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Immigrazione, Letta sabota il suo stesso governo

Letta arriva al paradosso di contestare la politica d'immigrazione inaugurata dal Pd, nel governo Gentiloni. E proseguita anche dal governo di cui fa parte, quello di Draghi. Letta, infatti, propone di far saltare l'accordo con la Libia, sul ruolo della Guardia Costiera e affidare all'Ue un nuovo trattato. 

Politica 14_07_2021
Enrico Letta e l'immigrazione

Nel 2013, da presidente del Consiglio varò l’operazione “Mare Nostrum” che trasformò la Marina Militare italiana in una forza navale di supporto ai trafficanti di esseri umani e l’Italia nel centro d’accoglienza di immigrati clandestini d’Europa.

Oggi, da segretario del Partito Democratico, Enrico Letta tenta il colpo di mano nel dibattito parlamentare sul rinnovo delle missioni militari all’estero per far saltare l’accordo italo-libico che dal 2017 vede Roma sostenere con motovedette, denaro (oltre 20 milioni di euro in quattro anni), addestramento (in Italia e in Libia) e supporto tecnico (con la missione della nostra Marina nel porto tripolino di Abu Sitta) la Guardia Costiera di Tripoli che solo quest’anno ha soccorso e riportato in Libia oltre 16mila clandestini altrimenti destinati a rischiare il naufragio per aggiungersi ai quasi 25mila già arrivati in Italia.

Per sabotare un’intesa che si è rivelata efficace nel contenere i flussi migratori illeciti e nel consolidare il ruolo dell’Italia nella sua ex colonia e il supporto al governo libico nonostante l’egemonia turca sulla Tripolitania, Letta gioca ancora una volta la carta dell’Europa, che questa volta, a suo dire, dovrebbe occuparsi di stipulare nuove intese di cooperazione con la Guardia Costiera libica al posto dell’Italia. Per il segretario piddino, la condizione per approvare il decreto di rifinanziamento delle missioni internazionali passa attraverso una riscrittura del "nodo Libia" con addestramento e supporto alla Guardia Costiera libica che devono essere affidati entro sei mesi alla Ue: già l’anno scorso alcuni esponenti del PD non votarono il rinnovo delle missioni all’estero contestando proprio gli accordi per il supporto alla Guardia Costiera libica.

La Ue peraltro non ha neppure in agenda una simile iniziativa né ha mai annunciato di volersene occupare, tenuto anche conto che l’immigrazione è un tema che resta di competenza dei singoli Stati. Esiste solo la proposta del comandante dell’operazione navale Ue Irini, ammiraglio Fabio Agostini, di partecipare all’addestramento della Guardia Costiera libica, già curato dalle marine italiana e turca e che avverrebbe sul territorio europeo senza includere assistenza diretta, tecnica o fornitura di mezzi navali ai libici.

Di fatto, quindi, se l’iniziativa di Letta avesse successo, verrebbe meno l’accordo italo-libico ma un’intesa Ue-Libia in proposito sarebbe tutta da immaginare, pianificare e negoziare lasciando del tutto spalancate le porte dell’Italia ai flussi di clandestini. Sul piano politico poi non è chiaro quanto l’iniziativa di Letta possa dirsi veramente rappresentativa del PD o espressione solo di un segretario che ha perso molta influenza su diverse correnti del suo partito. Certo, la proposta troverà alleati nel “fronte immigrazionista” tra i LeU, in Italia Viva e probabilmente in una parte degli esponenti di M5S. Può apparire paradossale che il segretario del PD si scagli contro un accordo firmato nel 2017 (il Memorandum italo-libico) dal Governo Gentiloni con ministro dell’Interno Marco Minniti, entrambi del PD, anche se a sinistra l’operato di Minniti è stato ampiamente sconfessato e oggi l’ex ministro si è dimesso da deputato. L’intesa con la Libia venne poi rafforzata dagli accordi rinnovati nell’ambito delle missioni militari all’estero con l’invio di una nave officina e una settantina di militari della Marina ad Abu Sitta per assistere le forze navali libiche. Curioso anche che Letta voglia oggi sabotare una parte del Decreto missioni approvato dal governo di cui anche il PD fa parte e messo a punto dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini, anche lui del PD.

Meglio poi ricordare nell’aprile scorso fu lo stesso Mario Draghi, in visita a Tripoli, a ringraziare la Guardia Costiera libica. “Sul piano dell’immigrazione noi esprimiamo soddisfazione per quello che la Libia fa nei salvataggi e, nello stesso tempo, aiutiamo e assistiamo la Libia” disse il presidente del Consiglio sollevando polemiche a sinistra. L’iniziativa di Letta si pone quindi in contraddizione con l’operato pregresso del suo partito, contro l’attuale ministro piddino della Difesa e in evidente discontinuità con quanto affermato dal premier del governo che il PD oggi sostiene. Nessun dubbio invece circa l’obiettivo che Letta persegue con questa iniziativa o quanto meno circa gli esiti di un suo eventuale successo.

Senza gli accordi italo-libici e in attesa che la Ue si accinga a sottoscriverne di altri, chissà poi con quali contenuti, i flussi migratori illegali verso l’Italia si ingigantirebbero e risulterebbero sulla breve distanza almeno duplicati. Senza il supporto tecnico e finanziario italiano la guardia Costiera non avrebbe mezzi, carburante né retribuzioni per gli equipaggi e non avrebbe quindi alcuna capacità né motivazione per contrastare i trafficanti e i flussi clandestini. Inoltre, cancellare gli accordi italo-libici significherebbe incoraggiare i trafficanti ad aumentare ulteriormente i flussi illegali moltiplicando gli sbarchi di clandestini in Italia.

Aumenterebbero anche i naufragi e i morti in mare: un contesto che consentirebbe al segretario del PD di chiedere, come fece nel 2013 dopo il naufragio di un barcone di fronte a Lampedusa, il varo di una nuova operazione di soccorso, chiamiamola “Mare Nostrum 2”, e che ingigantirebbe le spese per l’accoglienza dei clandestini arricchendo coop, enti e associazioni tutte vicine alla sinistra.