Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
intervista / mons. Mourad

L'arcivescovo di Homs: nessuno è al sicuro nella nuova Siria

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I siriani perseguitati come sotto Assad e i musulmani sono in pericolo quanto i cristiani. La testimonianza del presule, amico e confratello di padre Dall'Oglio e come lui rapito: «Se sono riuscito a sfuggire ai miei rapitori è stato grazie alla forza della preghiera».

Libertà religiosa 31_10_2025

La Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre, dedicata al soccorso dei cristiani perseguitati nel mondo, ha pubblicato di recente il Rapporto sulla libertà religiosa 2025 di cui anche La Nuova Bussola Quotidiana ha dato conto. In occasione dell’uscita del documento, che analizza il grado di libertà religiosa in 196 Paesi, la sezione italiana della Fondazione ha organizzato a Firenze l’incontro pubblico Testimoni di speranza dalla Siria ferita, in collaborazione con la diocesi locale e l’associazione Agata Smeralda. Ospite d’onore dell’evento Sua Eccellenza mons. Jacques Mourad, monaco siro-cattolico e già abate del monastero di Sant’Elian, dal 2023 arcivescovo di Homs. Monsignor Mourad ha una storia interessante alle spalle: è nato e cresciuto ad Aleppo da una famiglia di siro-cattolici fuggiti nel 1915 da Mardin, odierna Turchia, a causa delle persecuzioni dei Giovani Turchi ai danni dei cristiani, soprattutto armeni (il tristemente noto genocidio),  ma anche siro-cattolici, caldei, greco-ortodossi, assiri.
Dopo gli studi di teologia in Libano, è entrato nella comunità monastica di mar Mousa fondata dal gesuita italiano padre Paolo Dall’Oglio, rapito nel 2013 presumibilmente da miliziani dello Stato Islamico. Ordinato sacerdote, Mourad ha obbedito alla richiesta del suo vescovo di restaurare l’antico monastero di mar Elian, nella regione di Homs, divenendone abate. Nel 2015 ha vissuto a sua volta l’esperienza del rapimento da parte dello Stato Islamico, riuscendo dopo quattro mesi a sfuggire ai suoi carcerieri.
A margine dell’incontro pubblico, monsignor Mourad ha concesso alla Nuova Bussola Quotidiana un’intervista ad ampio spettro sulla Siria e sulla sua esperienza personale di religioso cristiano.

Monsignor Mourad, in un’intervista all’Agenzia Fides del 31 gennaio scorso lei riferiva della grave confusione in cui versava la Siria dopo la presa del potere del gruppo ex qaedista di Hayat Tahrir al Sham. Come si sono evolute le cose oggi, a quasi un anno di distanza?
Non è facile dare un’opinione, perché la situazione è complicata e soprattutto perché il nuovo governo non segue una linea chiara: chi è al potere adesso adotta una strategia di manipolazione, cioè dice una cosa e ne fa un’altra. I rapporti con la popolazione non sono improntati a nessuna franchezza. Per i nuovi governanti la popolazione siriana, composta per la maggior parte da resistenti che sotto il regime degli Assad hanno sofferto e sono stati perseguitati,  è una popolazione di flul (alleati in arabo, sottinteso del vecchio regime) da perseguitare.

In questo modo il popolo siriano ha sofferto prima e soffre adesso...
Certamente. Il popolo soffre incolpevolmente la vendetta contro Assad, ed il paradosso è che il nuovo governo utilizza, perfezionati, gli stessi metodi criminali già sperimentati dal vecchio regime.
Inoltre il popolo siriano è gravemente impoverito: i nuovi governanti  hanno licenziato la maggior parte dei dipendenti statali, lasciandoli senza salario. I pochi a cui è stato permesso di mantenere il lavoro  ricevono il salario in lire siriane, mentre i nuovi arrivati in dollari: 60 dollari al mese i primi, 500 i secondi. Recentemente il governo ha dichiarato che dal mese prossimo le cose cambieranno  e che pagheranno tutti allo stesso modo. Speriamo.

A quanto si apprende, il 5 ottobre scorso in Siria si sono tenute le elezioni per il rinnovo del Parlamento, elezioni a cui però la maggior parte della popolazione non ha potuto partecipare. Lei personalmente ha votato?
No! Nessuno ha votato. Solo un ristretto gruppo di elettori scelti dal governo  è andato alle urne per votare candidati scelti dal governo. Non ci sono state le elezioni: si è trattato di una messinscena a favore dei media.

