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IL SUCCESSO

106 mila firme per “Un cuore che batte”. Ora tocca al Parlamento

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La proposta di legge di iniziativa popolare “Un cuore che batte” ha raccolto più del doppio delle firme necessarie, nonostante il fuoco nemico e amico. Perciò è il maggiore risultato pro vita dal ‘78 a oggi. La politica coglierà la sfida?

Editoriali 07_12_2023

106.000 cuori che battono. La proposta di legge di iniziativa popolare Un cuore che batte (ne abbiamo parlato qui, qui e qui) ha raccolto 106.000 firme, più del doppio di quelle necessarie per portare la proposta in Parlamento (senza tenere conto che molte altre firme raccolte non sono state ritenute valide perché depositate dopo la scadenza prevista).

Un risultato molto rilevante e ugualmente inaspettato, soprattutto tenuto conto che sulla proposta si è scatenato il fuoco nemico e amico. Prevedibile il bombardamento da parte dei Radicali e della sinistra. Abbastanza prevedibili i colpi di mortaio di alcune amministrazioni comunali che hanno ostacolato la raccolta firme in più modi. Anche in casa cattolica, però, la proposta è stata osteggiata sia dai principali movimenti pro life, escluso Pro Vita & Famiglia, sia soprattutto dalla chiesa in talare (posto che si usi ancora la talare). La Conferenza episcopale italiana (Cei), tramite Avvenire, ha cercato di boicottarla (qui la nostra replica) e non sono mancati vescovi che hanno vietato ai loro parroci di parlarne dal pulpito.

Nonostante questo, 106.000 persone sono andate a firmare nel loro Comune o presso i banchetti. Come spiegare questo risultato? Perché esistono ancora persone di buonsenso. Hanno firmato coloro che ci credono, coloro che hanno ancora un cuore puro, ossia non contaminato da sofismi o da strampalate strategie pro life, coloro che sono per il Sì e per il No quando si tratta di principi non negoziabili come la vita, coloro che vedono la realtà per quella che è e che hanno capito che l’unica voce di un bambino non ancora nato è quella del battito del suo cuore che deve essere ascoltato dalla sua mamma perché dia voce a chi non ha voce.

È stata una vittoria dei semplici, così prediletti da Dio, rispetto a molti leader pro vita, professoroni, editorialisti, vescovi e cardinali che non appartengono alla Chiesa di Cristo, ma alla chiesa di Giuda. E non ci riferiamo a coloro che hanno appuntato ragionevoli critiche alla proposta, ma a coloro che fanno il tifo per la Legge 194. Sì, una vittoria del piccolo gregge: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11, 25). È una vittoria della base contro il volere dei vertici, una vittoria non di chi fa sottili distinguo tra le sfumature del male e tra parti accettabili, meno accettabili e non accettabili della 194, bensì di chi rifiuta in radice una legge omicida, di chi la combatte senza se e senza ma. Perché con il male non si scende a patti. Mai. E dunque questi semplici hanno dimostrato più saggezza, sapienza e coraggio di tanti che sono intimi del compromesso realizzato sulla pelle di milioni di bambini. Gente così non la inganni e non la compri.

Questa è stata un’iniziativa che è partita dalla determinazione di un infermiere, Giorgio Celsi, fondatore e presidente dell’associazione Ora et labora in difesa della vita e che è stata accolta da uomini e donne che come lui sono guidati da una constatazione semplice: l’aborto è un assassinio e deve essere sempre vietato. La forza di questa evidenza ha scavalcato almeno tre grossi ostacoli: il già citato fuoco amico, l’assenza di grandi media che potevano supportare la proposta come fanno invece ordinariamente con le iniziative dei Radicali e la mancanza di una rete di coordinamento per la raccolta firme che ad esempio poteva essere fornita dalle diocesi o dalle principali realtà pro life. Hanno sopperito a queste volute deficienze 106.000 cuori battenti e lo hanno fatto in modo semplice: tramite il passaparola, utilizzando anche i social network e le chat. Strumenti poveri ma che hanno portato a tagliare ampiamente il traguardo delle 50.000 firme necessarie per presentare la proposta in Parlamento, proposta che ora passerà al vaglio della Camera.

