
Oggi il Santo Padre ha ricevuto in udienza monsignor Vincenzo Paglia insieme alla comunità accademica del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II. Nel suo discorso ha preso le mosse dalla “ri-fondazione”, da lui promossa cinque anni fa, di quello che fu l’Istituto Giovanni Paolo II voluto nel 1981 da San Giovanni Paolo II.
Ri-fondazione alquanto controversa, non solo nelle strutture ma soprattutto nei contenuti, che per Papa Francesco invece ha infuso nuovo vigore e nuovo sviluppo, e pertanto «sbaglierebbe gravemente chi leggesse il suo rinnovato legame con il magistero vivente in termini di contrapposizione alla missione ricevuta con la sua originaria istituzione. In realtà, il seme cresce e genera fiori e frutti».
Non è dato sapere quali fiori e frutti matureranno, ma le primizie avevano già destato vari allarmi nel 2019. I vescovi ucraini avevano scritto al Santo Padre lamentando una perdita di identità dell’Istituto e l’esclusione di docenti di grande preparazione e ortodossia, a cominciare da mons. Livio Melina che ne era stato preside. Un altro docente, il filosofo polacco Stanislaw Grygiel, aveva addirittura proposto di togliere il nome del santo pontefice (suo connazionale e amico), invece di usarlo «come una foglia di fico» e poi seguire un progetto diametralmente opposto al suo.
Parallela alla trasformazione dell’istituto corre quella della Pontificia Accademia per la Vita, sempre sotto la guida di mons. Paglia. E anche qui alcune recenti nomine confermano il “nuovo corso”. Tra i membri ordinari della PAV nominati lo scorso 15 ottobre, oltre a Mariana Mazzuccato, aperta sostenitrice dell’aborto, ci sono anche quelle del gesuita Humberto Miguel Yáñez Molina e del professor Roberto dell’Oro. Il primo favorevole in certe circostanze alla liceità morale della contraccezione artificiale; il secondo, molto critico verso la “sentenza Dobbs” (che negli Usa ha ribaltato il “diritto federale all’aborto”), in nome della libertà di scelta, della tolleranza e del pluralismo, ma forse dimenticando quel diritto alla vita del soggetto più indifeso.