Cristiani in Nigeria, dopo l'oblio la disinformazione
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È un caso emblematico quello dei credenti nigeriani perseguitati per la fede in Cristo: a rompere il silenzio è un'informazione inesatta e superficiale che, al di là delle intenzioni, finisce per far loro torto e rivelarsi controproducente.
Finalmente si parla dei cristiani perseguitati. Ma, dopo aver tanto deplorato il silenzio sulla loro sorte, ecco che quasi c’è da rimpiangerlo considerato il modo superficiale, impreciso e inaccurato con cui molti se ne stanno occupando. Il caso più emblematico è quello della Nigeria. Il Paese, che ha 237 milioni di abitanti, è una federazione di 36 Stati. Il nord è prevalentemente musulmano, il sud cristiano.
Nel 1999, violando la costituzione, 12 Stati settentrionali hanno adottato la sharia, la legge islamica. Poi nel 2002 nello Stato nord-orientale del Borno si è formato un gruppo jihadista legato ad al Qaeda, Boko Haram, e nel 2016 una parte dei suoi militanti ha dato origine a una nuova formazione affiliata all’Isis, l’Iswap, Provincia dell’Africa occidentale dello Stato Islamico. L’obiettivo di Boko Haram e Iswap è liberare il nord dalla presenza dei cristiani e imporre ai musulmani l’osservanza assoluta della sharia.
La Nigeria ha vissuto il suo periodo peggiore tra il 2006 e il 2015 quando i jihadisti sono stati in grado di conquistare, anche se per brevi periodi, delle intere città. Boko Haram metteva continuamente a segno attentati dinamitardi a chiese e moschee. Erano tanto frequenti che negli Stati del nord-est, quelli più a rischio, si circondavano le chiese con blocchi di cemento e altri ostacoli per impedire che i terroristi raggiungessero i sagrati in auto e in motocicletta e la domenica si perquisivano tutti i fedeli prima di lasciarli entrare. Anche molte moschee facevano altrettanto.
Qualche volta Boko Haram è riuscito a colpire persino le chiese della capitale Abuja. Inoltre, soprattutto nel Borno, compiva stragi nei mercati e nelle stazioni di autobus facendo saltare in aria donne e bambine costrette a indossare cinture esplosive. Nel 2015 un’offensiva militare alla quale parteciparono anche i Paesi confinanti – Chad, Camerun, Benin e Niger – anch’essi minacciati dai jihadisti nigeriani, diede i suoi frutti. L’allora presidente Muhammadu Buhari dichiarò che Boko Haram era stato «tecnicamente sconfitto». Si rivelò falso, ma in effetti il raggio d’azione dei jihadisti e la frequenza degli attentati messi a segno si sono drasticamente ridotti da allora.
Nel frattempo sono invece aumentati gli attacchi ai cristiani nella fascia centrale del Paese. Gli abitanti del nord, musulmani, molti di etnia Fulani, sono tradizionalmente dediti soprattutto alla pastorizia. Al sud Igbo, Yoruba e altre etnie cristiane praticano l’agricoltura. Nelle regioni centrali vivono sia comunità di pastori che di agricoltori e sono in perenne conflitto per il controllo di terre fertili, sorgenti, pascoli. In tutta l’Africa pastori e agricoltori si scontrano duramente. I pastori transumanti fanno sconfinare le loro mandrie nelle terre degli agricoltori, ne rubano il bestiame e i raccolti.
Gli agricoltori organizzano rappresaglie e attaccano gli insediamenti dei pastori per cercare di recuperare il bestiame sottratto. Ma in Nigeria il fattore religioso li rende più ostili e aggressivi e negli ultimi anni i Fulani si organizzano in bande e, bene armati, attaccano comunità inermi. Agiscono quasi incontrastati, come peraltro le bande criminali che imperversano in tutto il Paese.
