Caso Rupnik, non si può chiedere ancora pazienza
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Rispondendo ai giornalisti sul caso Rupnik, papa Leone ha detto che bisogna rispettare i tempi per un processo giusto, ma tutto quanto accaduto in questi anni e i traccheggiamenti e le procedure oscure del cardinale Fernandez fanno nascere sospetti sull'obiettivo che si vuole ottenere. Che non è certo giustizia.
«Di recente è iniziato un nuovo processo, sono stati nominati i giudici. E i procedimenti giudiziari richiedono tempo. So che è molto difficile chiedere pazienza alle vittime, ma la Chiesa deve rispettare i diritti di tutte le persone». A parlare così è stato papa Leone XIV il 4 novembre rispondendo alla domanda di una giornalista di EWTN; e il riferimento è a padre Marko Rupnik, accusato di abusi spirituali, psicologici e sessuali ai danni di una ventina di suore nel corso di alcuni decenni, oltretutto abusi che sarebbero anche fonte delle sue opere artistiche.
A questo proposito il Papa aveva precedentemente detto: «Certamente, in molti luoghi, proprio per la necessità di mostrare sensibilità verso coloro che hanno denunciato di essere stati vittime, le opere d’arte sono state coperte. Alcune sono state rimosse dai siti web. È un tema che, senza dubbio, conosciamo».
E infine ha affermato un principio generale: «Il principio secondo cui una persona è innocente fino a prova contraria vale anche nella Chiesa. Auspico che questo processo, appena iniziato, possa portare chiarezza e giustizia a tutte le persone coinvolte».
Abbiamo già detto in passato che questo metodo delle interviste volanti non è il più appropriato per un Papa, non ultimo perché deve necessariamente rispondere con poche battute a domande che a volte richiederebbero ben altro tipo di approfondimento. E questo di Rupnik è certamente il caso. Il Pontefice nell’occasione probabilmente non poteva dire molto altro di diverso, però la vicenda del fantomatico processo all’ex gesuita non si può liquidare in due battute e così facendo si rischia di umiliare le presunte vittime.
Non solo, il modo in cui tutta la vicenda è stata condotta sotto il pontificato di Francesco è uno scandalo enorme per la Chiesa, che non può essere sottovalutato e che richiede una risposta adeguata, un cambiamento di passo che ridia credibilità sul tema degli abusi. Anche perché in questo caso non si tratta soltanto degli abusi commessi da un sacerdote depravato, ma di un vero e proprio “sistema Rupnik” che coinvolge superiori dei Gesuiti e diversi porporati che hanno permesso al sacerdote sloveno di agire impunemente per molti anni e che tuttora lo stanno proteggendo.
A proposito di pazienza bisogna ricordare che le prime denunce presentate dalle presunte vittime ai superiori gesuiti sul comportamento di padre Rupnik risalgono già agli anni ’90, parliamo di almeno trent’anni. Ma vengono prese sul serio soltanto nel 2021, quando su impulso della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) la stessa Compagnia di Gesù promuove un’indagine che ritiene credibili le accuse e raccomanda alla CDF un processo penale. Non se ne fa nulla perché nell’ottobre 2022 la CDF dichiara prescritte le vicende. Ma intanto emerge un altro gravissimo caso riguardante padre Rupnik che è ancora precedente, ovvero la denuncia nel 2018 di «assoluzione del complice in un peccato contro il sesto comandamento», ritenuta veritiera tanto che nel maggio 2020 padre Rupnik viene scomunicato; ma in modo mai chiarito la scomunica viene tolta dopo un paio di settimane. Da notare però che soltanto il Papa avrebbe potuto togliere la scomunica.
Soltanto sulla spinta causata dalla dimensione dello scandalo divenuto pubblico, con tanto di choccanti testimonianze delle vittime, e grazie all’intervento della Pontificia Commissione per la tutela dei minori, papa Francesco si decide nell’ottobre 2023 a derogare alla prescrizione per consentire un processo. Che però non parte mai, e alla fine – dopo altre rivelazioni sugli abusi e le pressioni dei media – l’inizio di un processo viene annunciato il mese scorso dopo la nomina di «cinque giudici indipendenti» di cui non viene dato né nome, né qualifica, né in che modo siano stati scelti. Dopo quanto avvenuto, si tratta di una procedura che fa nascere molti sospetti, anche perché nel frattempo padre Rupnik – dimesso dalla Compagnia di Gesù per disobbedienza – pur essendo incardinato da un vescovo amico nella diocesi di Capodistria, in Slovenia – continua imperterrito a operare e muoversi a Roma e dintorni malgrado le restrizioni che gli erano state comminate. Di più, è notizia dei giorni scorsi che in questi mesi abbia ancora predicato nella Casa di Santa Severa, gestita dal Centro Aletti, di cui padre Rupnik è stato a lungo direttore.
Ecco, davanti a tutto questo (e ci sarebbe molto di più da raccontare, ma per questo potete rileggere il nostro dossier), chiedere pazienza alle vittime e rispetto per i diritti dell’imputato suona quanto meno ironico. Su padre Rupnik ci sono già state approfondite indagini, le accuse sono state ritenute tutte credibili, l’ex gesuita era già stato scomunicato, non ci dovrebbe volere molto ad appurare la verità e arrivare a sentenza. Senonché la rete di protezione e complicità è più che mai al lavoro. Tanto per rinfrescare la memoria, va ricordato che il grande protettore di padre Rupnik è stato ed è l’ex vicario della diocesi di Roma, il cardinale Angelo De Donatis , e se l’ex gesuita oggi continua a operare nella diocesi di Roma vuol dire che anche l’attuale vicario cardinale Baldassarre Reina è curiosamente distratto. E aggiungiamo l’attuale prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, il cardinale Victor Manuel Fernandez, che ci ha messo ben due anni prima di annunciare l’inizio del processo, giustificandosi con il fatto che ci sono casi «forse più gravi ma meno mediatici».
Casi più gravi? Più gravi di un prete che per decenni abusa di suore, compone opere artistiche durante gli abusi, assolve una complice nel peccato, commette continui sacrilegi, viene protetto da una rete di superiori e prelati che arriva fino al Papa? Sarebbe ben curioso che casi più gravi di questo non siano mai apparsi sulla stampa.
Ecco, forse papa Leone dovrebbe pensare a tutto questo e decidere che la pazienza è finita. In altra occasione papa Prevost ebbe a dire giustamente che la missione della Chiesa è più grande, non bisogna focalizzarsi solo sul problema degli abusi. Ma proprio per questo è bene risolvere rapidamente e con chiarezza gli scandali ricevuti in eredità dal suo predecessore, per poter archiviare certe vicende recuperando credibilità, e così pensare ad altro.