Lei è stato amico e confratello di padre Dall’Oglio, di cui si sono perse le tracce dal 2013. Ha notizie su cosa possa essergli accaduto?
Nessuna notizia. A mio parere la storia di padre Dall’Oglio rappresenta una gravissima ingiustizia sulla faccia della terra, rappresenta tutte le persone che sono state rapite per decenni in Siria e il dolore delle loro famiglie. Il punto è che i rapimenti continuano anche oggi, con grande aggressività. Ci sarà bisogno di tanto tempo perché la situazione cambi in meglio.

E forse ci sarà bisogno anche di governanti diversi...
Quello che mi preoccupa è che questo governo è gradito alla comunità internazionale.

Perché secondo lei?
Credo che il desiderio di Trump sia quello di venire incontro a Israele, di fare quello che è gradito a Israele.

Non è un segreto che Hayat Tahrir al Sham abbia preso il potere in Siria grazie al beneplacito di Turchia, Israele e Usa...
...e anche della Russia, che ha convinto Assad a lasciare il Paese e a rifugiarsi a Mosca.

C'è qualcuno che sia al sicuro al momento in Siria?
No. I musulmani  sono in pericolo come e più dei cristiani. Sono perseguitati i drusi, sono perseguitati gli alawiti, gli sciiti...

I curdi?
No, contro i curdi non hanno fatto persecuzioni, perché si tratta di combattenti coraggiosi e armati. Non dimentichiamo che sono i curdi che hanno sconfitto l’Isis nel nord est della Siria.

Nel 2015 lei è stato rapito proprio da miliziani dello Stato Islamico. Ha riconosciuto qualcuno dei suoi rapitori tra i nuovi governanti della Siria?
No, chi è al governo adesso fa parte di Hayat Tahrir al Sham, che viene da al Nusra, a sua volta la filiale siriana di al Qaida. Isis e al Nusra sono nemici, si combattono tra loro.

Eppure nel caos della nuova Siria sembra ci sia posto anche per Isis, i cui obiettivi non sembrano tanto lontani dai piani del governo di HTS: ad esempio, l’eliminazione delle minoranze religiose pare un tratto comune alle due formazioni.
La differenza è che Isis porta avanti il progetto del Califfato islamico, cioè un regno in cui la comunità dei credenti in Allah, la umma islamyia,  sarà sottomessa ad un unico sovrano. Al Nusra, e dunque HTS, mirano invece a diffondere la legge islamica in tutto il mondo, rispettando però i vari Paesi.

Tornando ai quattro mesi e venti giorni della sua prigionia, quale è stata la sofferenza più grande che ha dovuto affrontare quando si è trovato nelle mani dei suoi rapitori?Indubbiamente la sofferenza psicologica. I primi due giorni sono stato picchiato duramente, ma la sofferenza psicologica è più forte e pericolosa di quella fisica. Devo ammettere che Isis ha una modalità molto ben sperimentata ed efficace di praticare la pressione psicologica. Inizialmente mi minacciavano di decapitazione se non mi fossi convertito all’islam - per loro convertire un sacerdote cattolico sarebbe stato un grande risultato. Quando hanno capito che questo metodo non funzionava, mi hanno mandato un uomo molto dolce, molto rispettoso, che mi ha raccontato la storia di un pastore anglicano convertito all’islam che era diventato un maestro rispettato ed aveva quattro mogli. Non ha funzionato nemmeno questa strada, però.

Ha mai avuto la tentazione di cedere?
Certamente, è normale. Non solo di cedere, ma anche di sentirmi abbandonato da Dio. Quando vivevo questo sentimento pregavo il rosario, mentalmente perché quando mi hanno rapito non avevo un rosario con me. Quando all’inizio mi hanno picchiato forte ho ceduto al dolore fisico ed al senso di abbandono ed è stata l’unica volta in cui ho pianto. Poi mi sono addormentato, ho dormito due ore e  mi sono svegliato cantando la preghiera di Santa Teresa d’Avila – nulla ti turbi, nulla ti spaventi – in arabo, lingua in cui non l’avevo mai recitata. L’ho visto come un segno che il Signore non mi aveva abbandonato, un dono gratuito che mi ha dato la forza di andare avanti.

Cosa possiamo fare noi, mondo occidentale, per la Siria?
Pregare. Abbiamo bisogno di unirci tutti nella preghiera: sono convinto che la preghiera sia la vera forza capace di salvare il mondo. Mentre ero prigioniero e pregavo per tutti, ho avuto il dono di sentire la preghiera di tanti che supplicavano Dio per me. Se sono riuscito a sfuggire ai miei rapitori è stato grazie alla forza della preghiera.

Oggi ha paura?
No. Sono arrivato alla convinzione che, se muoio per la fede, non sono né il primo né l'ultimo. Inoltre, come dice San Paolo quando parla della propria morte, siamo con Gesù, cosa più vogliamo? Se la morte è la via per essere con Gesù, è bello.



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