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a cura di Stefano Fontana

L'ANNIVERSARIO

BXVI: otto anni fondamentali per la DSC

A 15 anni dall’elezione a Sommo Pontefice di Benedetto XVI (19 aprile 2005). Un pontificato enormemente ricco il suo, anche per la Dottrina sociale della Chiesa, con una caratteristica speciale: l’importanza del suo apporto alla Dottrina sociale è dovuto non tanto agli insegnamenti direttamente indirizzati a questo campo, ma più in generale alla precisazione circa i fondamenti stessi dell’insegnamento sociale della Chiesa.

Dottrina sociale 22_04_2020

Tre giorni fa, il 19 aprile, ricorreva l’anniversario dell’elezione a Sommo Pontefice di Benedetto XVI (19 aprile 2005). Un pontificato enormemente ricco il suo, anche per la Dottrina sociale della Chiesa, con una caratteristica speciale: l’importanza del suo apporto alla Dottrina sociale è dovuto non tanto agli insegnamenti direttamente indirizzati a questo campo, ma più in generale alla precisazione circa i fondamenti stessi dell’insegnamento sociale della Chiesa. Vorrei precisare questo punto che solitamente viene scarsamente messo in evidenza.

L’enciclica Deus Caritas est (2005) contiene un lungo paragrafo – il n. 48 – che può essere considerato una piccola enciclica sociale. La Caritas in veritate (2009) è una enciclica sociale a pieno titolo con la quale venne commemorata la Populorum progressio di Paolo VI. I Messaggi per la Giornata mondiale della Pace degli otto anni di pontificato contengono importanti insegnamenti sociali. Poi ci sono alcuni memorabili discorsi, come per esempio quello al Parlamento tedesco del 2011 incentrato sul potere e il diritto naturale. Tuttavia, e senza nulla togliere all’importanza di questi interventi, il merito maggiore di papa Benedetto è stato di aver approfondito come forse nessun altro tra i suoi immediati predecessori, i fondamenti stessi che rendono non solo possibile ma anche doverosa la Dottrina sociale della Chiesa. Vorrei tentare di illustrare qui brevemente almeno tre di questi fondamenti, che ritengo molto importanti.

Un primo di essi consiste nell’aver ribadito con notevole profondità filosofica e teologica il rapporto tra la natura e la sopra-natura, nel solco della più perfetta tradizione cristiana. Pensiamo per esempio al discorso al Collége de Bernardins a Parigi (2008). Lì si spiega che cercare Dio (Quaerere Deum) deve essere il primo impegno della Chiesa, come lo era dei monaci medievali, e da ciò deriva poi anche la giusta organizzazione del mondo: curare le anime inselvatichite permette poi di bonificare anche le paludi e coltivare la terra. Insegnamenti di questo tipo – e il magistero di Benedetto XVI ne è ricchissimo – sono di grande importanza per la Dottrina sociale della Chiesa. Nel discorso ai Bernardins veniva ribadito, con il tipico tratto di leggerezza e buon gusto intellettuale che caratterizzava papa Benedetto, che senza le cose ultime non ci sono nemmeno le penultime, senza Dio non c’è nemmeno l’uomo e che se la Dottrina sociale cessa di essere evangelizzazione non sarà nemmeno promozione umana. Il primato di Dio che qui veniva confermato comportava anche un posto per Dio nel mondo, anche nella pubblica piazza, perché se l’intera città non cerca Dio anche la politica non raggiunge i propri fini. Era il grande tema del primato della grazia sulla natura, per evitare ogni forma di pelagianesimo e di naturalismo politico.

Un secondo punto di grande importanza architettonica è il tema della verità, che permette di collegare tra loro la ragione e la fede. Il cattolicesimo è la religio vera che entra in rapporto con la ragione in forza di questa sua verità e rende la ragione stessa vera, mentre le altre religioni non sono in grado di porre alla ragione il problema della sua verità e di richiederla, dato che non hanno piena esigenza di verità, come invece ha la religione “dal volto umano”, vale a dire il cattolicesimo. Questa è la religione del Logos e non del mito, quindi è la religione che rende liberi. Siccome il più non viene dal meno, non è possibile che l’ordine e l’intelligenza umana siano nati dal caso o dal determinismo, ma devono derivare dalla Sapienza ordinatrice di Dio. Benedetto XVI ribadiva così l’importanza della legge morale naturale e del diritto naturale, temi ai quali ha dedicato moltissimi insegnamenti, autonomi nel loro ambito e nello stesso tempo bisognosi della religio vera, senza la quale l’intelligenza umana perde fiducia in se stessa.

Un terzo ambito di grande importanza è l’insegnamento circa il corretto concetto di laicità, anche questo un tema fondamentale per la Dottrina sociale della Chiesa perché definisce i rapporti tra la politica e la religione. Benedetto XVI in molte occasioni ha chiarito che in Occidente è nata per la prima volta nella storia una cultura non solo indipendente ma anche contraria alla religione. Ciò è avvenuto soprattutto con l’illuminismo. Sicché diventa impossibile pensare ad una laicità come zona neutra dalle religioni: questa laicità si trasformerebbe preso in antireligiosa. È come dire che è impossibile una laicità moderata o aperta, ma che la laicità moderna è sempre anche laicismo. Da qui la conclusione più importante di questo discorso: un mondo senza Dio è un mondo contro Dio.  Da qui anche la famosa provocazione ai laici di vivere come se Dio fosse. Infine da qui anche l’idea che quando la ragione politica caccia Dio dalla pubblica piazza trasforma se stessa in una nuova religione, fa di se stessa Dio.  

I tre punti che ho evidenziato qui sinteticamente sono base più che sufficiente per rileggere e correggere molti percorsi della teologia cattolica andati fuoripista, molte teorie cattoliche della politica e molti comportamenti pratici dei cattolici nella pubblica piazza. Per questo il magistero di Benedetto XVI è e rimane di fondamentale importanza per la Dottrina sociale e non deve assolutamente essere dimenticato, anche se ci venisse impedito in molti modi di ricordarlo.