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AL VOTO IL 4 DICEMBRE

Inizia la partita del referendum. In gioco c’è il governo

Quello che per mesi veniva definito “il referendum di ottobre” ora si chiamerà “il referendum di dicembre”. Il consiglio dei ministri ieri ha infatti stabilito la data di quell’appuntamento con le urne: domenica 4 dicembre.  Si vota per il “Si” o il “No” alla riforma costituzionale, ma anche per il futuro o la caduta del governo.

Politica 27_09_2016
Il 4 dicembre il referendum sulla riforma costituzionale

Quello che per mesi veniva definito “il referendum di ottobre” ora si chiamerà “il referendum di dicembre”. Il consiglio dei ministri ieri ha infatti stabilito la data di quell’appuntamento con le urne: domenica 4 dicembre. In una trasmissione televisiva in primavera il premier Matteo Renzi aveva auspicato che la consultazione referendaria potesse svolgersi già il 2 ottobre. 

Non vedeva l’ora di archiviare la pratica e di andare alla resa dei conti con gli avversari, in particolare la minoranza dem. Col trascorrere delle settimane, però, si è convinto che la vittoria dei “Si” non sarebbe stata una passeggiata e, dopo la sconfitta alle amministrative di giugno, ha pensato bene di prendere tempo e di far slittare il più possibile l’appuntamento con le urne. Le preoccupazioni di Palazzo Chigi si sono progressivamente sommate a quelle del Quirinale, che ha suggerito a Renzi di tenere un profilo basso e di non esasperare i toni della contrapposizione tra “Si” e “No”. Per mesi, infatti, il premier aveva legato indissolubilmente all’esito del referendum il futuro politico del suo governo e perfino della legislatura, contribuendo in questo modo a compattare il composito fronte antirenziano. 

La personalizzazione del referendum era un errore e così, gradualmente, Renzi ha cambiato registro e ha cercato di puntare sui contenuti della riforma Boschi e non sulla sua personale vittoria politica in caso di prevalenza dei “Si”. Per ora, però, i sondaggi continuano a dare in vantaggio i “No”, nonostante risulti più facile, almeno in teoria, fare propaganda per i “Si”, sbandierando ai quattro venti la reale o presunta riduzione dei costi della politica, la reale o presunta semplificazione nell’approvazione delle leggi e gli altri risultati che si otterrebbero se la riforma Boschi raccogliesse la maggioranza dei voti nelle urne. Difficile, per i sostenitori del “No”, argomentare rispetto alla necessità di difendere la Costituzione, visto che l’attuale stato di dissesto in cui si trova il Paese è figlio anche degli errori commessi dai Costituenti nella stesura di alcuni articoli, in particolare quelli sulla Costituzione economica, che hanno indirizzato in modo rigidamente statalista l’attività legislativa.

Ma le opposizioni sono tutte compatte per il “No”, dal Movimento Cinque Stelle a Sinistra italiana, passando per i partiti del centrodestra (più determinata la Lega, più tiepida e divisa Forza Italia). Almeno numericamente, considerato che a favore del “Si” si esprimono soltanto la maggioranza del Pd, gli alfaniani e alcuni cespugli filogovernativi come i verdiniani, non ci sarebbe partita e dovrebbero prevalere i voti contrari alla riforma, ma si sa che a due mesi e mezzo di distanza da un referendum possono accadere tante cose. La scelta della data del 4 dicembre è figlia di due paure: quella del presidente del Consiglio di perdere il referendum e di doversi rimangiare la solenne promessa di lasciare la politica in caso di sconfitta, pur di restare in sella; quella del Quirinale di mettere in cassaforte i conti pubblici e quindi la legge di stabilità. Anche una settimana in più di tempo potrebbe significare per il premier riuscire a convincere altri elettori indecisi, magari allargando i cordoni della borsa con l’avallo di Bruxelles o sfruttando il possibile miglioramento di qualche indicatore macro-economico. 

Il problema, però, è che il Paese resterà impantanato fino a fine anno in una lacerante campagna referendaria che distoglierà energia dalle vere e incalzanti priorità socio-economiche. E poi c’è una questione di metodo: così come la legge elettorale, che riguarda tutti gli italiani e tutti i partiti, anche la data del referendum andava concordata con le opposizioni, che invece ieri hanno lamentato di non essere state consultate. Renzi sembra aver agito ancora una volta sulla base delle proprie convenienze e di quello che ritiene possa essere il suo tornaconto elettorale. Decidere di far votare gli italiani alla vigilia di un mega-ponte e delle festività natalizie potrà forse tornare utile a lui, ma non corrisponde certamente al bene del Paese e spingerà molta gente all’astensione. 

Bisognerà capire se scoraggerà di più chi è orientato al “Si” oppure chi è orientato al “No”. Visto che la posta in palio è davvero elevata, l’impressione è che l’Agcom dovrà vigilare con accortezza sull’effettivo rispetto della par condicio da parte dei mezzi d’informazione. La sfida referendaria si deciderà anche per via mediatica.