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METAMORFOSI

Il Papa "benedice" il nuovo corso del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II

Ricevendo mons. Paglia, con la comunità accademica dell'istituto, Francesco  invita a non leggerne la recente evoluzione in «contrapposizione alla missione ricevuta», poiché «il seme cresce e genera fiori e frutti». Ma, come per la Pontificia Accademia per la Vita, le "primizie" sono alquanto controverse.

Borgo Pio 24_10_2022

Oggi il Santo Padre ha ricevuto in udienza monsignor Vincenzo Paglia insieme alla comunità accademica del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II. Nel suo discorso ha preso le mosse dalla “ri-fondazione”, da lui promossa cinque anni fa, di quello che fu l’Istituto Giovanni Paolo II voluto nel 1981 da San Giovanni Paolo II.

Ri-fondazione alquanto controversa, non solo nelle strutture ma soprattutto nei contenuti, che per Papa Francesco invece ha infuso nuovo vigore e nuovo sviluppo, e pertanto «sbaglierebbe gravemente chi leggesse il suo rinnovato legame con il magistero vivente in termini di contrapposizione alla missione ricevuta con la sua originaria istituzione. In realtà, il seme cresce e genera fiori e frutti».

Non è dato sapere quali fiori e frutti matureranno, ma le primizie avevano già destato vari allarmi nel 2019. I vescovi ucraini avevano scritto al Santo Padre lamentando una perdita di identità dell’Istituto e l’esclusione di docenti di grande preparazione e ortodossia, a cominciare da mons. Livio Melina che ne era stato preside. Un altro docente, il filosofo polacco Stanislaw Grygiel, aveva addirittura proposto di togliere il nome del santo pontefice (suo connazionale e amico), invece di usarlo «come una foglia di fico» e poi seguire un progetto diametralmente opposto al suo.

Parallela alla trasformazione dell’istituto corre quella della Pontificia Accademia per la Vita, sempre sotto la guida di mons. Paglia. E anche qui alcune recenti nomine confermano il “nuovo corso”. Tra i membri ordinari della PAV nominati lo scorso 15 ottobre, oltre a Mariana Mazzuccato, aperta sostenitrice dell’aborto, ci sono anche quelle del gesuita  Humberto Miguel Yáñez Molina e del professor Roberto dell’Oro. Il primo favorevole in certe circostanze alla liceità morale della contraccezione artificiale; il secondo, molto critico verso la “sentenza Dobbs” (che negli Usa ha ribaltato il “diritto federale all’aborto”), in nome della libertà di scelta, della tolleranza e del pluralismo, ma forse dimenticando quel diritto alla vita del soggetto più indifeso.