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LO STUDIO

“Guarigione meglio della vaccinazione”: la prova viene dall'Italia

L'immunità naturale è nettamente migliore rispetto a quella vaccinale; i guariti poi vaccinati hanno il 50% in più di rischi di effetti avversi; solo lo 0,06% dei guariti che si riammala finisce in ospedale. Il Journal Clinical of Medicine pubblica lo studio italiano unico al mondo che revisiona 250 articoli scientifici di riviste di primo livello dedicati all'immunizzazione. I dati sorprendenti, che gettano più di un'ombra sulla campagna vaccinale di massa, illustrati alla Bussola dalla coordinatrice del team di ricercatori. 

Attualità 27_10_2022

Immunità naturale meglio di quella data dal vaccino. Mentre si addensano nudi mediatiche minacciose in vista dei primi freddi – ieri l'EMA preconizzava l’arrivo di nuove varianti che non faranno terminare la pandemia – a non fermarsi è la ricerca scientifica seria che ha messo a segno un colpo decisivo che potrebbe far cambiare la strategia nel vaccinare i guariti.

E parla italiano.

Il Journal Clinical of Medicine ha pubblicato uno studio di revisione di letteratura mastodontico che prova, raccogliendo centinaia di articoli usciti sulle riviste più prestigiose di letteratura scientifica, come l’immunità data dal contagio sia migliore in termini di efficacia, durata e sicurezza rispetto a quella che si sviluppa con il vaccino.

A capo di questo studio, che è stato pubblicato su una rivista di prima fascia e quindi difficilmente contestabile, c’è Sara Diani (in foto), che ha coordinato un gruppo di scienziati e ricercatori di primo livello, tra i quali Attilio Cavezzi, Mauro Mantovani e Alberto Donzelli. Medico, ricercatrice e docente all’Università europea Jean Monnet di Padova, la Diani ha illustrato alla Bussola le caratteristiche della pubblicazione e spiegato il perché è così importante nella valutazione del vaccino e delle prossime campagne vaccinali.

«Ho creato il team a febbraio – ha esordito –. Attraverso una massiccia ricognizione, abbiamo operato una delle più vaste revisioni di letteratura mai pubblicate analizzando 246 articoli scientifici editi su riviste internazionali di prima fascia come Lancet, British Medical Journal, Nature, con il dichiarato obiettivo di creare uno degli studi più completi al mondo sull’immunità naturale post covid-19».

La dottoressa Diani ha analizzato nove ambiti, che si possono raggruppare in sei macrocategorie. «Anzitutto la durata dell’immunità sia naturale che post vaccinazione, in secondo luogo i tipi dell’immunità: umorale legata agli anticorpi o cellulare, che è quella – per capirci - delle le cellule di memoria».

Il terzo ambito di indagine è stata la probabilità di reinfezione e le manifestazioni cliniche: «Abbiamo scandagliato la letteratura esistente per capire come si presenta la reinfezione nel paziente e per questo abbiamo confrontato pazienti vaccinati con non vaccinati». Quarto: è stato studiato il ruolo dell’immunità ibrida, che è l’immunità ottenuta dalla vaccinazione più la guarigione o viceversa. Ultimi due ambiti di indagine sono stati l’efficacia dell’immunità naturale e di quella artificiale contro Omicron e l’incidenza degli eventi avversi dopo la vaccinazione nei soggetti guariti rispetto a soggetti che non avevano mai avuto il covid.

I risultati sono incontrovertibili a favore dell’immunità naturale.

«La stragrande maggioranza di chi ha avuto il covid – ha detto la ricercatrice mantovana - sviluppa un’immunità naturale sia di tipo cellulare che umorale/anticorpale e questa è efficace nel tempo e protegge sia dalle reinfezioni che dalla malattia grave, mentre, invece, l’immunità indotta dal vaccino decade più velocemente dell’immunità naturale». Numerosi sono gli studi citati nell’articolo in cui si documenta questa evidenza.

Così come è presente ormai in maniera massiccia la prova che il guarito non vaccinato che si reinfetta di solito passa una malattia molto lieve: «L’ospedalizzazione, ad esempio, avviene nello 0,06% dei casi mentre la mortalità è bassissima, in alcuni studi non è statisticamente rilevabile».

Veniamo agli eventi avversi. Che cosa succede se un guarito viene vaccinato e sviluppa eventi avversi? «Il rischio di eventi avversi sistemici dopo la vaccinazione è circa il 50% in più rispetto a soggetti che non avevano contratto la malattia, mentre il rischio di eventi avversi localizzati in chi viene vaccinato da guarito è – a seconda degli studi analizzati - dal 20% al 40% in più rispetto a chi viene vaccinato e non ha avuto il covid». Da questi dati emerge dunque che l’aver passato il covid è un elemento determinante nell’impatto con la vaccinazione. Determinante anche nel considerare il rapporto rischi benefici che è sempre personale e mai uguale per tutti.

Ma come sarebbe stato il destino della campagna vaccinale di massa se si fosse utilizzato questo criterio selettivo caso per caso? Ci saremmo risparmiati migliaia di effetti avversi anche invalidanti? «Noi siamo ricercatori e non facciamo valutazioni sul passato, ma diamo semmai indicazioni per il futuro», ha concluso.

«Nelle nostre conclusioni suggeriamo per il futuro che venga stabilito il profilo cellulare e umorale individuale in combinazione con il quadro clinico e il background anamnestico del paziente».

Tradotto: considerare caso per caso i fattori di rischio, l’età, le concause, ma soprattutto la situazione anticorpale e cellulare che, se si ha avuto il covid da pochi mesi, è evidentemente alta. Tutti elementi che nella campagna vaccinale di massa indiscriminata e indistinta fatta in Italia finora non sono stati considerati e che avrebbero reso la campagna vaccinale qualcosa di nettamente diverso da quello a cui abbiamo assistito.