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INTERVISTA / POOLA

«In India tante sfide, ma la fede dei cattolici è profonda»

«Di fronte alla santità di Dio sappiamo tutti quanto siamo indegni», ma Lui dà «la grazia sufficiente per portare avanti la missione data». «Dobbiamo liberarci dalla mentalità delle caste». «È scoraggiante che diversi Stati abbiano approvato leggi anti-conversione», ma queste sono contro la Costituzione. La Bussola intervista mons. Anthony Poola, che il 27 agosto diventerà il primo cardinale dalit.

 

Ecclesia 29_06_2022
mons. Anthony Poola

Il 65% dei cattolici indiani sono dalit, ovvero appartengono al gradino più basso del sistema discriminatorio delle caste che, sebbene abolito nel 1947, continua purtroppo ad influenzare la vita quotidiana di molte regioni dell’India. La Chiesa cattolica, anche in tempi recenti, non è stata esente dalle lamentele dei fedeli “fuoricasta”, per i casi di separazione fisica nelle chiese e nei cimiteri. Negli ultimi anni le rivendicazioni si sono concentrate a denunciare lo squilibrio nell’episcopato (e nel clero) indiano in cui la quota di dalit è fortemente minoritaria, sebbene - come detto - la grande maggioranza della popolazione cattolica nel Paese è formata proprio da dalit.

Un messaggio chiaro contro “la struttura di peccato delle caste” (come la definì l’allora arcivescovo di Madras, monsignor Casimir Gnanadickam, in una lettera pastorale che fece leggere in tutte le parrocchie), dura a morire anche tra la comunità cattolica, è arrivato lo scorso 29 maggio con l’annuncio del Concistoro fatto da Papa Francesco. Il 27 agosto, infatti, verrà creato il primo cardinale “intoccabile”: monsignor Anthony Poola, arcivescovo di Hyderabad. Una porpora che rappresenta un segnale di speranza per i tanti dalit cattolici che si sentono ancora discriminati. La Nuova Bussola Quotidiana ne ha parlato direttamente con lui in quest’intervista.

Monsignor Poola, si aspettava di diventare cardinale? Come lo ha saputo?
La nomina a cardinale mi ha sorpreso e, all’inizio, semplicemente non potevo crederci. Al momento dell’annuncio ero in viaggio e gli amici hanno iniziato a chiamarmi. Poi ho ricevuto una chiamata dal Nunzio che mi confermava la notizia e si congratulava con me. Non c’è altro modo che vederla come la volontà di Dio, leela divina, come dice la gente. Di fronte alla presenza e alla santità di Dio sappiamo tutti quanto siamo indegni. Mi è piaciuto servire i fedeli di Dio come sacerdote. Poi sono stato chiamato a servirli come vescovo e poi come arcivescovo. Quando Dio sceglie, confido che Dio dia la grazia sufficiente per portare avanti la missione data.

Nell’elenco dei nomi fatto da Papa Francesco al termine del Regina Caeli il 27 maggio, c’è anche il suo connazionale Filipe Neri António Sebastião do Rosário Ferrão. Cosa significa questo per l’India?
In questo, ne sono certo, Papa Francesco si è affidato ai consigli degli altri e, cosa più importante, al discernimento sotto la guida dello Spirito Santo. Forse, è meglio evitare di leggere queste nomine da un punto di vista laico o politico. Entrambi rappresentiamo una parte degli indiani, siamo invitati ad essere fedeli, essendo pastori buoni e coraggiosi. La Chiesa cattolica indiana è nota per la sua diversità, pluralità e la fede del popolo è profonda. Le sfide che affrontiamo sono molte e dobbiamo permettere al Signore di rinnovarci e trasformarci tutti. I valori del Regno di Dio dovrebbero essere promossi per la pace e la prosperità di tutti.

Come pensa di combattere la divisione sociale in caste che, nonostante sia anticristiana e anche anticostituzionale, continua a resistere in buona parte della società e anche, talvolta, nella comunità cattolica?
Non ha senso negare che il sistema delle caste esista e che i riferimenti alla casta siano inevitabili nel contesto indiano contemporaneo. Si può desiderare che non ci sia o che ce ne dimentichiamo o viviamo come se non importasse. Tali desideri possono essere desideri sinceri, ma la realtà è più complessa e milioni di persone hanno affrontato e continuano ad affrontare discriminazioni. Lungo la linea temporale, nonostante le migliori intenzioni dei missionari, le caste, che erano radicate nel Dna del popolo, non sono state superate. A questo proposito, è importante guardare avanti e non indietro. Per quello che abbiamo ottenuto dagli antenati, siamo meno responsabili, ma, per ciò che trasmettiamo agli altri, Dio riconoscerà le nostre responsabilità. Abbiamo una scelta di fronte a noi: dire a noi stessi e agli altri che possiamo decidere di liberarci dalla mentalità delle caste e costruire reti di relazioni che vanno oltre l’etnia e la lingua, la regione e la religione. Per affrontare la “casta” nella Chiesa abbiamo bisogno di mettere in comune le diverse risorse umane, materiali e spirituali e la volontà di cambiare da parte di tutti. Che tutti i figli di Dio vivano una vita di dignità e uguaglianza è un disegno di Dio e tutti noi siamo chiamati a collaborare.

In 8 dei 28 Stati indiani sono state emanate leggi anti-conversione, mentre il 2021 si è concluso come l’anno più violento nella storia dei cristiani in India, con 486 episodi di violenza e odio registrati. La libertà religiosa è a rischio?
A mio avviso la Costituzione indiana è un documento sacro che offre un campus morale a tutti noi. È scoraggiante che diversi Stati abbiano approvato leggi anti-conversione. L’idea della conversione è più per polarizzare e dividere le persone. Mi unisco a tutti coloro che hanno difeso i diritti garantiti dalla Costituzione e spero sinceramente che le leggi del Paese prevalgano.

Anche in India la Chiesa non è stata risparmiata dallo scandalo abusi. Come combattere questa piaga?
La violazione della dignità umana in qualsiasi forma è dannosa, peccaminosa e da punire. Gli scandali nella Chiesa feriscono il Corpo di Cristo. Purtroppo, la Chiesa indiana ha avuto la sua parte in questo senso. Detto questo, ci sono anche esempi di diversi casi falsi che vengono formulati per macchiare il nome della Chiesa o del suo personale che continua a vivere una vita dedicata e impegnata. La necessità del momento è educare noi stessi, specialmente il clero e i religiosi, in modo che le persone vedano i nostri centri e campus come posti sicuri e affidabili. A mio avviso, le leggi del territorio e le politiche e le linee guida della Conferenza Episcopale sono potenti strumenti per indirizzare la nostra azione.