Si può affermare che questo risultato è il più considerevole sul fronte pro vita dal 1978 – anno di approvazione della 194 – ad oggi? Probabilmente sì. Qualcuno potrebbe obiettare che questo risultato non significa che avremo una legge che limiti l’accesso all’aborto perché quasi certamente la legge verrà affossata nella prima commissione che andrà a giudicarla, soprattutto perché il governo in carica ha giurato nel gennaio scorso di non toccare la 194. Dunque sarebbe una vittoria di Pirro la presente, 100.000 e più firme insignificanti all’atto pratico. Ma il risultato, al di là degli esiti politici, è già straordinario perché dà prova che esiste un popolo della vita che è molto più numeroso di quanto si pensi. Infatti per una persona che ha trovato il tempo e il modo per andare a firmare in comune, 100 non hanno firmato, ma hanno sicuramente approvato la proposta. Questo è un segnale evidente che il vento può cambiare a favore della vita e contro la cultura di morte. Un sintomo che la pianta non è morta, ma che può riprendersi e dare in futuro ancora frutti abbondanti. Un potenziale promettente che attende leader, anche politici, che con coraggio sappiano raccogliere questo testimone per moltiplicarne i risultati in parlamento, nei media, nelle scuole.

Altra obiezione potrebbe essere la seguente: questo non è il risultato più significativo dal 1978 sul fronte della difesa della vita nascente. Infatti nel 1981, in occasione del referendum sull’aborto, ben 10 milioni di persone votarono contro la 194 (sebbene 21 milioni votarono per conservare la 194 nel suo assetto originario). Persero, ma 10 milioni è cifra 100 volte superiore a 100 mila. Risposta: allora la mentalità pro life era più diffusa, l’aborto come possibilità non era entrato ancora nel panorama usuale della coscienza collettiva, il referendum aveva ricevuto l’appoggio della Cei, le parrocchie e tutte le realtà cattoliche si erano mobilitate, il promotore, il Movimento per la Vita, era la realtà associativa più importante in Italia. Infatti, non pochi si stupirono della débâcle. Oggi, invece, ci si stupisce dell’opposto, ossia del successo di questa iniziativa. Dunque il peso specifico di queste 106 mila firme supera quello dei 10 milioni di Sì raccolti nel 1981, perché allora le condizioni erano favorevoli al successo, oggi sfavorevoli. Il voto fallimentare del 1981 segnava l’inizio di un tracollo, le firme di oggi segnano la possibile rinascita.

Un miracolo è dunque accaduto: possibile sperare ora in un secondo in Parlamento?



PROPOSTA DI LEGGE

«Chi vuole l'aborto ascolti prima il battito del cuore»

Depositata in Cassazione una proposta di legge di iniziativa popolare per emendare la legge 194, introducendo l'obbligo del medico di far vedere il nascituro e fare sentire il battito alla donna intenzionata ad abortire. La legge è firmata da molte associazioni pro-life ma non dalle due più legate alla Cei: Movimento per la Vita e Difendiamo i nostri figli. Un'iniziativa importante, anche se non sfonderà in Parlamento, perché segna un nuovo approccio non più solo difensivo.
- VIDEO: L'Espresso, diritto all'aborto a suon di blasfemie, di Riccardo Cascioli

LA PROPOSTA DI LEGGE

Un cuore che batte, la raccolta firme può fare la differenza

In corso la raccolta firme, ne servono 50.000 entro il 7 novembre, per la proposta di legge di iniziativa popolare che mira a ridurre gli aborti. Si firma nel proprio comune di residenza. Un’iniziativa per una svolta pro vita.

ABORTO

Il "Cuore che batte"? No, Avvenire preferisce la 194

Con un autorevole editoriale, il quotidiano dei vescovi italiani boccia la proposta di legge popolare che vuole limitare la portata letale della Legge 194. E ripropone la vecchia strategia rivelatasi fallimentare.
- Ancora più convinto di firmare per la legge, di Benedetto Rocchi

LA PROPOSTA PRO VITA

Un cuore che batte, ultimi giorni per una firma che vale

Il prossimo 7 novembre è l’ultimo giorno utile per firmare “Un cuore che batte”, la proposta di legge di iniziativa popolare che mira a limitare l’aborto. Una proposta che ha incontrato tanto fuoco amico. Ma che è giusto firmare e spieghiamo perché.

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Squadristi democratici: ferito al banchetto "Un Cuore che batte"

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Trieste. La raccolta firme di "Un Cuore che batte" finisce con un'aggressione squadrista di un collettivo di Sinistra. Urla, calci e accuse di fascismo: un consigliere comunale ferito con due giorni di prognosi. Qual è il fascismo?