La causalità della risurrezione di Cristo – Il testo del video
Nell’ultima quæstio dedicata alla risurrezione del Signore Gesù, san Tommaso si domanda se essa sia causa della nostra risurrezione e, inoltre, della nostra giustificazione. Due articoli dalla densità teologica straordinaria.

Oggi commentiamo la quæstio 56 della terza parte della Summa Theologiæ. Si tratta dell’ultima questione che san Tommaso dedica alla risurrezione del Signore Gesù. Abbiamo dedicato diverse catechesi al mistero della risurrezione e alle manifestazioni del Risorto. E oggi concludiamo per poi dare spazio all’ascensione del Signore.
Questa questione è molto breve: consta di soli due articoli, che hanno però una densità teologica straordinaria. Il loro tema è molto semplice: san Tommaso si domanda se la risurrezione del Signore sia rispettivamente la causa della risurrezione dei nostri corpi, quando risorgeranno alla fine dei tempi, e se sia la causa della risurrezione delle nostre anime. In che senso? Si intende la risurrezione delle anime dal peccato, quindi la giustificazione. Ricordo che abbiamo dedicato delle catechesi alla giustificazione.
Focalizziamo subito le quattro obiezioni che san Tommaso muove e che sembrerebbero condurre alla conclusione che la risurrezione di Cristo non sia la causa della risurrezione dei nostri corpi, della risurrezione della carne. Sono obiezioni molto importanti e vedremo poi come san Tommaso risponde a ciascuna di esse.
La prima obiezione in sintesi è questa: se la risurrezione di Cristo fosse la causa della risurrezione dei corpi di tutti gli uomini, allora dopo la sua risurrezione noi avremmo dovuto vedere risorgere i morti; cioè, posta la causa, segue l’effetto. Così sembrerebbe. Un ragionamento plausibile che sembrerebbe deporre quindi in modo contrario all’effettiva causalità della risurrezione di Cristo sulla risurrezione dei nostri corpi.
Seconda obiezione: quando la Rivelazione insegna che i corpi risorgeranno, essa lega questa risurrezione al giudizio. Lo diciamo anche nel Credo: «E di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti». Questo giudizio, per ragioni di giustizia, richiede che, oltre al premio e alla punizione relativamente all’anima, ci sia anche il premio o la punizione per il corpo, perché ciascuno di noi ha meritato e si è macchiato di colpe nella propria vita con l’anima e il proprio corpo. Sembrerebbe che la risurrezione della carne sia un’esigenza della giustizia divina e dunque, sotto questo punto di vista, la risurrezione di Cristo non aggiungerebbe nulla. È la giustizia divina ad essere causa della risurrezione dei corpi, a prescindere – in questa ottica – dalla risurrezione del Signore.
La terza obiezione riguarda la difficoltà a rintracciare quale tipo di causa eserciterebbe la risurrezione. In particolare, con questa obiezione, Tommaso riflette sui tre tipi di causalità possibile: la causalità esemplare, la causalità efficiente, la causalità meritoria, escludendole tutte e tre.
Quarta e ultima obiezione: Cristo ha distrutto la morte morendo; sono la sua passione e la sua morte in particolare ad avere distrutto la morte e quindi ad avere restituito la vita, anche la vita dei corpi che sarà la grande sconfitta finale della morte, perché la morte domina fino a quando domina la separazione dell’anima e del corpo. Ma appunto ad essere causa della distruzione della morte è stata la morte di Cristo: dunque, sembra che la risurrezione di Cristo sia un semplice effetto, non abbia quindi nessuna effettiva causalità sulla “morte della morte”, cioè sulla risurrezione dei corpi.
Questo è un po’ il ventaglio delle obiezioni. Eppure, la Rivelazione è esplicita in più punti. Prendiamo ad esempio il testo della Prima lettera ai Corinzi (15, 20-21): «Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti». La primizia dei morti indica qui la primizia dei risorti. E dunque è la Rivelazione a dirci che la risurrezione di Gesù ha molto a che fare con la risurrezione dei nostri corpi, ne è la causa. Ora cerchiamo di capire e commentare con argomenti di ragione, che si appoggiano chiaramente alla Rivelazione, questa verità.
