«Gli sposi in Cristo, riflesso del mistero di Dio»
Ascolta la versione audio dell'articolo
«Gli sposi, in forza del sacramento, hanno una propria ministerialità specifica, compresa l’evangelizzazione. E nella loro unità c’è veramente nascosto il mistero di Dio. Ma quanti sanno di essere partecipi di un dono così?». La Bussola intervista don Renzo Bonetti, fondatore del Progetto Misterogrande.

Gli sposi in Cristo sono chiamati a diventare il sacramento che celebrano nella liturgia nuziale. Lo sa bene don Renzo Bonetti, 82 anni, sacerdote veronese fondatore di Progetto Misterogrande, che, attraverso percorsi e seminari formativi ideati anche grazie al supporto delle stesse coppie di sposi, intende ridestare in quanti diventano una carne sola in Cristo la consapevolezza della preziosità del sacramento che sono per la Chiesa e il mondo. La Nuova Bussola lo ha intervistato.
Don Bonetti, qual è il «mistero grande» che c’è tra gli sposi?
Sembra sia un nome strano, in realtà è il nome che usa san Paolo per il matrimonio: «Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa» (Ef 5, 31-32). Paolo era il contemplativo del mistero di Dio e, vedendo questo mistero di Dio riflesso esattamente dentro la vita della coppia di sposi, lo chiama «mistero grande». Nella comprensione di tale mistero ci aiutano anche i Padri con i loro commenti, la storia della Chiesa e in particolare il Concilio Vaticano II, allorquando afferma che «gli sposi significano e partecipano il mistero di unità e di fecondo amore che intercorre tra Cristo e la Chiesa» (Lumen gentium, 11). Ma quanti sposi sanno di essere partecipi di questo dono così grande?
Nei seminari che propone ricorda agli sposi che sono resi partecipi di una «divina potenza unitiva». In che senso?
Quando Dio ha creato l’uomo a Sua immagine l’ha già reso partecipe di Sé. Nel mistero grande dell’unità sponsale c’è veramente nascosto il mistero di Dio: gli sposi sono partecipi del legame, della divina potenza unitiva che unisce Dio e l’umanità, Cristo e la Chiesa.
Da dove nasce questo Progetto?
È nato dal fatto di vedere come nelle diocesi italiane, in tante parrocchie, si facesse fatica a comunicare la grandezza della grazia del sacramento del matrimonio, conducendo al matrimonio coppie inconsapevoli del dono che ricevono. Da parroco dicevo a ciascuno, anche non praticante, che con le nozze la tua vita di coppia, il tuo dinamismo affettivo viene trasformato e trasfigurato. Si tratta di comunicare la bellezza di questo dono di grazia, cosa trasforma, come la coppia viene messa dentro una vita di crescita spirituale, di crescita nell’amore. Quando si parla di spiritualità degli sposi sembra di dover mettere loro le ali degli angeli, in realtà si vuol dare carne agli sposi perché vengano fuori la bellezza maschile e femminile e la straordinaria ricchezza nascosta in questa unità del totalmente diverso l’uno dall’altro. “Misterogrande” non è un movimento, non è un’associazione, è un laboratorio dove persone di buona volontà, sposi, sacerdoti, religiosi e religiose si mettono insieme e studiano concretamente aspetti della grazia del sacramento del matrimonio, provando a vedere come poterli comunicare. Di qui realizzano degli strumenti pastorali, li sperimentano e, dopo averli sperimentati, vengono pubblicati e affidati a diocesi e parrocchie.
Come costruire una famiglia sulla Roccia?
Tutto ruota attorno a questa grandezza della grazia del sacramento del matrimonio. Come i sacerdoti così gli sposi, in virtù della grazia del sacramento, appartengono al territorio in cui vivono. Pertanto gli sposi sono chiamati ad attualizzare il mistero dell’Incarnazione, cioè della presenza storica di Gesù; sono incardinati in forza del sacramento lì dove vivono, lì devono esprimere il loro mistero di amore che non si concretizza solo nella coppia, ma al di fuori della coppia, con amici, conoscenti, vicini e colleghi di lavoro.
Avete elaborato anche dei seminari di guarigione per aiutare le coppie in difficoltà?
