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Venerdì della Bussola

Mediatrice e Corredentrice, perché è nostra Madre

L’antichità e il fondamento dei titoli di Mediatrice e Corredentrice. La distribuzione delle grazie: una conseguenza della corredenzione. Il legame con la maternità divina e la maternità di Maria verso di noi. Dalla videointervista di Stefano Chiappalone a padre Serafino Lanzetta e Luisella Scrosati.

Il dossier: Maria è Corredentrice

Ecclesia 13_12_2025

Corredentrice e Mediatrice: cosa significano questi due termini e perché è corretto applicarli a Maria Santissima? È questo il tema attorno a cui si è svolta la diretta di ieri dei Venerdì della Bussola, condotta da Stefano Chiappalone, con ospiti Luisella Scrosati e padre Serafino Maria Lanzetta, docente di Teologia dogmatica alla St Mary’s University di Londra. Una diretta in cui si è ricordato l’insegnamento costante della Chiesa, favorevole a questi due titoli mariani, ritornati al centro del dibattito ecclesiale dopo la singolare nota del Dicastero per la Dottrina della Fede (DDF), Mater populi fidelis (2025), che ha creato disorientamento tra i fedeli definendo «sempre inappropriato» il titolo di Corredentrice e contestando anche quello di Mediatrice di tutte le grazie.

Parlando dell’origine del termine Corredentrice, padre Lanzetta ha richiamato il contributo già dei primi Padri della Chiesa che hanno presentato la Madonna quale nuova Eva: «La Vergine Maria è colei che ha contribuito con il nuovo Adamo, Gesù Cristo, alla riparazione di quanto purtroppo aveva fatto la prima Eva disobbedendo a Dio: quindi, la disobbedienza di Eva è stata riparata dall’obbedienza di Maria. In questo modo Maria, come dice sant’Ireneo, “è diventata causa di salvezza”, un termine fortissimo», spiega il sacerdote, in quanto vi è già la base della dottrina sulla corredenzione. Verso il X secolo si parlava di Maria quale Redentrice, termine sostituito a partire dal XV secolo da Corredentrice perché, attraverso la derivazione dal prefisso latino cum, «è quello che più immediatamente manifesta la subordinazione di Maria a Cristo, ma al tempo stesso la sua attiva e fattiva collaborazione alla nostra salvezza».

Riguardo alla mediazione mariana, il titolo di Mediatrice di tutte le grazie è come un corollario della verità della corredenzione. «Poiché Maria è coinvolta attivamente nella nostra salvezza – argomenta padre Lanzetta – è chiaro, logico e doveroso che contribuisca attivamente alla distribuzione delle grazie: questo significa in fondo il titolo di Mediatrice di tutte le grazie, un titolo anch’esso antichissimo, che è stato utilizzato dai Romani Pontefici e che è parte della dottrina mariana», la quale a sua volta si esprime nelle devozioni legate alla Madonna.

Siamo dunque di fronte a due titoli (Mediatrice e Corredentrice) che sono profondamente connessi e che racchiudono la prerogativa fondamentale di Maria verso di noi: la sua maternità. In questo senso, il teologo invita a riflettere: «Se Maria non è Corredentrice, cioè se non ha contribuito attivamente a generarci alla vita eterna, in che modo è nostra Madre? Soltanto guardando alla nostra generazione come spettatrice?». Se pensassimo a una sua passività, dovremmo in breve gettare alle ortiche tutta la dottrina su di Lei, che invece «è veramente nostra Madre» e perciò ha cooperato in modo unico – con Gesù e in dipendenza da Lui – alla nostra redenzione.

La nota del DDF si pone in contrasto con tutto lo sviluppo dottrinale sulla corredenzione. Ed è curioso, fa presente la Scrosati, che essa, per negare l’appropriatezza del termine Corredentrice, faccia riferimento alla costituzione dogmatica Lumen Gentium, dove è vero che quel titolo non è esplicitato ma è altrettanto vero che «vi è affermato un ruolo attivo e immediato della Madonna nella cooperazione alla redenzione», che corrisponde proprio alla corredenzione. La collaboratrice della Bussola, poi, sottolinea che non è corretto parlare di due correnti teologiche equivalenti sulla cooperazione di Maria – la “minimalista” e la “massimalista” – perché quello che la Mater populi fidelis presenta come massimalista «è in realtà l’insegnamento che troviamo in modo chiaro in san Giovanni Paolo II, in Pio XII, in san Pio X» e in diversi altri Papi che hanno insegnato, esplicitamente o implicitamente, la corredenzione: cioè, «si tratta di una posizione che il magistero ha già affermato e reiterato più volte».