San Tommaso ci dà un principio importante di ragione e ci dice che ciò che è primo nel proprio genere è causa di ciò che segue. Facciamo un esempio semplicissimo. Adamo è stato il primo uomo, il primo del genere umano, e dunque è la causa degli altri appartenenti alla natura umana e che sarebbero venuti successivamente. Questo è un principio di ragione. Ora, san Tommaso ci dice: la risurrezione di Cristo è in assoluto la prima nel suo genere, perché mai nella storia dell’umanità un morto è risorto, come Cristo, con una risurrezione di gloria. Ricordate la differenza che c’è tra le risurrezioni imperfette – le risurrezioni di morti che risorgono per morire poi nuovamente, cioè risorgono a questa stessa vita mortale – e la risurrezione perfetta, cioè il risorgere per non morire più, il risorgere a una vita gloriosa. Sotto questo genere il Signore è in assoluto il primo, è la primizia dei risorti, come ci dice san Paolo, la primizia di coloro che sono morti e quindi è anche la primizia di coloro che risorgeranno: a causa di un uomo verrà anche la risurrezione.
Questo è importante, perché ci dice che proprio perché la risurrezione di Cristo è la prima nel suo genere, essa è causa di ciò che verrà dopo nel suo stesso genere. Ancora, san Tommaso fa una precisazione importante: «Il Verbo di Dio innanzitutto conferì la vita immortale al corpo unito a sé per natura, e per mezzo di esso compie la risurrezione in tutti gli altri» (III, q. 56, a. 1).
Qual è la precisazione? San Tommaso ci ricorda un punto che abbiamo già trattato parlando della risurrezione di Cristo, cioè che Cristo risorge non in virtù della sua umanità (la natura umana non era in grado di riunificare l’anima e il corpo separati dalla morte), ma risorge per virtù divina: è la persona del Verbo, nella sua natura divina, che ridà la vita immortale al corpo, quindi riunisce l’anima al corpo e li riunifica per una vita nuova, immortale, gloriosa. È per mezzo di questo stesso Verbo che avverrà la risurrezione gloriosa di tutti gli altri.
Teniamo presente questo assunto perché è fondamentale sia per rispondere alle obiezioni che vedremo sia per capire anche l’articolo seguente. Ricordiamo la prima obiezione: se la risurrezione di Cristo fosse la causa della risurrezione dei corpi, i corpi sarebbero già dovuti risorgere; data la causa, avremmo già dovuto avere l’effetto in tutti. Ma san Tommaso dice: la risurrezione di Cristo è causa della nostra risurrezione per la virtù del Verbo; ora, il Verbo agisce come una causa volontaria. Questo è importante. La stessa risurrezione di Cristo avviene per virtù divina, per virtù del Verbo; ogni risurrezione successiva avverrà per virtù del Verbo, per virtù divina. Ma, attenzione: il Verbo è persona divina, quindi agisce non come causa meramente strumentale, come causa inanimata, fisica, ma agisce come causa volontaria.
Nell’ordine delle cause ci sono delle cause volontarie, libere, e delle cause che invece non sono libere. Una pietra che rotola non è libera di decidere se cadere o non cadere: è nell’ordine delle cause necessarie. Invece esistono delle cause libere che dipendono dalla volontà: il fatto che io parli a voi è frutto di una causa libera, volontaria. Il Verbo agisce come causa volontaria, evidentemente. Allora cosa significa questo? Proseguiamo con la risposta alla prima obiezione: «Non è quindi necessario che l’effetto segua immediatamente, ma secondo le disposizioni del Verbo di Dio» (III, q. 56, a. 1, ad 1). Cioè, non c’è una necessità della conseguenza perché, trattandosi di una causa volontaria, e in particolare una causa divina, essa può determinare in qualche modo l’effetto: un effetto che può essere differito e non immediato.
Qual è la ragione per cui il Signore ha scelto di non dare immediatamente effetto alla propria causalità nella risurrezione dei corpi? Dice Tommaso: «In modo da conformarci prima a Cristo nella sofferenza e nella morte in questa vita passibile mortale, per giungere poi a partecipare la somiglianza della sua risurrezione» (ibidem). Il differimento dell’effetto sta proprio nella conformazione a Cristo. Come Cristo è giunto alla risurrezione passando dalla passione e dalla morte, così coloro che sono in Cristo. Ed era dunque sapiente, conveniente, che la virtù divina non desse immediatamente seguito all’effetto della propria causalità, cioè in sostanza che i morti non risorgessero subito.
