rabbinica, il contesto storico, l'archeologia, lo studio del genere letterario e tutta una serie di altri fattori...
Ebbene tutto questo è importante per scoprire quello che l'autore ha voluto dire, cioè scoprire quello che viene chiamato il senso letterario delle Scritture, che è il senso fondamentale.

- Perché il senso letterario è fondamentale?
Non è il più importante, ma è fondamentale perché fa da fondamento a quello che è il senso spirituale delle Scritture. Indagare l'intenzione dell'autore significa indagare il fondamento del significato delle Scritture.

Attenzione! Preannuncio qualcosa di cui parleremo più avanti, ma che serve da allerta: quando parliamo di senso letterario non intendiamo un senso privo di valore teologico.

Spieghiamo. Un certo approccio di tipo storicistico e razionalistico alle Scritture ha fatto in modo che si arrivasse all'idea che l'unico senso possibile, condiviso, reale delle Scritture sia quello letterale inteso come privo di contenuto propriamente teologico e privo di elementi soprannaturali. Esempio: si pensi a ciò che è successo con l'abolizione della profezia o del miracolo, per cui scoprire il senso letterale sarebbe spogliare il testo di ogni elemento soprannaturale.

Poiché Dio è l'Autore principale, non oltre, ma innestato nel senso letterale, l’interpretazione si allarga al senso spirituale. Il senso letterale apre a qualcosa di più del suo significato immediato, ad un significato più pieno e profondo che deve necessariamente essere indagato in una lettura delle Scritture che nasce dalla fede, perché le Sacre Scritture sono un testo che nasce in un contesto di fede per trasmettere la fede. Un approccio alle Scritture che prescinda dalla fede non è accettabile.

Questo senso letterale è appunto fondamentale e risponde a quella verità di fede che ci dice che Dio è l'autore principale delle Scritture e quindi attraverso l'agiografo ed il senso letterale, Dio dice anche altro.

Se prendete il Catechismo della Chiesa Cattolica, paragrafi 115 -119, viene spiegato cosa si intende per i vari sensi della Scrittura. Viene riportato un distico medievale, richiamato anche nell'esortazione apostolica del 2010, Verbum Domini di Benedetto XVI, attribuibile probabilmente ad Agostino di Dacia (circa XII secolo); questo distico elenca i 4 sensi delle Sacre Scritture: uno letterale e poi una tripartizione del senso spirituale.

"Littera gesta docet, quid credas allegoria, / moralis quid agas, quo tendas anagogia".
"La lettera insegna i fatti, l'allegoria insegna quello che devi credere, il senso morale quello che devi fare e l'anagogia dove tendere".

Un altro testo fondamentale viene dalla Somma Teologica di San Tommaso, nella sua prima parte, quaestio prima, articolo 10.

"L'autore della Sacra Scrittura è Dio. Ora, Dio può adattare a esprimere una verità non solo le parole, cosa che può fare anche l'uomo, ma anche le cose stesse. Se quindi nelle altre scienze le parole hanno un significato, la Sacra Scrittura ha questo di proprio: che le stesse realtà indicate dalle parole a loro volta significano qualcosa. Dunque l’accezione ovvia dei termini, secondo cui le parole indicano le realtà, corrisponde al primo senso, che è il senso storico o letterale. L'uso invece delle realtà stesse espresse dalle parole per significare altre realtà prende il nome di senso spirituale, il quale è fondato sopra quello letterale e lo presuppone".

Spieghiamo. Siccome l'autore delle Sacre Scritture è Dio non possiamo interpretare quel libro come se fosse solo opera di un autore umano, cercando quindi solamente il senso letterale o storico del testo, indagandolo con tutte le varie discipline lodevolmente sviluppatesi nel tempo.
Poiché l'autore principale è Dio, Dio non fa come gli uomini che usano delle parole per esprimere delle realtà corrispondenti, ma Lui è capace di usare quelle realtà espresse dalle parole per indicare un’altra realtà.

Esempio. Nel racconto dell'Esodo del passaggio del Mar Rosso, il senso letterale ci chiede di indagare che cosa l'autore sacro ha voluto dire, ma il senso spirituale ci dice anche che non solo Dio interviene per mezzo di Mosè per salvare il suo popolo, facendogli attraversare il Mar Rosso e nel Mar Rosso travolge il faraone ed il suo esercito, ma questo episodio Dio l'aveva operato perché esprimesse un'altra Pasqua, un altro passaggio che chiaramente è quello della Pasqua del Signore. Questa trasposizione noi la celebriamo liturgicamente.

Il senso spirituale, cioè una realtà che indica un'altra realtà, è possibile solo perché Dio, autore delle Scritture, è lo stesso Dio che è anche signore della storia e autore della creazione. Questo passaggio – da una realtà a un’altra realtà - si fonda sul senso letterale, che ci fa passare dalla parola alla realtà.

Dalla parola alla realtà = senso letterale
Dalla realtà ad un'altra realtà = senso spirituale

Continua san Tommaso:

"Ma siccome il senso letterale è quello che intende l‘autore, e d'altra parte l'autore della Sacra Scrittura è Dio, il quale comprende simultaneamente col suo intelletto tutte le cose, non c'è obiezioni ad ammettere, con S. Agostino [Conf. 12, 31], che anche secondo il senso letterale in un medesimo testo scritturale vi siano più sensi".