Secondo l’Ufficio Nazionale di Statistica in un anno, da maggio 2023 ad aprile 2024, sono state uccise 614.937 persone. Uno dei problemi più seri è diventato il sequestro a scopo di estorsione, con centinaia di migliaia di casi. A volte si tratta di rapimenti di massa: ad esempio, intere scolaresche, nei campus, di notte, e persino di giorno, durante le lezioni. Il caso più clamoroso risale al 2022 quando fu attaccato il treno che collega Abuja a Kaduna, la capitale dell’omonimo Stato, e decine di passeggeri furono rapiti, alcuni dei quali non sono mai stati liberati. Il giorno prima avevano provato ad attaccare addirittura l’aeroporto di Kaduna.
Anche se la situazione dei cristiani è migliorata rispetto al periodo più buio, secondo l’associazione Open Doors la Nigeria continua a detenere il primato mondiale del maggior numero di cristiani uccisi in odium fidei: 5.014 su un totale globale di 5.621 nel 2022; 4.118 su 4.998 nel 2023; e 3.100 su 4.476 nel 2024.
Questa in sintesi è la situazione senza dubbio difficile del Paese e di una parte dei 110 milioni di cristiani nigeriani, quelli residenti nel nord-est e nella fascia centrale.
Ma, da quando i cristiani perseguitati hanno incominciato a fare notizia, quello della Nigeria è diventato un caso di genocidio. In Nigeria «la fede è ormai diventata, quasi in automatico, motivo di morte», come abbiamo letto di recente su una testata cattolica. Riportando e interpretando informazioni diffuse tra gli altri dall’organizzazione non governativa nigeriana Intersociety, mass media e reti social sostengono che «ciò che sta accadendo al cristianesimo in Nigeria è incomprensibile», che 40 milioni di cristiani nigeriani «sono costretti a praticare la loro fede nel totale nascondimento, addirittura di notte, per non essere accusati di blasfemia e rischiare la condanna a morte»; e che «se non si presta attenzione, entro i prossimi 50 anni, nel 2075, non ci sarà più il cristianesimo in Nigeria».
Forse è superfluo osservare che chi prega non commette blasfemia – in alcune parti della Nigeria in effetti può essere ucciso, ma non condannato a morte – e che in un Paese dove ogni giorno nascono decine di migliaia di bambini, circa la metà dei quali da famiglie cristiane, sradicare il cristianesimo richiederebbe livelli di violenza spaventosi, finora mai visti. Ma soprattutto si fa torto ai cristiani nigeriani che rifiutano di nascondere la loro fede, sono anzi una testimonianza di fede straordinaria, disposti a gremire le chiese anche quando, come si è detto, andare a messa costituiva un rischio concreto.
Il senatore Ted Cruz lo scorso mese ha proposto di iscrivere la Nigeria, come già in passato, tra i «Paesi di particolare preoccupazione» per le violazioni della libertà religiosa che vi si compiono e perché il governo nigeriano ignora e persino favorisce l’omicidio di massa dei cristiani. Non solo il governo nigeriano ha protestato. Lo hanno fatto anche alcune associazioni cristiane e dei vescovi, uno dei quali è monsignor Matthew Hassan Kukah, vescovo di Sokoto.
Monsignor Kukah ha chiesto agli Stati Uniti e in particolare al senatore Cruz di non iscrivere la Nigeria tra i paesi di particolare preoccupazione. «Per quanto bene intenzionata – ha detto – l’iniziativa potrebbe minare gli sforzi nazionali in corso e la buona volontà attualmente dimostrata dal governo del presidente Bola Tinubu nel promuovere, inclusività, pace e riconciliazione».
Intervistato il 23 ottobre dall’agenzia di stampa Fides, ha spiegato inoltre: «dal 2023 c’è stato un sensibile cambiamento con il nuovo presidente, Bola Tinubu, un musulmano sposato a una donna pastore in una chiesa pentecostale, che appare molto più determinato nel difendere la democrazia e i diritti umani di tutti i nigeriani. Sono fiducioso che in Nigeria possiamo ritrovare la convivenza tra tutte le popolazioni del Paese».
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