La seconda obiezione riguarda la questione della giustizia di Dio. San Tommaso spiega: «La giustizia di Dio è la causa prima della nostra risurrezione, ma la risurrezione di Cristo ne è la causa seconda e quasi strumentale» (III, q. 56, a. 1, ad 2). San Tommaso ci sta dicendo che c’è causa e causa. È chiaro che la causa principale della risurrezione dei corpi sta nella natura umana, cioè nel fatto che il premio o la punizione per ciò che abbiamo compiuto in questa vita con la nostra anima e con il nostro corpo raggiunga sia l’anima che il corpo. E tuttavia questa giustizia divina ha voluto agire tramite una causa seconda e quasi strumentale, cioè: non ha voluto agire tramite altro, ha voluto agire mediante la risurrezione di Cristo. Avrebbe potuto fare diversamente? Nulla lo vieta, ma ha scelto, ha voluto per sapienza che a concorrere come causa seconda fosse proprio la risurrezione del Signore. E vedremo tra un po’ perché.
San Tommaso conclude dicendo così: «Dal momento che Dio ha decretato di liberarci in questo modo, è evidente che la risurrezione di Cristo è la causa della nostra risurrezione» (ibidem). Al di là di tutti i discorsi e ragionamenti che possiamo fare, noi sappiamo che Cristo è risorto: è risorto come primizia di coloro che risorgono. Dio, dunque, ha decretato che la risurrezione di Cristo fosse effettivamente la causa della nostra risurrezione; è una causa ordinata, una causa seconda rispetto a una causa prima. Dunque, vediamo che i due argomenti non si escludono: non è che poiché la risurrezione di Cristo è causa della risurrezione dei corpi, allora non lo è più la giustizia divina e viceversa; ma entrambe sono cause coordinate e rispettano un ordine gerarchico.
Un po’ più complessa è la risposta alla terza obiezione. Qual è il tipo di causalità che la risurrezione del Signore esercita nella risurrezione dei corpi? San Tommaso dice: sicuramente non è causa meritoria. Perché non è causa meritoria? Perché con la risurrezione il Signore non è più nello stato dei viatori. I viatori siamo noi. Non è più nella condizione di questa vita mortale, nella quale si può meritare o demeritare. Quanto al merito, tutto è compiuto definitivamente con la passione del Signore, ma non l’effetto, non è compiuta la causalità. È compiuta la causalità meritoria, ma essa non racchiude tutte le causalità che si possono esercitare. Ne rimangono altre due: la causa efficiente e la causa esemplare. San Tommaso ci dice che la risurrezione di Cristo agisce sia come causa efficiente sia come causa esemplare sulla nostra risurrezione.
Perché come causa efficiente? Per quello che abbiamo detto prima. Non perché il corpo risorto del Signore possa risuscitare altri corpi, ma per la virtù divina. Ricordiamo che il corpo e l’anima del Signore Gesù sono uniti ipostaticamente alla sua divinità; è quindi in virtù della divinità che la risurrezione del suo corpo diventa causa efficiente della risurrezione degli altri corpi, che è un altro modo per ribadire quello che abbiamo detto fino adesso. È Dio che opera la risurrezione dei corpi, ma ha deciso di farlo tramite la risurrezione della carne del Signore Gesù.
Secondo punto: cos’è la causa esemplare? È la tensione, la tendenza di ciò che è meno perfetto ad andare verso ciò che è più perfetto, ad imitare ciò che è più perfetto. Allora san Tommaso ci dice che la risurrezione di Cristo è effettivamente il modello, la causa esemplare della nostra risurrezione, la quale non sarà che una partecipazione della sua risurrezione gloriosa. E san Tommaso ci dice che in qualche modo c’è una conformazione di noi alla risurrezione di Cristo. Possiamo dire che la risurrezione di Cristo nella carne ha una sorta di forza esemplare attrattiva, che attrae, “aspira” in qualche modo tutta l’umanità a prendere parte a questo modello, a questo exemplum. Qui torna di nuovo questa idea dell’esempio, che non è semplicemente un esempio da imitare, del tipo “lui fa una cosa buona e io la imito”, è qualche cosa di più profondo, di intrinseco.