Non sono percorsi di guarigione, bensì di reimmersione nella grazia sacramentale. La cosa sorprendente è che questi strumenti li ho inventati per la mia parrocchia. Mai avrei sognato che fossero diffusi all’esterno, ma adesso sono sorpreso perché li stanno usando in Polonia, in Romania, in Cile, in America Latina. L’estate prossima sarò anche negli Stati Uniti. Nel caso di specie Se tu conoscessi il dono di Dio è un weekend pensato per educare gli sposi al discernimento, perché possano comprendere quando nella vita di coppia agisce di più il maligno e quando il Signore. Riuscire a vedere, per esempio, se quel tono di voce usato venga dalla presenza di Gesù in mezzo a loro, dallo Spirito Santo, oppure dal maligno e dalla cattiveria che c’è in me. In questo modo si può verificare tutta la vita di coppia, il dialogo, la vita affettiva e sessuale, il rapporto coi figli.
Alla luce di queste considerazioni sulla potenza del sacramento, qual è il ruolo delle coppie cattoliche rispetto all’esigenza di un nuovo annuncio del Vangelo della famiglia?
Anzitutto lo Spirito Santo, per la grazia data agli sposi con il rito delle nozze, deve produrre bellezza maschile e femminile. Se non produce bellezza maschile e femminile vuol dire semplicemente che lo Spirito Santo non è vissuto, perché lo Spirito Santo produce bellezza maschile e femminile accelerata, per cui il primo segno è quello che Dio ha dato e Dio vede di aver fatto una cosa molto bella, come si legge nella Genesi: coppie cristiane appassite non potranno mai essere testimoni di tale dono. Inoltre gli sposi, in forza del sacramento, hanno una propria ministerialità specifica, compresa l’evangelizzazione, cioè essi sono parola-carne, parola incarnata che si esprime nell’esperienza di sponsalità, figliolanza, paternità.
Può illustrare tali dimensioni a cui sono chiamati gli sposi cristiani?
La paternità, per esempio, non è una paternità che si consuma in casa; è una paternità che si esprime verso tutti, perché gli sposi sono segno della paternità e maternità divina. Ogni persona che si incontra è figlia di Dio, quindi si comincia a ragionare su come poter esprimere la propria paternità anche al lavoro e fuori casa. Allo stesso modo accade per la fraternità. Papà, mamma e figli sono comunque fratelli; una piccola chiesa stabilmente convocata con la presenza di Gesù e chiamata a far gustare ad altri la bellezza della fraternità: questo è evangelizzare. Allo stesso modo posso offrirti il caffè in casa mia perché a me interessa che tu conosci Gesù. Non ti parlo di Gesù, ma tu vedi che tipo di fraternità abbiamo e quindi capisci che abbiamo una sorgente di fraternità diversa da quella legata al semplice stare o lavorare insieme.
Quali sono, al di là della diffusione del Progetto, i frutti più belli e significativi finora raccolti da tale apostolato?
Il primo frutto più bello in assoluto che io come sacerdote ho raccolto fin dall’inizio è che sono maturate coppie capaci di parlare del loro sacramento meglio di un prete e capaci di viverlo con gioia. Il secondo risultato è aver educato coppie di sposi che sanno vivere la complementarità al sacramento dell’Ordine, poiché entrambi i sacramenti sono fatti per il servizio altrui. Tutti questi progetti e sussidi sono stati realizzati sempre insieme a coppie di sposi; non ho mai realizzato questi strumenti pastorali da solo e questa è una gioia per me. La terza gioia che il Signore mi ha donato è una comunità di Padri Legionari per proseguire questo Progetto perché, data la mia età, certamente non potevo pensare a un futuro se non legato solo agli sposi, che sarebbe però così stato manchevole. Al momento sono sei i giovani sacerdoti che ne condividono con me le finalità, ne imparano il metodo e sono essi stessi dei grandi diffusori.
“Il nostro matrimonio era morto, poi Gesù lo ha salvato”
I rapporti nel peccato, il matrimonio, i problemi sessuali, la pretesa di cambiare l’altro, fino alla separazione dopo 23 anni. Ma tutto cambia quando entrambi scoprono cosa significhi mettere Dio al centro. La Bussola intervista Alfonso ed Elisabetta, sposi che oggi fanno apostolato tra le coppie.
Giuseppe e il matrimonio con Maria, mistero di salvezza
Dalle nozze con Maria derivano a Giuseppe la partecipazione «all’eccelsa grandezza di lei» (Leone XIII) e i diritti paterni su Gesù. I due santi sposi, entrambi vergini, con la loro obbedienza alla volontà divina e l'accoglienza del Salvatore diventano la coppia che, diversamente da Adamo ed Eva, «costituisce il vertice, dal quale la santità si espande su tutta la terra» (Paolo VI). Dal loro matrimonio bisogna allora partire per una vera catechesi sulla famiglia.