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Libertà religiosa

In tribunale l’insegnante che esponeva un crocefisso in aula

Succede negli Stati Uniti dove una anziana insegnante ha dovuto rimuovere il crocefisso che da dieci anni aveva appeso a una parete vicino alla sua cattedra

 

Per 10 anni un piccolo crocefisso è rimasto appeso in una classe della DiLoreto, una scuola elementare e media di New Britain, nel Connecticut. A mettercelo, sulla parete dietro la cattedra, in uno spazio nel quale gli insegnanti espongono oggetti personali e materiale di lavoro, era stata Marisol Arroyo-Castro, una delle insegnanti dell’istituto. Finora nessuno, salvo occasionalmente qualche collega, se ne era lamentato o risentito. Invece lo scorso dicembre la vicepreside della scuola ha comunicato a Marisol che erano arrivati alla direzione dei reclami e le ha chiesto di toglierlo appellandosi al Primo emendamento della costituzione Usa che stabilisce la laicità dello stato e quindi proibirebbe l’esposizione permanente di simboli religiosi in luoghi pubblici. Marisol, che ha 62 anni e 33 anni di carriera nell’insegnamento, dapprima si è rifiutata di farlo. Ha dovuto cedere, però, dopo un incontro con preside, vice preside, capo del personale e rappresentate sindacale. Ha quindi rimosso il crocefisso e lo ha sistemato nella parte interna della cattedra, in modo che non fosse più visibile. Ma qualche giorno dopo ci ha ripensato e ha rimesso il crocefisso al suo posto. Allora è stata sospesa per due giorni senza retribuzione, poi messa in aspettativa retribuita per due mesi e infine riammessa, ma assegnata a un ufficio amministrativo. L’insegnante non si è arresa, sostenuta dai legali ai quali si è rivolta ha contestato i provvedimenti a suo carico. Proprio il Primo emendamento – sostiene – garantisce la libera espressione della propria fede religiosa che lei ha esercitato appendendo il simbolo cristiano in un’aula. Una clausola dell’emendamento sarebbe stata interpretata erroneamente dai dirigenti scolastici: secondo i legali dell’insegnante, si limita a probire al governo americano di istituire una religione o di emanare leggi che promuovano o disapprovino una religiose. Poiché i tentativi di mediazione sono falliti – l’ultimo a luglio – adesso la questione sarà decisa da un tribunale. La domanda che sorge è che cosa sia cambiato negli anni che ha reso inopportuno, anzi intollerabile, un gesto a lungo da tutti accettato fatta eccezione per qualche blanda obiezione. In Italia la vicenda è stata raccontata di recente dal giornalista Rodolfo Casadei che evidenzia nel riportarla come il distretto scolastico, deciso a “punire” l’insegnante – come ha commentato il “New Yorl Post”, mettendola in “cella di isolamento” – abbia alzato il tiro sostenendo che molti studenti e personale scolastico nel corso degli anni si fossero lamentati di Marisol accusandola di aver imposto le sue convinzioni religiose durante le lezioni, di aver chiamato “peccatori” degli studenti. La “rivelazione” contrasta però con il fatto che i dirigenti scolastici hanno dichiarato che sarebbe potuta tornare in classe se avesse rinunciato a esporre il crocefisso.