Nella risposta all’ultima obiezione – cioè, la morte (non la risurrezione) di Cristo ha distrutto la morte e ci ha dato la vita –, san Tommaso dice: «In rapporto all’efficienza dovuta alla virtù divina, sia la morte di Cristo che la sua risurrezione sono in generale causa sia della distruzione della morte che della riparazione della vita» (III, q. 56, a. 1, ad 4). Nella morte di Cristo agisce la virtù divina: non è la morte in quanto tale a dare la vita. Di per sé, non è che la morte distrugge la morte, e la risurrezione dà la vita: questo avviene – come abbiamo visto diverse volte – per la virtù divina che opera attraverso la morte e la risurrezione del Signore, perché tutto discende dal dogma dell’unione ipostatica, dell’unione delle due nature nell’unica persona del Verbo. E quindi, rispetto alla virtù divina, non c’è differenza tra la morte e la risurrezione come capacità di causare la distruzione della morte e di dare la vita. Invece la distinzione la troviamo nella causalità esemplare. Dice infatti Tommaso: «Rispetto alla causalità esemplare, la morte di Cristo (…) è causa della distruzione della nostra morte, mentre la sua risurrezione (…) è causa della riparazione della nostra vita» (ibidem). È chiaro: dal punto di vista della causalità efficiente, quindi della natura divina che agisce, non c’è differenza tra la morte e la risurrezione del Signore nel causare la morte della morte e quindi la riparazione della vita; c’è differenza invece sotto l’aspetto della causa esemplare, dove evidentemente la morte è causa esemplare della distruzione della nostra morte, e la risurrezione è causa esemplare della nostra risurrezione.
Riguardo alla causa meritoria, abbiamo invece visto che la passione e morte del Signore è anche causa meritoria, diversamente dalla risurrezione.
Nell’art. 2 san Tommaso si domanda se la risurrezione del Signore sia anche causa della risurrezione delle anime, cioè dell’opera della giustificazione. Anche qui presenta delle obiezioni, le riassumiamo. Un’obiezione è che il corpo non può agire sullo spirito, dunque la risurrezione della carne del Signore non può agire sulla risurrezione degli spiriti, delle anime. Un’altra obiezione: dal momento che il Signore voleva fare l’analogia tra la risurrezione di Cristo come causa di risurrezione dei corpi e delle anime, allora dovremmo avere lo stesso effetto; ma siccome tutti i corpi, sia dei buoni che dei cattivi (i buoni per ricevere il premio, i cattivi per ricevere la condanna), risorgeranno, allora anche tutte le anime dovrebbero risorgere (e quindi essere giustificate). Terzo, la remissione dei peccati – che è il fulcro della giustificazione, il senso della giustificazione – è dovuta alla morte del Signore, non alla sua risurrezione. Dunque, queste sono le tre grosse obiezioni che sembrerebbero impedire di affermare che la risurrezione del Signore sia stata la causa anche della risurrezione delle anime.
Ora, nella sua risposta san Tommaso pone il punto chiave che abbiamo già visto. Qual è questo punto chiave? È che ad agire nella risurrezione di Cristo è la virtù della divinità. Non sono l’anima e il corpo del Signore, ma è la virtù della divinità che agisce in Cristo nella sua risurrezione. La virtù della divinità è capace di agire sulle anime, ma Dio ha deciso di farlo servendosi della risurrezione di Cristo come strumento. Leggiamo san Tommaso che richiama i punti salienti di quello che abbiamo visto riguardo alla causalità della risurrezione del Signore nei confronti della risurrezione dei corpi: «La risurrezione di Cristo, come si è già notato, agisce per la virtù della divinità, la quale si estende non solo alla risurrezione dei corpi ma anche a quella delle anime» (III, q. 56, a. 2). È chiaro: la virtù divina si estende a tutto, anima e corpo. «La risurrezione di Cristo dunque possiede la capacità strumentale di produrre non solo la risurrezione dei corpi, ma anche la risurrezione delle anime» (ibidem). Poiché è la virtù divina che agisce e ha deciso di agire per mezzo della risurrezione, ecco che la risurrezione può essere sia causa efficiente della risurrezione dei corpi sia causa efficiente della risurrezione delle anime, cioè della giustificazione. Detto in altro modo, proprio per rispondere all’obiezione che il corpo non può agire sullo spirito, san Tommaso ribadisce: «La causalità della risurrezione di Cristo raggiunge le anime non per la virtù propria del suo corpo risuscitato, ma per la virtù della divinità ad esso ipostaticamente unita» (III, q. 56, a. 2, ad 2). È perché questo corpo che risorge è unito ipostaticamente alla divinità che può essere la causa seconda, la causa strumentale sia della risurrezione dei corpi sia della risurrezione delle anime. Dunque, così è risolta la prima obiezione.
