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DARIO FERTILIO

Est Ucraina, "uno scontro fra generazioni"

Il giornalista e scrittore Dario Fertilio da Kharkiv, nell'Ucraina orientale: "si scopre un mosaico di paure, sentimenti, interessi contrapposti sotto la calma apparente". I separatisti veri sono pochi. Ma ben armati e organizzati.

Esteri 30_04_2014
Kharkiv, anziana soccorsa

L’Ucraina dell’Est sta attraversando una nuova escalation di violenza. L’operazione lanciata da Kiev contro i pro-russi è in stallo. Le milizie tengono 40 persone in ostaggio. Fra queste figurano anche i 7 osservatori dell’Osce rapiti la settimana scorsa, sulla cui liberazione si continua a negoziare. Altri uomini armati hanno dato l’assalto alla sede del governo locale di Luhansk. Ed anche la città di Kharkiv, finora abbastanza tranquilla, è stata teatro di scontri fra i filo-russi e gli ucraini fedeli al governo di Kiev. Il sindaco della città, un politico che era del Partito delle Regioni (pro-Mosca), poi passato alla causa della rivoluzione del Maidan, è stato vittima di un attentato lunedì: colpito alla schiena versa in gravi condizioni.

Il giornalista, saggista e scrittore Dario Fertilio (Corriere della Sera) si è recato in Ucraina, a Kharkiv e a Kiev, in questi giorni, per un ciclo di conferenze su invito dell’Istituto Italiano di Cultura e col patrocinio dell’associazione Libertates. La Nuova Bussola Quotidiana lo ha contattato telefonicamente.

I media italiani esagerano o c’è realmente un clima da guerra civile?
A prima vista non c’è guerra. A Kharkiv il traffico è regolare, i negozi e i caffè sono aperti, i servizi funzionano. Arrivando in città non si nota nulla di strano. Ma questa è solo una prima impressione superficiale. A un secondo esame, invece, si scopre un mosaico di paure, sentimenti, interessi contrapposti sotto la calma apparente. In generale, se vogliamo sintetizzare, i giovani (fino ai 30 anni), quelli che non hanno mai vissuto in Unione Sovietica, sono ormai acquisiti alla causa dell’Ucraina indipendente, hanno appoggiato e appoggiano il Maidan, la rivoluzione di Kiev. E questo nonostante siano russofoni e non neghino affatto la loro identità. Tra le persone di mezza età, sopra i 30 anni, è diffusa soprattutto una preoccupazione per la situazione economica e una paura dell’avvenire. Più si sale con l’età e più si trovano persone che dicono “stavamo meglio sotto l’Urss e magari staremmo meglio in una situazione più tranquilla, se ci fosse Putin”. Ma non si può parlare di “separatisti”, quanto di “scontenti”. I veri separatisti, da fonti diplomatiche affidabili, non sarebbero più del 15% della popolazione dell’Ucraina orientale. È una minoranza che esiste, ma non sensibile.

Si tratta, dunque, di uno scontro generazionale?
Sì. E ad avvalorare questa tesi è anche il comportamento delle tifoserie locali. Gli ultras dello Shaktar (Donetsk) e il Dnipro (Dnipropetrovsk), solitamente rivali, formano il servizio d’ordine delle manifestazioni pro-Kiev e filo-europee nell’Ucraina orientale, contro le aggressioni dei filo-russi. E questo dà la misura di una frattura fra generazioni e non fra nazionalità. Chi rientra nella generazione degli “scontenti”, più che volere una secessione da Kiev, non crede in un governo filo-europeo.

