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ISRAELE

Cisgiordania, coloni israeliani scatenati contro i palestinesi

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Attacchi quotidiani dei coloni contro i villaggi palestinesi per distruggere i raccolti, con la complicità dei militari israeliani. Così va avanti il progetto di annessione della Cisgiordania. E intanto Putin si inserisce per far fallire l'iniziativa di pace americana.

Esteri 17_11_2025

A Gaza gli attacchi, nonostante la tregua, non sono mai cessati. Ma, da quel tragico 7 ottobre del 2023, anche in Cisgiordania non c’è più pace. I coloni, quotidianamente, compiono incursioni contro la popolazione palestinese sotto lo sguardo complice dei soldati israeliani, pronti ad utilizzare le loro micidiali armi. Gli ebrei ultraortodossi agiscono indisturbati, a volte supportati, nell’attuazione delle loro azioni terroristiche e distruttrici, da alcuni ministri del governo Netanyahu. Il tutto nell’indifferenza e nel silenzio più assordante delle cancellerie di tutto il mondo.

Gli Stati Uniti, che potrebbero fermare l’annientamento del popolo palestinese e il nuovo esodo forzato, tacciono, anzi minacciano e ripropongono fantasiosi luoghi di villeggiatura. E così il governo ultranazionalista, guidato dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, prosegue imperterrito nell’oramai evidente, anche se sottaciuto, obiettivo di occupare la Cisgiordania, violando le più elementari regole internazionali.

Non c’è giorno che la cronaca non registri episodi di violenza. Nelle campagne palestinesi, piante secolari di ulivi vengono sradicate, tagliate a pezzi e bruciate; le olive raccolte distrutte o danneggiate in modo da non poter essere più utilizzate. Proprio in questo periodo dell’anno, in cui avvengono i raccolti che rappresentano una fonte fondamentale di sostentamento per molte famiglie palestinesi.
È accaduto ieri a Bardala, un villaggio palestinese nella Valle del Giordano, situato nella zona "C", secondo la classificazione degli accordi di Oslo. Ma anche a Beit Fajjar, a sud di Betlemme, dove i coloni hanno attaccato i contadini palestinesi ferendone alcuni in modo anche grave, oltre a lanciare pietre e incendiare auto e mezzi agricoli. Negli ultimi giorni è stata utilizzata una nuova disumana tecnica di assalto: l’utilizzo di cani addestrati per attaccare le persone. Dall’inizio dell’anno sono state oltre mille le incursioni condotte dai coloni israeliani in territorio palestinese.

Dal 1967, gli ultranazionalisti ebrei, sempre con l’appoggio del governo, hanno costruito oltre 250 insediamenti e avamposti nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme Est. Molti di questi si trovano vicini a città e villaggi palestinesi, il che spesso determina tensioni tra le due parti e gravi restrizioni alla libertà di movimento per gli abitanti della zona. Oggi sono oltre 700mila i coloni che vivono su territori occupati della Cisgiordania.

Accade, nel caso di attacchi di coloni ai palestinesi, che la polizia israeliana rinunci ad indagare. Secondo una recente indagine le inchieste contro i nazionalisti ebrei sono diminuite del 73% dal 2023, sotto la guida del Ministro della Sicurezza Nazionale, Itamar Ben Gvir. Nel corso del 2025 la polizia, infatti, ha aperto solo 60 accertamenti in merito alle violenze commesse da residenti degli insediamenti, rispetto alle 150 del 2024 e alle 235 del 2023, ignorando il fatto che le segnalazioni di aggressioni sono, invece, aumentate durante quest’ultimo periodo.

Ogni governatorato della Palestina, negli ultimi due anni, ha subito attacchi da parte dei coloni. I dati resi noti dall'Ocha (Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari) rivelano, che tra gennaio 2024 e agosto 2025, il governatorato di Ramallah ed el-Bireh ha registrato il numero più alto di attacchi da parte dei coloni, con 634 episodi, seguito da Nablus con 501 e Hebron con 462.
Sempre secondo i dati forniti dall’agenzia delle Nazioni Unite, dal 7 ottobre 2023 più di 1.000 palestinesi della Cisgiordania sono stati uccisi e quasi 10mila sono rimasti feriti dalle forze israeliane e dai coloni armati. Solo nel 2025, l'Ocha ha documentato almeno 178 morti palestinesi provocati dalla violenza dei coloni e dell'esercito. Tra le vittime ci sono contadini, bambini e residenti di villaggi e campi profughi.

Bambini innocenti uccisi. I minori sopravvissuti porteranno, però, impresse nelle loro menti le azioni violente compiute dai coloni israeliani. Dopo aver assistito all’uccisione dei genitori o dei parenti, difficilmente questi episodi crudeli saranno cancellati dalla loro mente. Purtroppo da tutto ciò non può che scaturire odio sempre più radicato, propositi di vendetta e rivalsa, insieme a una maggiore diffusione della radicalizzazione. «Gli attacchi, anche quelli mirati, e le uccisioni non possono essere una soluzione», ha detto papa Leone XIV in un recente Angelus. «Le ferite sono molto profonde, e i cuori delle persone sono sommersi e lacerati dalla propria sofferenza che non trova più lo spazio per accogliere quella degli altri», ha aggiunto il patriarca di Gerusalemme dei Latini, Pierbattista Pizzaballa. 

Il linguaggio usato dalla politica in questi ultimi due anni non ha fatto altro che alimentare l’avversione, il rancore e il disprezzo dell’uno contro l’altro. La possibile convivenza tra arabi e israeliani, che esisteva in molte città della Terra Santa, è ora compromessa definitivamente. Ma quale altra via può essere percorsa per ricostruire le relazioni lacerate, dilaniate da mesi di violente ostilità, se non quella della rappacificazione? Le ferite vanno curate, il dialogo riavviato, usando la reciproca comprensione per creare un nuovo rapporto tra le parti.

Anche a Gaza la strada della ricostruzione è lunga e tortuosa. Basti pensare che in quella lingua di terra insanguinata si continua a morire; mediamente vengono uccisi otto palestinesi al giorno, dalle forze israeliane o per fame. I Paesi mediatori, Stati Uniti, Egitto, Turchia e Qatar vigilano sul cessate il fuoco. Nel frattempo, Hamas e il gruppo Fatah stanno tentando un accordo per mettere alla guida dell’amministrazione della Striscia un esponente dell’Autorità Palestinese. Ma il primo ministro Netanyahu ostacola qualsiasi iniziativa. Ma perché escludere l’Autorità Palestinese? Forse non risponde più alle esigenze e alle aspettative del governo israeliano?

In questo clima di grande incertezza e di inadempienze rispetto agli accordi, s’inserisce la proposta della Russia che ha un chiaro scopo: far fallire l’iniziativa americana di pace presentata, in venti punti, dal presidente Donald Trump. Il testo, proposto da Vladimir Putin, non fa alcun accenno alla smilitarizzazione della Striscia e si oppone fermamente alla presenza d’Israele oltre la cosiddetta linea gialla prevista da Netanyahu. Ma c’è dell’altro: non dovrebbe essere Trump a guidare l’amministrazione temporanea a Gaza, bensì un responsabile delle Nazioni Unite. La contro-proposta non è piaciuta agli Stati Uniti, che l’hanno definita un tentativo di seminare discordia e d’intrusione nella politica del Medio Oriente.

Nel frattempo, ieri mattina, c’è stata una lunga telefonata tra Putin e Netanyahu durante la quale è stato affrontato il tema riguardante la proposta russa presentata all’Onu.