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ONU

L'ebola dilaga Gli errori fatali dell'Oms

L'epidemia di ebola, appena fermata in Nigeria e Senegal, si è nel frattempo diffusa anche in Mali. La situazione in Africa è dunque sempre grave. E spuntano le responsabilità dell'Oms: inefficienza, ritardi, sottovalutazione e responsabili locali inaffidabili.

Editoriali 26_10_2014
Ebola, si seppelliscono le vittime

Nigeria e Senegal sono riusciti a fermare ebola. L’atteso annuncio del cessato allarme, dopo che per oltre 21 giorni sono risultate negative ai test tutte le persone entrate in contatto con gli ammalati in quei due paesi, è purtroppo coinciso con la comparsa del primo caso di ebola in Mali. Si tratta di una bambina di due anni, deceduta in un ospedale della capitale Bamako il 24 ottobre. La piccola era originaria della Guinea. Alcune settimane or sono sua madre è morta e la famiglia ha deciso di affidarla ad alcuni parenti residenti in Mali. Per raggiungerli ha percorso mille chilometri viaggiando in pullman mentre già accusava i primi sintomi della malattia. Moltissime persone sono quindi entrate in contatto con lei e possono esserne state contagiate.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, Oms, invierà in Mali entro pochi giorni quattro suoi esperti che si aggiungeranno ai tre già operativi nel paese. La speranza è che riescano a far applicare i protocolli indispensabili per arginare la diffusione del virus. Ma, proprio in questi giorni, l’Oms è sotto attacco. La scorsa settimana qualcuno ha divulgato il contenuto di un documento interno, che avrebbe dovuto essere riservato, in cui si riconosce che sono stati commessi errori fatali nel gestire l’epidemia di ebola. Vi si parla di ritardi, incompetenza, mancanza di informazioni per colpa dei responsabili degli uffici africani dell’Oms, in carica grazie a “nomine motivate politicamente”, fatte dal direttore regionale per l’Africa, Luis Sambo, “che non risponde al capo dell’agenzia” Margaret Chan.

Quest’ultima sarebbe stata informata solo a giugno, inizialmente da Bruce Aylward, un suo collaboratore incaricato delle campagne contro la poliomielite, di “gravissime riserve sui responsabili dell’Oms in Africa occidentale” da parte di chi stava combattendo ebola sul campo, della convinzione diffusa che l’agenzia “stesse compromettendo più che aiutare” nella lotta all’epidemia, che “nessuna delle notizie riguardanti le prestazioni dell’Oms erano buone”. Successivamente Chan avrebbe ricevuto un rapporto di sei pagine contenente una descrizione dettagliata delle carenze dell’Oms: “fu la prima notizia del genere che le arrivò – rivela il documento riservato – e lei ne rimase scioccata”.

A essere scioccati sono, o dovrebbero essere, i finanziatori dell’Oms, il nostro paese incluso, e tutti coloro che ad essa delegano interventi sanitari di rilevanza internazionale. È grave che un direttore regionale dell’Oms non risponda al proprio capo. È grave che i responsabili regionali dell’Oms siano incompetenti. È ancora più grave che si scarichi su di loro ogni colpa assolvendo i vertici dell’organizzazione “perché ignari di quanto stava accadendo”. A giugno, quando Margaret Chan ha letto “scioccata” le notizie dall’Africa, da mesi Medici Senza Frontiere e altre organizzazioni lanciavano appelli sempre più disperati e ormai bastava aprire un quotidiano qualsiasi per sapere di ebola e dei problemi che poneva: e tuttavia fu solo l’8 agosto che l’Oms si decise a definire l’epidemia un’emergenza sanitaria internazionale.

“A quel punto era già troppo tardi” commenta l’agenzia di stampa Agi che il 18 ottobre ha parlato della fuga di notizie e ha riportato le reazioni dell’Oms.

L’Oms è una agenzia delle Nazioni Unite, come l’Unicef e la Fao. Chi segue l’attività dell’Onu perciò non si stupisce: non è certo la prima volta che ritardi e inefficienza caratterizzano l’operato del Palazzo di Vetro.

Nel dicembre del 2012 il Mali, ad esempio, aveva chiesto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu un tempestivo intervento in aiuto alle popolazioni del nord, da mesi in balia di movimenti armati jihadisti. “Ogni passo indietro di fronte alla necessità di dispiegare con urgenza una forza internazionale per combattere il terrorismo nel nord del Mali – aveva detto il presidente dell’Unione Africana Boni Yayi, sollecitando il Consiglio di Sicurezza ad approvare l’invio di una missione militare – sarà interpretato da chi opera in quella regione come un gesto di debolezza”. Tuttavia la risposta, per bocca dell’inviato speciale dell’Onu nel Sahel, Romano Prodi, era stata che un’azione militare fosse inattuabile prima del settembre 2013, anche per insuperabili problemi logistici legati a fattori atmosferici. Poi, il 9 gennaio del 2013, il presidente del Mali, Dioncouda Traoré, annunciava di aver chiesto alla Francia e di aver ottenuto un intervento militare. Il giorno successivo prendeva il via l’operazione Serval e due settimane dopo truppe africane si affiancavano a quelle francesi.

Nella Repubblica Centrafricana, dove un conflitto tra milizie islamiche e cristiane è iniziato poco dopo il colpo di stato che nel marzo 2013 ha portato per la prima volta al potere un presidente espressione della minoranza islamica del paese, l’urgenza di una missione dell’Onu è stata prospettata nel novembre del 2013. Il Consiglio di Sicurezza ha approvato un intervento militare della Francia a dicembre – l’operazione Sangaris – e solo il 10 aprile 2014 ha autorizzato il dispiegamento di una missione Onu annunciando che sarebbe entrata in funzione non prima del 15 settembre successivo.

In Mali, mentre l’Onu temporeggiava, oltre 150mila sfollati e profughi dipendevano dalla carità internazionale per sopravvivere e l’intera popolazione subiva violenze e abusi spaventosi: flagellazioni, esecuzioni sommarie, stupri, lapidazioni, amputazioni di arti. Nella Repubblica Centrafricana la situazione fin dallo scorso dicembre era diventata talmente allarmante da essere definita di “pre-genocidio”.

Il dramma è che compete all’Onu, alle sue agenzie e ai suoi organismi – il Consiglio di Sicurezza primo fra tutti – far fronte a certe emergenze e risolverle, per questo sono stati creati. Sostituirsi ad essi non sempre è consentito e comunque richiede tempo: tante persone nel frattempo soffrono e perdono le vite che si sarebbero potute salvare.

L’Oms ha rifiutato di commentare il documento che l'accusa. Si è limitata a replicare che gli errori commessi possono dipendere dai tagli dei finanziamenti imposti a tutte le agenzie dell’Onu. È stato obiettato che la scarsità di denaro non giustifica il fatto che gli alti funzionari dell’agenzia abbiano ignorato per mesi quello che il mondo intero sapeva.