Educazione sessuale all'asilo, le derive di uno Stato etico
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L'iniziativa pilota del Comune di Genova di svolgere l'educazione sessuale fin dalla Materna è una inequivocabile adesione a quella concezione di Stato etico che accomuna ogni regime totalitario che si è affacciato sulla scena della storia.
Mentre il ministro per le pari opportunità e la famiglia Eugenia Roccella è tornata a parlare di educazione sessuo-affettiva e femminicidi, scatenando ancora una volta la protesta delle opposizioni, corre la notizia che a Genova si terrà il primo percorso di educazione sessuale e affettiva per 300 bambini e bambine tra i 3 e i 5 anni promosso dal Comune nelle scuole materne, con la collaborazione dei centri antiviolenza presenti in città. Il progetto partirà a gennaio 2026 in quattro scuole d'infanzia comunali: la Santa Sofia, nel centro storico, la Firpo e la Mazzini a Sampierdarena, e la Monticelli al Lagaccio.
Al riguardo, il Sindaco PD Silvia Salis si è affrettata a precisare che «ancora in questi giorni c'è chi afferma che l'educazione sessuo-affettiva nelle scuole non serve, ci vuole del coraggio a sostenere una cosa del genere, così come ci vuole del coraggio a dire che sono temi che spettano alle famiglie, noi pensiamo che lo Stato abbia la responsabilità di educare, e il sindaco, che ha il polso della società, deve essere il primo a dare un segnale». Pare proprio una inequivocabile adesione a quella concezione di Stato etico che accomuna ogni buon regime totalitario che si è affacciato sulla scena della storia. E si tratta, guarda caso, della medesima giunta comunale che proprio in questi ultimi giorni, su proposta sempre dell’assessore alle pari opportunità Rita Bruzzone, ha deciso di aderire al ‘T-Dor - Transgender Day of Remembrace’, che dal 1998 si celebra ogni 20 novembre in ricordo delle persone trans e non binarie vittime di violenza trans fobica…
Ma cosa ha detto la Roccella per suscitare le aspre reazioni delle sacerdotesse dell’educazione sessuale? A margine della conferenza internazionale di alto livello contro il femminicidio, il ministro ha semplicemente affermato che «se vediamo i Paesi dove da molti anni (l’educazione sessuo-affettiva) è un fatto assodato, come per esempio la Svezia, notiamo che non c'è correlazione con la diminuzione di femminicidiì» e che evidentemente «non c'è una correlazione fra l'educazione sessuale nella scuola e una diminuzione delle violenze contro le donne». Pertanto – ha aggiunto - «abbiamo bisogno di capire quali sono gli strumenti veramente efficaci se non vogliamo essere ideologici nei confronti della diminuzione della violenza contro le donne».
Dobbiamo capire quali sono gli strumenti efficaci, è vero, ma prima ancora sarebbe indispensabile capire e riconoscere che il problema della violenza, di cui la nostra società è pervasa, non nasce dalla mancanza di istruzioni per l’uso, come se l’affetto, la delicatezza nelle relazioni, il rispetto dell’altro, il valore dell’identità sessuale, fossero argomenti di spiegazione e studio scolastico. Il sogno delle vestali dell’educazione sessuale, la trasformazione dei bambini in bravi soldatini educati, rispettosi, mansueti, aperti ad ogni tipo (anche quello più improbabile e fantasioso) di identità sessuale, e magari pronti a votare “dalla parte giusta” quando sarà il momento….è destinato a infrangersi amaramente contro il muro della realtà. La carica impressionante di violenza che si sta ogni giorno di più manifestando nella nostra società nasce da ben altro; fate pure cento, mille, diecimila ore di educazione sessuo-affettiva, ma il risultato non cambierà, perché quello che genera la violenza è proprio la medesima ideologia che ne afferma la assoluta necessità. E dietro il possibile risultato una patina di perbenismo, non farà altro che accrescerla.
La cultura materialista, edonista, relativista, che riduce l’uomo alla sua corporeità e al possesso delle cose e degli altri, privandolo di ogni prospettiva di senso che vada oltre il godimento effimero di questa vita, ecco ciò che genera la violenza nel cuore dei giovani, e dell’uomo in quanto tale. Una prospettiva insopportabile, di fronte alla quale il cuore dell’uomo, fatto per l’infinito, l’eterno, l’amore che non finisce, la verità assoluta, la bellezza che non sfiorisce, la relazione con l’altro che è porta aperta sull’infinito, si ribella ferocemente.
Ripartiamo da qui, riconoscendo il fallimento di una società e di una cultura (e questo vale non solo per l’Italia) che ha rinnegato Dio, che sbeffeggia e perseguita sottilmente ma quotidianamente chi ancora crede in Gesù Cristo, che ha privato le nuove generazioni di ogni prospettiva di compimento soprannaturale della vita. L’esempio della Svezia, come del resto quello di tanti paesi nordici super organizzati ed efficienti sotto ogni profilo, ma in cima alle classifiche dei suicidi giovanili e non solo, la dice lunga, altro che “dichiarazioni fuorvianti”!
Solo ripartendo da questo riconoscimento, sarà possibile interrogarsi seriamente su quali possano essere gli strumenti efficaci per arginare la violenza e, un po’ alla volta, invertire la rotta.

