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CORRUZIONE E MEDICINA

Altro che aiuti. Il governo kenyano specula sui farmaci

In Kenya è partita una protesta contro un prestito dell'Fmi che dovrebbe servire alla ricostruzione post-Covid. Come è possibile? Perché il governo kenyano è talmente corrotto da fare la cresta anche sui farmaci anti-retrovirali, indispensabili per la lotta all'Aids. Farmaci bloccati in dogana se non pagano il "pizzo" e farmaci scaduti distribuiti

Creato 26_05_2021
Kenya, la protesta per i farmaci anti-retrovirali

#StopLoaningKenya. Con questo hashtag il 6 aprile scorso in Kenya è stata lanciata una raccolta di firme per chiedere al Fondo monetario internazionale (Fmi) di non concedere più prestiti al governo e di ritenere d’ora in poi responsabile solo la classe politica – ministri e parlamentari – dei prestiti già contratti. Il motivo all’origine della petizione è la corruzione, i continui scandali che coinvolgono istituzioni ed esponenti politici: siccome sprecano i fondi ricevuti in prestito, se ne appropriano e ne fanno quel che vogliono, che siano loro, i politici, a restituire quel denaro.

L’iniziativa è nata in seguito alla decisione dell’Fmi di approvare un nuovo prestito di 2,4 miliardi di dollari al Kenya, da destinare alla ripresa dalla crisi causata dal Covid-19: un finanziamento indispensabile, secondo il ministro del tesoro Ukur Yattani. Il Kenya è pesantemente indebitato e non soltanto con l’Fmi. Il debito con la Cina, ad esempio, ha raggiunto cifre astronomiche. A marzo era corsa voce che per ricuperare una parte dei crediti, i 3,2 miliardi serviti a costruire la linea ferroviaria ad alta velocità che collega Mombasa alla capitale Nairobi, Pechino avrebbe addirittura acquisito il porto di Mombasa. Il Ministero delle finanze ha escluso che possa succedere, ma la preoccupazione rimane, insieme alla rabbia per il modo disinvolto con cui i fondi prestati (e anche quelli ricevuti a titolo di dono) vengono spesi.  

I mass media locali hanno da poco pubblicato la notizia che il debito estero nazionale è cresciuto di quasi un miliardo di dollari nel 2020. Ad aprile il presidente della repubblica, Uhuru Kenyatta, ha ammesso che il paese perde poco meno di 20 milioni di dollari al giorno a causa della corruzione. Tra gli scandali legati alla corruzione e al malgoverno che hanno esasperato l’opinione pubblica negli ultimi mesi c’è quello, duplice, delle terapie antiretrovirali per gli ammalati di Hiv.

I farmaci scarseggiano da quando l’Usaid, l’agenzia Usa per lo sviluppo internazionale, all’inizio del 2021 ha deciso di sospenderne la fornitura alla Kenya Medical Supplies Authority (Kemsa), un ente governativo, accusandolo di corruzione e di cattiva gestione, e ha quindi affidato a una ditta privata l’incarico di importare i farmaci e provvedere alla loro distribuzione. La Kemsa ha negato ogni addebito, ma gli Usa non sono ritornati sulla loro decisione. A quel punto è intervenuto il governo kenyano dicendo che le medicine donate dagli Stati Uniti fino a quel momento non avevano pagato tasse di importazione perché erano destinate a un ente statale. Trattandosi invece di una ditta privata, le tasse andavano pagate. Per sdoganare il cargo fermo al porto di Mombasa ha preteso 45,8 milioni di scellini kenyani (424mila dollari). L’Usaid ha rifiutato di pagare e così dal 18 gennaio un miliardo di dosi di farmaci contro l’Aids e la tubercolosi, per un valore di 900mila dollari, sono state bloccate a Mombasa, mentre negli ospedali si esaurivano le scorte. A fine marzo due medicine importanti per curare l’Aids risultavano introvabili: la nevirapina e lo sciroppo di zidovudina. La prima, associata ad altri farmaci, serve a ridurre la carica virale e a rafforzare il sistema immunitario. La seconda viene usata per impedire la trasmissione del virus da madre a figlio durante la gravidanza, il parto e l’allattamento. Il ministero della sanità ha diramato un comunicato per raccomandare alle madri affette da Aids di non allattare al seno i figli. Tuttavia il numero dei bambini contagiati inevitabilmente è aumentato.

La prova di forza è continuata per settimane. All’inizio di aprile è intervenuto il ministro della sanità, Mutahi Kagew, dicendo che il suo ministero si impegnava a pagare l’importo pur di mettere fine alla situazione di stallo. Poi, finalmente, il governo kenyano ha ceduto e ha revocato il pagamento delle tasse doganali. Ma un mese dopo alcuni container di medicinali erano ancora in attesa del permesso di ingresso. A quel punto il 6 maggio l’ambasciata Usa a Nairobi ha annunciato che il governo degli Stati Uniti stava prendendo in considerazione di consegnare i medicinali ad altri Paesi che ne hanno bisogno affinché fossero usati prima della scadenza.

Il secondo scandalo che nel frattempo ha colpito il governo è stata la scoperta che la Kemsa ha distribuito in 31 contee una partita di 24mila confezioni di farmaci antiretrovirali tossiche, vecchie di due anni. La somministrazione di quel tipo di terapia era stata sospesa nel 2019 per i suoi effetti collaterali e poi di nuovo autorizzata. Il ministero della sanità si è trincerato dietro l’assicurazione di indagini in corso. Ma il presidente Kenyatta ha deciso di destituire tutta la direzione dell’ente, anche in considerazione del fatto che la Kemsa è stata coinvolta in altri scandali tra cui, nel 2020, quello relativo al cattivo utilizzo di milioni di dollari che avrebbero dovuto essere usati per acquistare medicinali e presidi anti Covid-19. 

Quasi il 5% dei kenyani sono affetti da Hiv. Più di 1,5 milioni di persone hanno bisogno di terapie antiretrovirali. Da anni le organizzazioni impegnate nella lotta all’Aids chiedono al governo di stanziare fondi per l’acquisto dei farmaci antiretrovirali, senza che il paese debba dipendere da donazioni, e di avviarne la produzione.