La ricerca del sensus plenior delle Scritture nel loro insieme è un principio assolutamente radicato nella tradizione della Chiesa, soprattutto nell'esegesi patristica. Ma anche nelle Scritture stesse: per esempio, pensate alla grande presenza nei commenti dei Padri alle Scritture, del parallelo tra Adamo e Cristo, cioè tra il primo Adamo e il Nuovo Adamo; un parallelo che è presente già nelle lettere di san Paolo (cf. 1Cor 15, 21-22. 45-49). Dunque questo approccio delle Scritture è autorizzato dalle Scritture stesse e trova ampia risonanza in tutta la Tradizione della Chiesa, soprattutto nell'esegesi patristica, ma anche per tutto il periodo medievale.

Il primo colpo a questa relazione tra le Sacre Scritture e l'interpretazione che ne viene data dalla Tradizione della Chiesa, che apre le Scritture ad un senso più profondo, al senso spirituale che poggia sempre sul senso fondamentale, cioè quello letterale o storico, dunque la prima spallata a tutto questo non è stata data tanto da Lutero, ma dai sociniani, ovvero da coloro che avevano iniziato ad avere nei confronti della fede un rapporto anti dogmatico.
I sociniani sostenevano che la fede cattolica e cristiana non doveva essere intesa come una serie di dogmi, perché questi dogmi non erano fondati sulle Scritture. È il primo approccio che va al senso letterale delle Scritture, non solo abolendo il senso spirituale, ma anche riducendo il senso letterale a niente più che una interpretazione di tipo morale o moralistica.

Un ulteriore colpo che poi è dilagato anche nell'esegesi cattolica, è stato dato da Johann Salomo Semler, che è il padre dell'approccio alle Scritture con il metodo storico-critico.

Quale era l'idea fondamentale di Semler?
Era quella di ritenere che le Scritture non fossero ispirate in tutte le loro parti, e di conseguenza, una messa in discussione del canone e della canonicità dei testi sacri. Questo orientamento ha portato Semler e tutto il filone da lui inaugurato a considerare i testi sacri come testi profani. Quindi l'interpretazione corretta doveva essere fatta solo servendosi dei mezzi della critica che possiamo definire profana. E' chiaro che in questa prospettiva il senso spirituale è derubricato a qualcosa di personale o di soggettivo, ma non vincolante; ed il senso letterale viene a sua volta svuotato della sua valenza teologica.

Un altro colpo è stato dato dall'avvento dello storicismo: il metodo storico come l'unico veramente capace di cogliere il vero senso delle Scritture che diventano dei testi puramente storici.

Da tutti questi colpi non poteva che venire fuori una rottura tra l'esegesi e la teologia: l'esegesi doveva spogliarsi di ogni elemento ed approccio teologico per trattare il testo Sacro solo come un testo profano, autolimitandosi nella comprensione del testo, dall'altra parte la teologia che, senza un approccio fondamentale di appoggio al testo sacro, finisce poi per divenire un sistema non più radicato nel testo sacro. Un divorzio deleterio.

Nell'esortazione Verbum Domini di Benedetto XVI vengono fatte delle considerazioni importantissime per cercare di ricucire questo strappo e ritornare ad una lettura autenticamente cristiana delle Scritture. Il numero 35 denuncia questa separazione che porta ad una estraneità tra esegesi e teologia.

- Quali sono le conseguenze di questa estraneità?
A) Innanzitutto, se l’attività esegetica si riduce solo al primo livello, allora la stessa Scrittura diviene un testo solo del passato: «Si possono trarre da esso conseguenze morali, si può imparare la storia, ma il Libro come tale parla solo del passato e l’esegesi non è più realmente teologica, ma diventa pura storiografia, storia della letteratura». È chiaro che in una tale riduzione non si può in alcun modo comprendere l’evento della Rivelazione di Dio mediante la sua Parola che si trasmette a noi nella viva Tradizione e nella Scrittura.

B)  La mancanza di un’ermeneutica della fede nei confronti della Scrittura non si configura poi unicamente nei termini di un’assenza; al suo posto inevitabilmente subentra un’altra ermeneutica, un’ermeneutica secolarizzata, positivista, la cui chiave fondamentale è la convinzione che il Divino non appare nella storia umana. Secondo questa ermeneutica, quando sembra che vi sia un elemento divino, lo si deve spiegare in altro modo e ridurre tutto all’elemento umano. Di conseguenza, si propongono interpretazioni che negano la storicità degli elementi divini.

C) Una tale posizione non può che produrre danno alla vita della Chiesa, stendendo un dubbio su misteri fondamentali del cristianesimo e sul loro valore storico, come ad esempio l’istituzione dell’Eucaristia e la risurrezione di Cristo. Così, infatti, si impone un’ermeneutica filosofica che nega la possibilità dell’ingresso e della presenza del Divino nella storia. L’assunzione di tale ermeneutica all’interno degli studi teologici introduce inevitabilmente un pesante dualismo tra l’esegesi, che si attesta unicamente sul primo livello, e la teologia, che si apre alla deriva di una spiritualizzazione del senso delle Scritture non rispettosa del carattere storico della Rivelazione.

Questa unità che aveva accompagnato la Chiesa, pur con oscillazioni, a favore di un autore sacro, ma soprattutto di un Autore divino, viene spezzata. Infatti, Benedetto XVI dice che si è creato un profondo solco tra esegesi scientifica e lectio divina.

Per concludere. La corretta interpretazione delle Scritture non può prescindere dal contesto della Chiesa, non può prescindere dall'ermeneutica della fede, non può prescindere dalla Tradizione della Chiesa. Lo stesso canone delle Scritture non è dato dalle Scritture stesse, ma è dato dalla Tradizione della Chiesa e dunque non ha senso pensare un'interpretazione delle Scritture che prescinda da questa Tradizione.