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IMMIGRAZIONE

Accordo con l'Albania sugli emigranti, futili accuse da sinistra

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Entro la primavera del 2024, gli emigranti intercettati nel Mediterraneo dalle nostre navi saranno sbarcati in Albania, dove verranno esaminati i loro casi di richiesta asilo. Un grande aiuto per gli hotspot di Lampedusa. La sinistra parla di "respingimenti" e di "Guantanamo", ma non sa che dice.

- In Europa non siamo i soli, di Luca Volontè

Politica 08_11_2023
Edi Rama e Giorgia Meloni

L’Italia entro la primavera del 2024 creerà in Albania due centri destinati agli emigranti illegali: non tutti, solo quelli intercettati dalle navi italiane nel Mediterraneo, a esclusione anche in quel caso dei minori, delle donne in gravidanza e di altri soggetti vulnerabili. Una struttura, nel porto di Shengjin, effettuerà le procedure di sbarco e di identificazione e servirà ad alleggerire gli hotspot esistenti sul territorio italiano, in particolare quello di Lampedusa. L’altra struttura, situata nell’entroterra, nell’area di Gjader, ospiterà gli emigranti per il tempo necessario a effettuare le procedure relative alle richieste di asilo. Saranno entrambe sotto giurisdizione italiana mentre le forze di polizia albanesi provvederanno alla sicurezza e alla sorveglianza. Sono questi i termini del protocollo d’intesa firmato a Palazzo Chigi, il 6 novembre, dal primo ministro italiano Giorgia Meloni e dal primo ministro albanese Edi Rama. I due centri avranno una capienza di circa 3mila persone e saranno in grado di gestire un flusso annuale di 36-39mila emigranti.

Durante la conferenza stampa tenuta insieme al premier albanese, Giorgia Meloni ha ribadito che l’immigrazione illegale di massa è un fenomeno che nessuno Stato Ue può affrontare da solo e che la collaborazione tra stati Ue e con altri paesi è fondamentale. L’accordo  con l’Albania nasce sotto auspici migliori di quello con la Tunisia. «L’Italia – ha sottolineato il presidente del Consiglio – è il primo partner commerciale dell’Albania. C’è una strettissima collaborazione che già esiste nella lotta all’illegalità». Da parte sua Edi Rama parlando in italiano ha ricordato il «debito impagabile» del suo popolo verso l’Italia: «questo accordo – ha detto – non sarebbe stato possibile con nessun altro Stato Ue. Non sta a noi giudicare il merito politico di decisioni qui e in altre istituzioni, a noi sta di rispondere ‘Presente’ quando si tratta di dare una mano».

Le reazioni dell’opposizione sono state finora negative, prevedibili e scontate nelle motivazioni di condanna che sono essenzialmente tre. La prima è che “delocalizzare” in Albania “dei naufraghi salvati” – così si è espresso il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni – va contro il diritto internazionale. «Sembra una aperta violazione delle norme di diritto internazionale e di diritto europeo» ha commentato il segretario del Pd Elly Schlein. «Si rischia di configurare un reato di respingimento – conferma Graziano Del Rio, Pd – il confine giuridico della praticabilità pare molto sottile».

«Si crea una sorta di Guantanamo italiana». Così Riccardo Magi, di +Europa, sintetizza l’altro argomento di condanna: in altre parole, è inaccettabile concentrare gli emigranti in strutture sorvegliate che in sostanza sono dei campi di detenzione.

La terza critica, sulla quale insiste il quotidiano La Repubblica con un articolo a firma di Andrea Bonanni, è che il trasferimento in Albania di una parte degli emigranti illegali «è solo un furbo gioco delle tre carte… i flussi migratori non saranno fermati né ridotti». Insomma, non servirà a niente. Se servirà a qualcosa si vedrà. Come il trasferimento in Rwanda degli emigranti illegali che sbarcano in Gran Bretagna e come la relegazione dei richiedenti asilo sulle isole, decisa dal governo greco, dovrebbe scoraggiare gli emigranti, la grande maggioranza, il cui obiettivo è arrivare in Unione Europea e restarci e non di trovare un posto sicuro in cui vivere, lontano da guerre, violenza o persecuzione.

Invece si può già escludere che l’Italia incorra nel reato di respingimento e nella violazione delle norme del diritto internazionale ipotizzati, a meno di considerare l’Albania un paese che minaccerebbe libertà e vita degli emigranti ospitati. Su questo punto infatti la Convezione di Ginevra sui rifugiati è molto chiara. All’articolo 33 afferma: «Nessuno stato contraente (cioè che abbia ratificato la Convenzione) espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche». Peraltro, se invece sono “naufraghi salvati”, quello albanese è sicuramente un porto sicuro quanto Lampedusa.

Quanto a definire campo di detenzione, e condizione inaccettabile, un centro destinato a ospitare alcune migliaia di richiedenti asilo per brevi periodi, si tratta di una affermazione grave, che offende profondamente sia l’Italia che l’Albania. Non considera, o forse chi la formula lo ignora, che quasi sette milioni di richiedenti asilo e di rifugiati, circa un quinto del totale, vivono in campi come quello che verrà realizzato dall’Italia in Albania. Si stima che siano almeno 500 in tutto il mondo. Alcuni ospitano centinaia di migliaia di persone e ce ne sono che, da strutture temporanee, sono diventati insediamenti permanenti dove i rifugiati vivono per anni e persino per decenni, come nel caso dei somali vittime di una guerra iniziata nel 1987 e non ancora finita. Non sono confortevoli, ben attrezzati e dotati di ottimi servizi e personale qualificato come senza dubbio sarà quello italiano. Ma è in quei campi che milioni di persone si sentono al sicuro, grati di esservi stati accolti perché loro sono scampati a distruzione, sofferenza, disperazione e morte.