E qui entriamo nel cortocircuito innescato da questa nota: il prefetto del DDF, Victor Manuel Fernández, ha chiarito che essa rientra nel magistero ordinario, ma rimane la contraddizione con il magistero precedente che insegna, molte volte, sia la verità di Maria Corredentrice che quella di Mediatrice di tutte le grazie. La Scrosati ha ricordato al riguardo che il magistero si può distinguere in base al soggetto, alla modalità d’espressione, al grado di adesione richiesta. Ora, l’ossequio dell’intelletto che bisogna prestare al magistero «richiede anche una possibilità di adesione razionale», che evidentemente è minata alla radice dalla contraddizione di cui sopra. Questa nota «è un unicum» nel magistero ordinario perché manca di appoggi solidi (tanto che il DDF arriva a citare un’intervista per cercare di suffragare la propria tesi), mentre dall’altra parte è certo che «i Pontefici – sulla base dei Padri e Dottori della Chiesa, dei Santi, eccetera – hanno insegnato che la Madonna ha cooperato alla redenzione in modo attivo, in modo immediato, cosa che viene espressa correttamente dal termine Corredentrice».

Ma andiamo all’obiezione fondamentale: il titolo di Corredentrice oscura il Redentore? No, e anzi lo illumina, spiega padre Lanzetta, perché anche Maria è stata redenta da Cristo ma in modo del tutto unico rispetto a ogni altra creatura, venendo preservata dal peccato originale in vista dei meriti di Lui. Questa preservazione, frutto della divina grazia, ha fatto sì che Maria potesse «cooperare con Cristo nella salvezza di tutta l’umanità, di coloro che invece non sono stati preservati come Lei ma sono stati liberati dal peccato. Tutti noi siamo caduti nella colpa, ma siamo stati liberati da Cristo, con Maria. Quindi, Corredentrice non solo non oscura Redentore ma mette in evidenza chi è Gesù, perché mette in evidenza quello che Lei ha ricevuto in modo singolare e, perciò, la gloria unica di Cristo». Grazie a un argomento del tutto simile il beato Duns Scoto aveva dimostrato la verità dell’Immacolata Concezione.

Ancora, i negatori della corredenzione sottolineano la dissomiglianza tra Maria e Gesù, tra creatura e Creatore. Una dissomiglianza che la Chiesa ha sempre insegnato, ma al contempo ne ha insegnata anche un’altra, ossia «la dissimilitudine tra Maria e tutti noi, perché nella sua predestinazione eterna – afferma la Scrosati – Maria Santissima è stata pensata come profondamente relata al Verbo incarnato. E quindi Lei fa parte, con il Verbo incarnato, di un ordine che non è il mero ordine della grazia, non è neanche l’ordine della gloria, è un ordine superiore, e questo è un corollario del senso profondo della Maternità Divina». E in questa predestinazione rientra anche il suo essere Corredentrice, in virtù della partecipazione della grazia e dei suoi stessi meriti. Del resto, pure il culto di iperdulia, riservato alla Madonna, esprime teologicamente questa appartenenza di Maria a un ordine a sé.

Riguardo alla preoccupazione “ecumenica” sull’uso del titolo di Corredentrice e in particolare al rapporto con i protestanti, padre Lanzetta ritiene che possa essere il motivo principale dietro la nota, «ma non è un buon servizio alla fede cattolica». La concezione luterana, insistendo sull’incapacità dell’uomo di fare il bene, intacca Cristo stesso. «Il problema di Lutero è cristologico», afferma padre Lanzetta, perché in definitiva nell’eresiarca «manca una comprensione corretta della cooperazione, in Cristo, della natura umana con la natura divina». Perciò, aggiunge il sacerdote, «il modo più corretto per preservare la verità della cooperazione in quanto tale è lumeggiare la verità della Corredentrice, che tiene insieme Cristo e l’uomo» e ciò «perché grazie alla maternità di Maria queste due realtà sono diventate una persona che si è incarnata, il Verbo incarnato».

 



corredenzione

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