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boicottaggio

I poteri forti accerchiano il governo Meloni

Messaggi incrociati e sospetti verso l’esecutivo in carica da parte di Bankitalia, Confindustria, sindacati e magistratura. Con una ulteriore incognita sulle toghe – cui il guardasigilli Nordio ha toccato nervi scoperti – che potrebbero replicare la reazione già vista ai tempi di Berlusconi.

Politica 07_12_2022

Un governo in carica da appena un mese, in un contesto economico e geopolitico internazionale disastroso, fa quel che può. Oltre che fare le “nozze coi fichi secchi”, in quanto costretto a destinare gran parte delle risorse finanziarie al contenimento dell’emergenza energetica, sta provando a introdurre meccanismi di meritocrazia in ambito fiscale, sul versante previdenziale e nell’erogazione dei bonus.

L’impresa è già di per sé assai ardua, ma viene resa ancora più complicata dalle fibrillazioni politiche e dal boicottaggio più o meno generalizzato che l’operato del governo Meloni sta registrando da parte dei cosiddetti poteri forti.

L’espressione “poteri forti” ha comunque un qualcosa di leggendario, visto che il complotto dei poteri forti viene ciclicamente evocato nella narrazione delle vicende istituzionali italiane. Tuttavia, in questo caso, si registrano straordinarie coincidenze che alimentano i sospetti. In altri termini, il popolo ha premiato il centrodestra attribuendogli la maggioranza dei voti alle ultime elezioni politiche del 25 settembre; le opposizioni sono litigiose, inconcludenti e scarsamente collaborative; dunque, a contrastare e tentare di dare filo da torcere all’esecutivo devono pensare i centri di potere non politici, da Banca d’Italia a Confindustria, dai sindacati alla magistratura.

Da Via Nazionale sono partiti ripetuti attacchi contro i contenuti della manovra finanziaria, in particolare in materia di tetto al contante e utilizzo del Pos. Bankitalia ha anche criticato la revisione del reddito di cittadinanza decisa dal governo Meloni. Si tratta di prese di posizione davvero surreali per almeno due ragioni. La prima è che di scelte discutibili Banca d’Italia ne ha fatte in diverse circostanze, ad esempio quando ha tenuto in vita con i soldi pubblici istituti bancari decotti come il Monte dei Paschi di Siena che non hanno certamente dato prova di affidabilità. La seconda è che anni fa fu proprio il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, a bocciare il reddito di cittadinanza come sussidio improduttivo e parassitario in quanto sganciato dalle politiche attive del lavoro.

Stesse considerazioni potrebbero essere fatte a proposito dell’atteggiamento dei vertici di Confindustria. Il presidente, Carlo Bonomi, durante la scorsa legislatura, ha giustamente tuonato contro i governi in carica, perché secondo lui non avevano coraggio e non aiutavano a sufficienza le imprese. Ieri, però, ha incontrato Giuseppe Conte, principale oppositore del governo Meloni e accanito difensore del reddito di cittadinanza, che tutto fa fuorchè aiutare l’economia a rilanciarsi. Bonomi ha dichiarato che Pos, flat tax e prepensionamenti non sono priorità del Paese. In verità l’attuale esecutivo è anche intervenuto sul cuneo fiscale e, in ogni caso, non si potranno vedere certamente in un mese o due gli effetti positivi di questa manovra sull’economia di un Paese come l’Italia, stremato dalle misure restrittive adottate durante la pandemia e fortemente penalizzato dalla crisi energetica.

Evidentemente anche il presidente degli industriali ha voluto lanciare un messaggio chiaro al governo affinché cambi rotta, cosa che non accadrà perché oggi scadono i termini per presentare emendamenti alla manovra, dopo di che, entro fine anno, il documento dovrà essere approvato in Parlamento. Difficile, dunque, immaginare cambiamenti radicali come vorrebbero le opposizioni.

E che dire dei sindacati, che avevano promesso un atteggiamento costruttivo e ora puntano i piedi su tutto, non accettano nulla della manovra e si dicono pronti alle barricate. Cgil e Uil non vedono l’ora di scioperare e di contarsi in piazza, mentre la Cisl sembra sfilarsi. In ogni caso i sindacati in questa fase, anziché tutelare i diritti dei lavoratori, finiscono per fomentare le tensioni e alimentano una protesta che rallenta le scelte strategiche per il Paese.

Infine la magistratura. Il guardasigilli, Carlo Nordio ha accusato le toghe di usare in maniera impropria (“per delegittimare”) le intercettazioni e le misure cautelari ed è tornato sul tema della separazione delle carriere, ritenendola indispensabile. Peraltro erano state le correnti oltranziste della magistratura, all’indomani della vittoria del centrodestra alle elezioni, a parlare di “resistenza contro un governo di destra” e a paventare rischi per la democrazia.

Ora c’è da sperare che non si verifichi quanto già accaduto con i governi Berlusconi: non appena qualcuno in passato ha iniziato a parlare di riforma della magistratura sono partite nuove inchieste per indebolire premier, ministri ed esponenti delle forze politiche di maggioranza. Come reagiranno le correnti di sinistra delle toghe di fronte ai proclami bellicosi di Nordio? Il governo avrà la forza politica di approvare le riforme che urgono per riequilibrare i rapporti tra poteri dello Stato, oppure troverà l’ennesima conferma il detto “chi tocca i fili muore”?