San Tommaso dice poi che la risurrezione della carne agisce anche come causa esemplare della risurrezione delle anime, non solo della risurrezione dei corpi, perché riprende l’insegnamento di san Paolo nella Lettera ai Romani (6, 4): «Come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova». Quindi, c’è questa esemplarità che la risurrezione di Cristo esercita sulle anime.
L’altra obiezione che avevamo richiamato: se la risurrezione di Cristo fa risorgere tutti i corpi, allora dovrebbe far risorgere anche tutte le anime. Però san Tommaso ci invita a fare attenzione perché la risurrezione delle anime, a differenza della risurrezione dei corpi, richiede un aspetto: il merito. Tommaso dice che il merito «è un effetto della giustificazione: la risurrezione dei corpi invece è ordinata sia alla pena che al premio, i quali dipendono dalle funzioni del giudice. Cristo ha il compito di giudicare, ma non di giustificare tutti. Per questo egli risusciterà tutti secondo il corpo, ma non secondo l’anima» (III, q. 56, a. 2, ad 3).
Che cosa vuol dire? Certamente la grazia che Cristo ci ha meritato e la virtù divina che scaturisce dalla sua umanità sono in grado di giustificare tutti gli esseri umani, ma non tutti vengono giustificati. E perché non tutti vengono giustificati? Perché, la risurrezione delle anime, il rinascere a vita nuova, implica il merito, che è un effetto della giustificazione. Cioè, questa grazia viene data a tutti ma occorre poi che divenga “efficace” per la libera collaborazione dell’uomo; sempre ispirata e sostenuta dalla grazia, eppure, è una collaborazione reale che è fonte di merito. Non mi soffermo su questo aspetto, vi rimando alle catechesi su giustificazione e merito; aspetti delicati, ma estremamente importanti. Non così per la risurrezione dei corpi dove Cristo agisce come giudice universale. Giudicherà tutti a prescindere dal loro merito, e quindi tutti verranno giudicati nella loro umanità, anima e corpo, da Cristo, con una differenza sostanziale: alcuni per la condanna, altri per il premio eterno.
Infine, la virtù divina è causa tramite la risurrezione di Cristo; sia la passione che la risurrezione sono causa della giustificazione, cioè della risurrezione delle anime. Quindi non è solo la morte di Cristo a causare la remissione dei peccati, a portare la giustificazione, ma, essendo la remissione dei peccati e la giustificazione causate dalla virtù divina, ecco che essa agisce sia tramite la passione e morte del Signore che tramite la sua risurrezione. Dunque la risurrezione di Cristo è anche causa effettivamente – attenzione – della risurrezione delle anime. Non è causa meritoria e abbiamo visto perché: Cristo finisce di meritare con la fine della sua vita da viatore; eppure non esiste solo la causalità meritoria, esistono anche la causalità efficiente e la causalità esemplare, e ciò fa sì che la causalità della risurrezione di Cristo si estenda anche alla risurrezione delle anime, alla salvezza delle anime.
Questa catechesi conclude il ciclo sulla risurrezione di Cristo. La prossima volta vedremo la quæstio 57 che verte sull’ascensione di Gesù al cielo.
La causalità della risurrezione di Cristo
Nell’ultima quæstio dedicata alla risurrezione del Signore Gesù, san Tommaso si domanda se essa sia causa della nostra risurrezione e, inoltre, della nostra giustificazione. Due articoli dalla densità teologica straordinaria.
Le manifestazioni del Risorto (II parte) – Il testo del video
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Le manifestazioni del Risorto – Il testo del video
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