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TECNICA COLLAUDATA

Gli scudi umani

Il Parlamento europeo vota un rapporto sulle disuguaglianze: con il pretesto di tutelare donne e bambini, si infilano emendamenti a favore delle rivendicazioni Lgbt. È la strategia degli scudi umani: si usano categorie deboli, contro le quali nessuno voterebbe, per far passare i provvedimenti più ideologici, Ddl Zan incluso. Una tecnica ben collaudata non solo in campo politico, ma anche culturale, sociale e massmediatico.

Editoriali 11_02_2021

Nei giorni scorsi è stato votato al Parlamento europeo il Rapporto sulla riduzione delle disuguaglianze, con un’attenzione particolare alla povertà lavorativa. Si è trattato di un cavallo di Troia: con il pretesto di tutelare mamme e bambini si sono infilati nel testo emendamenti a favore delle rivendicazioni Lgbt.

L’onorevole Alessandra Basso (Lega-ID), in un comunicato, denuncia tale strategia iniqua in atto al Parlamento europeo: «Per l’ennesima volta, all’assemblea plenaria del Parlamento Europeo, c’è chi, emendando una relazione in materia di povertà lavorativa e disuguaglianze, si preoccupa di portare avanti battaglie ideologiche, invece che occuparsi dei problemi reali delle persone. In questo caso, come spesso accade, con l’aggravante di ‘usare’ donne e bambini come cavallo di Troia».

Prosegue l’europarlamentare: «Una tecnica spesso utilizzata, è quella di fare proposte lodevoli per persone a rischio, come le madri che devono crescere da sole i loro figli, per poi affiancare a queste tutto il variegato mondo Lgbt, come se fossero situazioni analoghe. Si tratta di proposte dal carattere fortemente ideologico perché mirano a mettere in una posizione privilegiata determinate persone in base al loro orientamento sessuale o in base a come queste si autopercepiscono. La strumentalizzazione sta nel fatto che cercano di costringere i gruppi politici a votare a favore di queste proposte infilandoci dentro le madri sole o i bambini, forti del fatto che difficilmente qualcuno voterà contro gli aiuti a persone che potrebbero realmente essere in situazione di maggiore difficoltà».

Conclude l’on. Basso: «A ogni assemblea plenaria, regolarmente, c’è chi si preoccupa di queste proposte ideologiche, invece che di fare realmente qualcosa di utile per i cittadini dei paesi europei. È l’ora di dire basta a questo martellamento ideologico e alle strumentalizzazioni di donne e bambini e di pensare davvero al bene dei nostri popoli!».

È la strategia degli scudi umani: metti davanti all’obiettivo sensibile da proteggere - in questo caso le rivendicazioni del mondo Lgbt - mamme, bambini, poveri, lavoratori, disabili. Nessuno voterebbe contro una proposta a favore di simili categorie sociali e così, approvando provvedimenti a favore di questi ultimi, si fanno passare anche gli emendamenti arcobaleno. È come legare una persona innocente ad un’antenna che trasmette informazioni militari indispensabili per le truppe di un dato esercito: il nemico, se vuole distruggere questa antenna, non può che uccidere la persona innocente.

La strategia degli scudi umani è applicata non solo in campo politico, ma anche culturale, sociale e massmediatico. Ad esempio, guai a criticare l’aborto perché, nel percepito collettivo, questo significherebbe mettere in stato di accusa la donna che ha abortito. La quale, in effetti, ha le sue rilevanti responsabilità. La madre viene quindi usata come scudo per difendere la pratica abortiva. Opporsi all’eutanasia vuol dire essere a favore di una morte dolorosa e spietata. Ora è il paziente che viene usato strumentalmente per tutelare la pratica della «dolce morte». Sollevare critiche in merito alla fecondazione artificiale comporta, nell’immaginario sociale, schierarsi contro la felicità di quelle coppie che desiderano avere un figlio.

Parimenti per il divorzio: criticarlo significa che si vuole condannare all’infelicità le coppie che si detestano e i loro figli. Continuiamo: controbattere alle tesi che vorrebbero aprire al sacerdozio femminile significa essere misogini, discriminare la donna, considerarla una minus habens. Difendere poi il celibato ecclesiastico equivale a desiderare per i sacerdoti esistenze solitarie e tristi, lontane da quell’affetto che ti può dare solo una famiglia. E ancora: opporsi alla Comunione per i divorziati risposati comporta venire additati come soggetti insensibili di fronte alla struggente richiesta di questi cattolici che vogliono solo rifarsi una vita con un’altra persona in seno alla Chiesa.

Questa strategia è stata poi applicata con grande successo nelle tematiche Lgbt. La critica all’omosessualità e al transessualismo viene tradotta immediatamente come critica alla persona omosessuale e transessuale, viene declinata subito come atteggiamento discriminatorio, «omofobico e transfobico», accompagnato da sentimenti di astio e odio. Anche in questo caso una sofferenza, quella della persona omosessuale e transessuale, viene posta a difesa di un fine ideologico. Ma per assicurarsi ancor meglio il risultato, a volte vengono legate a quell’antenna prima ricordata non una, ma due persone innocenti. È stato il caso ricordato dall’on. Basso: vuoi far passare un provvedimento a favore delle istanze arcobaleno? Lega strettamente questo provvedimento ad altri a favore di mamme, bambini e poveri. Mutatis mutandis è ciò che accaduto anche con il Ddl Zan, voluto per contrastare l’«omofobia»: ad un certo punto nel Testo unico si sono inserite anche le persone disabili. Vuoi votare contro il Ddl Zan? Allora non stai dalla parte dei disabili.

Si tratta in definitiva, per tutti i casi elencati, di una strumentalizzazione della sofferenza e della fragilità altrui che si traduce in un potentissimo deterrente ad andare contro corrente e a dire: «No, io non sono d’accordo!».