A Kharkiv ha visto, però, i separatisti in azione?
Non molti. Nella Piazza della Libertà, dove c’è ancora una statua di Lenin, periodicamente si riuniscono i filo-russi. Sono considerati “rivoluzionari della domenica”: non ci sono per tutta la settimana, se non cinque-dieci persone munite di bandiere rosse o tricolori russi. La massa arriva solo nel fine settimana. Parlando con molti studenti locali, i giovani e gli scalmanati che affluiscono nel fine settimana, come quelli che hanno provocato gli scontri più recenti, vengono tutti dalla Russia. Fanno molto presto a passare il confine, sono poche decine di chilometri. A Donetsk e Luhansk la situazione è diversa, perché lì il numero dei separatisti è maggiore e, con l’aggiunta di quelli che arrivano dalla Russia, formano una massa critica, occupano edifici pubblici e organizzano picchetti. Si tratta, comunque, di manifestazioni palesemente organizzate. L’aria che si respira è quella di una destabilizzazione. Anche morale e psicologica, perché gli ucraini sono sottoposti da mesi a uno stillicidio di notizie su scontri e dichiarazioni bellicose, si aspettano la guerra da un momento all’altro e si terrorizzano ancora maggiormente vedendo i video amatoriali su YouTube sugli scontri nell’Est. Anche le persone più salde hanno i nervi scossi.

La Russia, a suo avviso, svolge un ruolo organizzativo?
Sì, si tratta sicuramente di una deliberata tattica di destabilizzazione. È un metodo per scardinare le istituzioni ucraine, con azioni ben preparate e ben coordinate. Nelle città più piccole, come Sloviansk e Kramatorsk c’è una maggior partecipazione popolare, più attività di milizie locali e barricate. Ma si tratta, comunque, di minoranze armate. Si prevede, insomma, un tentativo di ripetere, nell’Est ucraino, lo stesso copione che abbiamo visto in Crimea, quello di un’occupazione non dichiarata da parte della Russia.

Alla prima azione dell’esercito ucraino, tuttavia, ci sono stati casi di fraternizzazione con manifestanti disarmati pro-russi. Si rischia una guerra di popolo?
Al momento no. Per ora ci sono solo minoranze organizzate in azione. Per altro ben infiltrate da agenti provocatori russi, di cui ormai si sanno anche i nomi. E appoggiate da uomini armati che, palesemente, sono soldati russi in incognito, come quelli entrati in azione in Crimea.

A cosa mira la Russia, a suo avviso?
La tattica è quella della destabilizzazione, come abbiamo visto, ma la strategia è quella imperiale classica, mira al recupero del maggior numero possibile di regioni dell’Ucraina. E la destabilizzazione, tra l’altro, fa il paio con altre tattiche, come quella dell’estensione della cittadinanza russa a tutte le minoranze rimaste all'estero dopo la fine dell'Urss. Il motore principale di questa politica è un’ideologia nazional-comunista, che anima l’attuale Cremlino ed è sostenuta, pare, anche dalla stragrande maggioranza dei russi, ormai. Alcuni parlano dell’80% di consensi. Si tratta della fusione perfetta dei due totalitarismi, di destra e di sinistra, di mire nazionaliste e nostalgie sovietiche. La scommessa è che l’Ucraina non regga l’impatto con la Russia. Tutto il resto, dalla richiesta di federalismo a quella dello scontro “etnico” sono puramente strumentali.

E cosa mi dice del nazionalismo ucraino di estrema destra?
È in crescita e parte soprattutto da Lviv e dalle regioni occidentali. Molti ragazzi di Lviv erano al Maidan, in prima linea. Forse, anche se è difficile saperlo con certezza, erano anche riforniti dagli americani. Non ci sono prove, ma ci si chiede da dove provenisse la loro organizzazione logistica, dove ottenessero rifornimenti alimentari continui. Probabilmente, da quel che si dice, c’è stato anche un aiuto segreto da parte degli Stati Uniti. Ma, per parafrasare Cyrano de Bergerac, forse gli altri ci hanno messo qualcosa, ma gli ucraini, al Maidan, ci hanno messo il loro sangue. E quindi hanno pieno diritto a considerarla come una loro rivoluzione. Poi non ci si deve far confondere dalla massa di disinformazione diffusa dai russi, come la storia (falsa) secondo cui i cecchini che sparavano dai tetti di Kiev erano uomini dell’opposizione. È il classico modo per creare caos nelle informazioni.